Consigliere Gravina, il M5S ha recentemente depositato un atto in Parlamento europeo per fare chiarezza sul futuro della Gigafactory di Termoli. Può illustrarci questa iniziativa e come si coordina con il piano regionale e nazionale?
«L’iniziativa che abbiamo depositato in Parlamento europeo mira innanzitutto a chiarire se la Commissione sia a conoscenza della scelta del Governo italiano di abbandonare di fatto il progetto della Gigafactory di Termoli e come questa decisione possa conciliarsi con l’esigenza, ribadita a livello europeo, di costruire una filiera strategica per la produzione di batterie, fondamentale per la transizione ecologica e industriale. Contestualmente chiediamo che la Commissione valuti la possibilità di destinare fondi comunitari, in particolare quelli legati alle grandi transizioni industriali e alla transizione giusta, affinché non venga disperso un investimento così importante per il futuro del Molise e del Paese.
Questa azione a Bruxelles si inserisce in un impegno unitario del Movimento 5 Stelle: sul piano regionale continuiamo a monitorare e a sollecitare risposte concrete per i lavoratori e per il territorio; sul piano nazionale i nostri parlamentari portano avanti le stesse battaglie, chiedendo al Governo chiarezza e responsabilità. È una strategia coordinata, che tiene insieme tutti i livelli istituzionali».
Lei ha proposto l’ingresso dello Stato nel capitale di Stellantis-ACC per salvare la Gigafactory. Si tratta di una strada che può essere percorsa realmente?
«La proposta è percorribile eccome e rappresenterebbe un modo concreto di indirizzare le scelte strategiche di Acc e quindi di Termoli attraverso un potere decisionale nel board ma è chiaro che bisogna lavorarci, una cosa però è certa: Acc ha recentemente confermato la necessità di essere supportata da aiuti statali importanti che non si limitino ai soliti incentivi per l’acquisto di veicoli ma aiutino la creazione e il rafforzamento di una catena di valore oggi inesistente nel comparto Bev».
Quali alternative concrete state proponendo e che tempistiche vedete per il progetto?
«Oltre quanto detto, sostegno finanziario mediante fondi di coesione nazionali e per la transizione giusta europei, capaci di sostenere gli investimenti e l’abbattimento del costo dell’energia elettrica, unitamente a un accordo quadro per gli acquisti di flotte aziendali Made in Italy e a Termoli in particolare».
Dalla presentazione della mozione di Chiara Appendino del settembre scorso, che ha chiesto il trasferimento del tavolo automotive a Palazzo Chigi, quali sviluppi ci sono stati?
«Praticamente nessuno. Siamo nelle mani di Urso, uno che dimostra con i fatti di non essere all’altezza del ruolo che ricopre, uno che non è neanche capace di leggere una risposta scritta durante un question time alla Camera confondendo il termine factory con fattoria».
I 2.000 lavoratori di Termoli e l’indotto locale vivono nell’incertezza. Che messaggio si può dare in questo momento? Esistono piani B per la riconversione del sito?
«A leggere le dichiarazioni del presidente Roberti, rese nel corso di un meeting di Forza Italia svoltosi in Calabria, la strada sarebbe tracciata e sarebbe legata alla cybersicurezza; peccato che di tutto ciò nessuno sappia nulla. Se poi ci si deve accontentare di qualche occupato magari per favorire alcuni centri di competenza legati con il ministero del Made in Italy, ce lo dicano chiaramente ma soprattutto trovino il coraggio di dirlo alla gente che hanno illuso per mesi e mesi».
Cambiamo argomento: il Molise è rimasto praticamente isolato dal resto d’Italia, via ferrovia. Lei ha definito questa situazione una «vergogna nazionale». Dopo anni di disagi, cosa non ha funzionato nella gestione regionale di questa emergenza?
«Qui nessuno vuole fare facile demagogia ma due dati su tutti ci danno il quadro della situazione: l’assessore Marone, assessore alle infrastrutture, è anche consulente del ministro Salvini ed evidentemente il suo peso è pari a zero se nonostante tutto ciò siamo trattati come cittadini di serie c; gli appalti sono evidentemente stati fatti con risorse molto limitate e quindi con tempi biblici di realizzazione; per essere più chiari, per le nostre infrastrutture si è andati al risparmio e i risultati si vedono.
E l’inconsistenza della politica regionale sta tutta in questo ovvero accettare supinamente tutto ciò, prova ne sia l’aver sbugiardato Rfi circa i lavori di ripristino della tratta ferroviaria dichiarati in prima commissione senza che nessuno abbia poi mosso un dito per ottenere un cambio di passo.
Anzi, dalle ultime dichiarazioni rese in consiglio regionale dal sottosegretario Niro e dallo stesso Marone, si comprende ancor di più che gli altri decidono e noi subiamo dicendo “sissignore”».
Lei si è espresso anche sulla qualità dei servizi sostitutivi. Mancano fermate essenziali, spesso gli orari sono incompatibili e i mezzi inadeguati. Che azioni si possono intraprendere in tal senso?
«Sospendere, se necessario, il contratto di servizio per inadempienza della controparte ma tutto ciò passa per quell’atteggiamento di cui sopra e quindi non mi aspetto nulla».
Intanto i costi dell’elettrificazione sono aumentati, la fine dei lavori è slittata al 2028. Che strada ha intrapreso l’opposizione in regione sull’argomento?
«Grazie al supporto dell’onorevole Santillo abbiamo certificato che le notizie diffuse in regione non trovavano alcuna conferma a Roma tanto da assistere ad una contraddizione palese tra quanto Rfi ha dichiarato in commissione parlamentare e quanto i rappresentanti locali hanno affermato in commissione regionale.
Abbiamo chiesto di rivedere, quindi, la dead line per la fine dei lavori ma a quanto pare, stando anche alle ultime notizie, non è cambiato nulla ma anzi è addirittura peggiorata la situazione dei ritardi».
Caso Responsible: secondo lei ci sono dei nessi comuni con i dossier noti del Molise?
«Non lo so, a me interessa che le cure garantite oggi da questa struttura non abbiano rallentamenti o peggio ancora delle sospensioni perché ciò esporrebbe i pazienti presenti e futuri ad un grave rischio di salute pubblica oltre ad un grave danno per le centinaia di lavoratori che operano in questa struttura; il resto, almeno per ora, non conta».
Lei ha chiesto un Consiglio monotematico sull’argomento: può servire davvero a fare chiarezza? Non c’è il rischio che la vicenda diventi ‘solo’ politica?
«Ricordo a me stesso che il primo ad averla buttata in politica è stato il presidente della Regione, quando si è chiesto retoricamente se Responsible sia ancora in grado di mantenere l’accreditamento.
Dichiarazione irresponsabile per tante ragioni, prima tra tutte una: qualora fosse così, tu, presidente di Regione, oltre a fare prove muscolari (peraltro molto posticce come la vicenda smentita del Durc negativo), cosa stai facendo o cosa proponi di fare? Hai un piano alternativo? Hai interessato i ministri della Salute e dell’Eeconomia? O fai chiacchiere da bar?
E comunque la richiesta non è ancora formalizzata e non so se si riuscirà a depositarla poiché qualcuno nella minoranza non intende appoggiarla ed in tal caso si procederà diversamente. E sa perché? Non per trasformare la questione in politica, come lei teme, ma per dare trasparenza alla questione e rassicurare l’opinione pubblica, fatta da pazienti, lavoratori e cittadini».
Come giudica l’operato della Giunta Roberti su questi temi?
«Credo di averle risposto, intelligenti pauca!».

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