È naufragata tra le polemiche, gli scontri in aula e le sospensioni, la proposta di legge per l’istituzione di una Commissione speciale Antimafia, anticorruzione, trasparenza e educazione alla legalità presentata dai consiglieri regionali Andrea Greco, Angelo Primiani, Roberto Gravina e Massimo Romano. Il testo – formalmente la proposta di legge regionale n. 7 – era sostenuto anche dal gruppo del Partito Democratico, con le firme dei consiglieri Micaela Fanelli, Alessandra Salvatore e Vittorino Facciolla.
Ma il muro della maggioranza di centrodestra è stato compatto. Dopo un lungo dibattito, spesso acceso e interrotto da pause, la proposta è stata bocciata in aula, tra le proteste dell’opposizione. A difendere le ragioni del no, il sottosegretario Vincenzo Niro e il consigliere Roberto Di Pardo, che hanno elencato diverse presunte criticità: profili di incostituzionalità, sovrapposizione con le funzioni già svolte da magistratura, forze dell’ordine e Anac, assenza di strumenti operativi concreti e – non da ultimo – costi non coperti a bilancio, nonostante la proposta indicasse esplicitamente l’assenza di oneri per la Regione.
Non si è fatta attendere la replica durissima del gruppo consiliare del Movimento 5 stelle, che ha definito la scelta della maggioranza «vergognosa» e «fuori da ogni logica». In un comunicato stampa diffuso subito dopo il voto, i 5 stelle hanno espresso «sdegno profondo per la bocciatura di una proposta di buonsenso, urgente e necessaria», sottolineando come l’iniziativa fosse nata per rispondere a segnali allarmanti lanciati da tempo dalla Direzione investigativa antimafia, che ha segnalato infiltrazioni criminali nel Basso Molise, provenienti dalla provincia di Foggia, e nelle aree di Campobasso e Isernia da ambienti legati alla criminalità campana.
«Non esistono scuse – si legge nella nota – tanto più in una fase storica in cui le commesse pubbliche e i fondi del PNRR rappresentano un’occasione ghiotta per le mafie. Davanti a tutto questo, il centrodestra ha scelto di nascondersi dietro questioni formali, giuridiche e contabili, paventando problemi tecnici che non stanno in piedi». Secondo i proponenti, le spese ipotizzate per il funzionamento della Commissione erano irrisorie, pari a poche decine di migliaia di euro l’anno, molto meno del costo di una singola seduta del Consiglio regionale. «E in ogni caso – precisano – la proposta prevedeva la possibilità di funzionare anche a costo zero, utilizzando le risorse interne del bilancio consiliare e avvalendosi di esperti a titolo gratuito».
Un passaggio particolarmente significativo del comunicato è dedicato al presidente del Consiglio regionale, Quintino Pallante, che avrebbe proposto ai 5 stelle di ritirare la proposta per valutarne una nuova versione. Ma il M5S ha detto no: «Un atto del genere – spiegano – andava votato, non disinnescato. Bastava approvare i nostri emendamenti, o proporne di nuovi. Invece, ancora una volta, l’obiettivo era solo evitare che l’opposizione potesse intestarsi un tema di rilievo. Hanno politicizzato un testo che di politico non aveva nulla».
Ad aumentare la frattura, secondo i pentastellati, sarebbe stato il deposito da parte della maggioranza di una proposta alternativa, giudicata però «meno efficace, costruita per mettere la classica bandierina sulla legalità, ma priva di strumenti e reale incidenza». Una mossa che i 5 stelle bollano come «operazione di facciata», utile solo a spostare l’attenzione.
Nel comunicato si sottolinea anche l’incoerenza di alcuni consiglieri della maggioranza, che nella scorsa legislatura – ricordano i pentastellati – «avevano votato e approvato una proposta analoga».
Con l’affossamento della legge, il Molise resta tra le pochissime regioni italiane prive di una Commissione consiliare antimafia, un’anomalia che, secondo Greco e colleghi, lancia un messaggio sbagliato ai cittadini e indebolisce la credibilità delle istituzioni sul fronte della legalità.
Il documento si chiude con un richiamo morale e istituzionale, ispirato alle parole di Giovanni Falcone: «Quando la politica tace, la mafia vince. Gli uomini passano, ma le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini». E un monito diretto alla classe dirigente: «I cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore. È un giuramento che abbiamo fatto. E che intendiamo rispettare. Sempre».