La notizia della convalida dell’arresto eseguito mercoledì scorso dagli agenti della Polizia di Campobasso è stata accolta con molta soddisfazione dal questore Raffaele Pagano, dal suo vicario Alessandra Faranda Cordella, dal dirigente della sezione Anticrimine Domenico Farinacci e dal dirigente della Digos Giuseppe De Paola. Un’operazione importante quella coordinata dal procuratore della Direzione distrettuale antimafia Armando D’Alterio, che nei giorni scorsi, valutati gli elementi raccolti dalla Polizia, aveva emesso un provvedimento di fermo nei confronti di un 22enne ospite del centro di accoglienza di Campomarino. Fermo convalidato dal gip Colucci del tribunale di Larino, che ha confermato pure la custodia cautelare in carcere.
Faranda Cordella, Farinacci e De Paola sono seduti di fronte al questore. Quando entra il cronista chiudono le cartelline che hanno davanti. Bocche cucite sull’argomento del vertice in corso al secondo piano della Questura, ma non è difficile intuire che probabilmente si parlava proprio di terrorismo, dell’arresto e dei successivi passi da muovere. Soddisfatti tutti per l’esito dell’udienza di convalida, ma l’unico che si sottopone al fuoco di fila di chi scrive è Pagano che dopo aver elegantemente dribblato le prime due domande, alla terza, tradendo un leggero accento campano, è categorico: “Ci chieda tutto, ma i fatti argomento di indagine sono coperti dal riserbo e sono di esclusiva competenza del procuratore D’Alterio. Lui è l’unico che può rilasciare dichiarazioni sul caso. Noi possiamo limitarci ad esprimere soddisfazione per la convalida dell’arresto, segno evidente che le indagini sono state condotte con scrupolo e professionalità”.
Con la promessa di non entrare nel merito dell’inchiesta, la chiacchierata può continuare, “ma solo per pochi minuti – avverte il questore – perché siamo molto impegnati”.
Sul terrorismo Pagano, nel corso di altre interviste realizzate da Primo Piano Molise, ha sempre tenuto un profilo basso, fornendo tuttavia le informazioni necessarie per rassicurare i cittadini. Era il ‘lontano’ 17 gennaio 2015 quando su queste colonne il questore affermava di aver intensificato i servizi così come richiesto dal prefetto Pansa, capo della Polizia. “Avere a che fare con le intenzioni dei terroristi – spiegava più di un anno fa – non è semplicissimo, ma con le misure di prevenzione adeguate e sfruttando l’esperienza propria della Polizia di Stato sono certo che riusciremo a superare indenni anche questo particolare momento che il Paese, e quindi il Molise, l’Europa e il mondo stanno vivendo”. Qualche giorno dopo, era il 25 gennaio 2015, lo stesso Pagano decise di mettere su una squadra speciale da destinare proprio allo studio dei fenomeni terroristici nella provincia di Campobasso. A capo della stessa il dirigente della Digos De Paola. E poi agenti della Squadra Mobile e dell’ufficio Immigrazione. Più competenze e specialità insieme per fare fronte a un fenomeno, quello del terrorismo islamico, da cui il Molise sembrava lontano anni luce. Oggi, a distanza di 14 mesi, è evidente che Pagano aveva visto giusto. L’operazione di Campomarino è frutto di una lunga attività che ha mosso i primi passi nei mesi scorsi. Ore e ore di osservazione, pedinamenti, chiacchierate informali, monitoraggio. Osservare e capire senza essere notati non è semplice. Richiede discrezione, arguzia, sacrificio. Prima che il procuratore D’Alterio aprisse il fascicolo (le indagini sono partite a dicembre scorso), gli uomini della squadra speciale messa su da Pagano hanno lavorato sodo, hanno parlato con coloro che vivono nelle vicinanze dei centri di preghiera, hanno conquistato la fiducia dei responsabili dei centri di accoglienza, dei mediatori culturali, degli stessi ospiti. Li hanno stimolati a collaborare. Hanno ascoltato, cercato di capire in quale direzione muoversi, hanno raccolto elementi, indizi. Hanno valutato fatti e circostanze, presenze ricorrenti in particolari luoghi, persone sospette. Un lavoro di intelligence impressionante eseguito nell’unico e solo interesse della pubblica sicurezza. Un lavoro che evidentemente ha convinto il capo della Dda di Campobasso ad aprire l’inchiesta che ha portato all’arresto del 22enne presunto jihadista.
“Tutto è stato possibile – conferma il questore – grazie al grande sacrificio delle donne e degli uomini della Polizia che hanno lavorato e che stanno continuando a lavorare per garantire la sicurezza dei cittadini della provincia di Campobasso e degli stessi immigrati, quelli che sono arrivati qui perché fuggiti da territori dove morire è più facile di vivere”.
L’inchiesta è tutt’altro che conclusa. Gli agenti di Farinacci e De Paola stanno scavando nel passato del 22enne recluso a Larino. Stanno valutando gli spostamenti, la permanenza negli altri Paesi – non solo europei – prima dell’arrivo in Italia. Il giovane, che quando ha chiesto asilo politico ha dichiarato di essere somalo (ma anche questa è una circostanza che va verificata), pare sia transitato per diversi Stati. In Molise sarebbe arrivato dall’Austria. Ma nel suo recente passato ci sarebbero tappe in Svezia, Ucraina, Bulgaria, Germania. E chissà dove altro ancora. Tanti i tasselli del complesso puzzle che il procuratore D’Alterio e la Polizia stanno ricostruendo. La rete dei rapporti, le telefonate, le intercettazioni ambientali.
“Quando si lavora bene – ancora il questore – i risultati arrivano. Nel caso del terrorismo, ma cerco di farlo in ogni circostanza, ho fatto mie le raccomandazioni del prefetto Pansa e le ho trasmesse al personale. I complimenti del capo della Polizia, le congratulazioni del ministro Alfano, rappresentano sì una soddisfazione ma ci caricano anche di responsabilità. Perché se finora abbiamo fatto bene, adesso dobbiamo fare meglio. In alcuni ambiti, come quello del terrorismo, non esistono a mio giudizio posti più o meno tranquilli. Esiste però l’opera di prevenzione assegnata ad agenti altamente qualificati, ragazzi davvero in gamba che riescono a vedere dove altri non vedono. Facciamo i conti ogni giorno con la carenza di personale, ma non può essere un’esimente. È inutile continuare a dire che siamo pochi, non ci aiuta. È deprimente. Ai cittadini abbiamo il dovere di rispondere con i fatti”. E i fatti sembrano dare ragione a Pagano.


























