L’obiettivo dichiarato nel Programma operativo 2025-2027 – e nei documenti tecnici di sintesi circolati in questi giorni nelle stanze della politica regionale e nelle redazioni – è costruire una sanità più efficiente e ridurre la mobilità passiva, che ogni anno costa circa 70 milioni.
Ma, contraddice l’assunto la capogruppo del Pd in Consiglio regionale Micaela Fanelli, «è in realtà, l’ennesimo piano di smantellamento programmato, un atto di resa che tradisce i cittadini e penalizza l’intera rete ospedaliera pubblica per favorire il privato».
Non un piano di rilancio, prosegue, ma una resa. «Con il pretesto di ridurre la mobilità passiva, che pure rappresenta un problema, si sta svendendo la sanità pubblica a una logica di mercato che penalizza i cittadini e il territorio. Questa non è una riorganizzazione, ma una vera e propria privatizzazione mascherata. La Regione, invece di investire sul proprio patrimonio, si affida a un “comodato trentennale” per trasferire il Cardarelli nell’ex Cattolica. Si spacciano per geniali “investimenti” da 30-35 milioni di euro, ma si evitano i necessari lavori di adeguamento da 70 milioni. È un affare solo per chi guadagna, e non certo per chi ne ha bisogno. Dobbiamo essere chiari e onesti: questa riforma non mira a curare il Molise, ma a disperdere il patrimonio sanitario».
La logica che sottende il piano, accusa Fanelli, è «perversa». Perché, spiega, «mentre il Cardarelli di Campobasso viene promosso sulla carta a Dea di II livello, il suo stesso trasferimento in comodato trentennale nell’ex Cattolica, oggi Responsible Research Hospital, è una mossa che mina alle fondamenta la nostra sanità pubblica. Stiamo cedendo il cuore pulsante del nostro sistema a un privato, con il pretesto di risparmiare sui costi di adeguamento. Si presenta come un investimento, ma è un’alienazione. Allo stesso tempo, si svuotano i nostri ospedali pubblici delle specialistiche più redditizie. La cardiochirurgia e la neurochirurgia non saranno più patrimonio del pubblico, ma saranno affidate al Responsible e al Neuromed. Le strutture di Villa Esther e Villa Maria rafforzano invece l’offerta in ortopedia, geriatria e medicina generale».
Critica, la capogruppo dem, anche sulle misure proposte per i servizi territoriali, le guardie mediche ridotte da 43 a 13, in particolare. «Questa è una misura scellerata. Non è “razionalizzazione”, è una condanna per le aree interne e le zone rurali. Si lascia la popolazione, in particolare gli anziani, senza un presidio essenziale, mettendo a rischio la vita delle persone in caso di emergenza notturna».
E, ancora, il Caracciolo non può essere declassato a ospedale di comunità con soli 20 posti letto perché non è produttivo e costa, «un ospedale non è un’azienda, ma un servizio per la comunità».
A Isernia l’Emodinamica è a rischio chiusura e questo «significa privare un’intera provincia di un servizio cardiologico fondamentale, costringendo i pazienti a spostarsi per decine di chilometri».
Una proposta inaccettabile per il Pd di Palazzo D’Aimmo che chiama alla mobilitazione partiti e associazioni al di là del colore politico. «Ci opporremo con forza, in Aula e in ogni sede istituzionale, e chiedo a tutti coloro che credono nella sanità pubblica di unirsi in una rivendicazione universale senza primogeniture politiche. Come capogruppo sentendo i colleghi, chiederemo di avviare una mobilitazione a partire dalla convocazione in audizione dei soggetti utili (non solo i commissari, ma i vertici Asrem e Regione, nonché chi è informato dei numeri del disavanzo sanitario). Lo faremo da martedì 16 settembre (domani, ndr), quando finalmente riprenderanno le sedute del Consiglio regionale con molti punti riguardanti la rete ictus che, secondo notizie stampa, avrebbe ricevuto il disco verde anche dalla direzione sanitaria dell’Asrem.
E lo faremo in ogni sede. Se serve, anche dei tribunali, così come ha fatto De Luca in Campania. E chiederemo a Roberti e alla sua maggioranza, a Della Porta e gli altri parlamentari che cosa ne pensano. Assessori e consiglieri eletti anche con i voti di Agnone, dichiarando di difendere l’ospedale Caracciolo, ora cosa faranno? Spero che si uniscano a noi, ma ne dubito visto che finora è valsa solo la regola della “filiera prona” ai voleri romani».

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