Ci vorrà ancora tempo per avere un quadro chiaro sulla morte della giudice molisana Francesca Ercolini, trovata senza vita nella sua abitazione di Pesaro il 26 dicembre 2022. I nuovi esami, tra cui una ulteriore autopsia, disposti dalla Procura dell’Aquila dopo la riapertura delle indagini, non sono stati ancora completati. Ieri mattina il professor Vittorio Fineschi, l’anatomopatologo incaricato di coordinare il pool di esperti, ha chiesto e ottenuto una proroga di 30 giorni per concludere gli accertamenti.
Il termine iniziale di 90 giorni, partito a metà giugno con la riesumazione del corpo dal cimitero di Riccia e il trasferimento al policlinico Umberto I di Roma, è infatti scaduto nelle scorse ore senza che si potessero chiudere tutte le analisi previste. «Si tratta di un caso particolarmente delicato – ha spiegato Fineschi – e serve un’ulteriore indagine per arrivare a conclusioni solide».
Oltre alla nuova autopsia, gli esperti hanno già eseguito una Tac, indagini microscopiche e di laboratorio: approfondimenti che non erano stati svolti nella prima fase dell’inchiesta, quando il decesso venne frettolosamente classificato come suicidio. Solo al termine di questo percorso la salma potrà tornare in Molise, presumibilmente alla fine di ottobre.
La svolta è arrivata lo scorso inverno, quando la Procura dell’Aquila – competente sui casi che riguardano magistrati in servizio nelle Marche – ha deciso di riaprire l’inchiesta. A insospettire gli inquirenti, diverse incongruenze nella prima ricostruzione, tanto da disporre la riesumazione del corpo. Al centro dell’attenzione c’è la necessità di verificare la presenza di eventuali lesioni: se vi siano state, di che natura fossero e, soprattutto, come siano state provocate.
Parallelamente, i carabinieri del Ris hanno ricostruito la scena del ritrovamento nella casa di Pesaro, un tassello fondamentale per comprendere dinamiche e tempi.
Nella nuova inchiesta figurano sei persone indagate, tra cui il marito della giudice e il medico legale che eseguì la prima autopsia. Le ipotesi di reato, a vario titolo, vanno dal depistaggio alla falsità ideologica, fino alla violazione del segreto istruttorio.
Francesca Ercolini, originaria di Riccia, era un volto noto della magistratura: rigorosa, stimata, sempre attenta alla tutela dei più deboli. La sua morte improvvisa aveva scosso profondamente la comunità molisana, rimasta fin dall’inizio perplessa di fronte a una versione ufficiale apparsa poco convincente. Ora la riapertura del procedimento – scaturita da una denuncia della madre della giudice – e la proroga concessa agli esperti riaccendono la speranza di arrivare finalmente alla verità.
La Procura dell’Aquila, intanto, non sembra voler lasciare nulla di intentato: entro poche settimane, i nuovi accertamenti potrebbero chiarire se la morte di Francesca Ercolini fu dovuta davvero a un gesto estremo o se, invece, dietro quella tragedia si nasconda un’altra verità.

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