CAMPOBASSO. A poche ore dalla fine del 2025, il tempo dei bilanci si intreccia inevitabilmente con quello delle prospettive. In questa intervista di fine anno, l’europarlamentare molisano Aldo Patriciello ripercorre i principali passaggi della sua attività politica, soffermandosi sulle scelte dell’Unione europea, sui temi industriali e sociali più rilevanti, ma anche sul quadro nazionale e regionale. Un confronto a tutto campo che va dalle politiche green al futuro dell’automotive, dal ruolo dell’Europa nei conflitti internazionali alle infrastrutture del Mezzogiorno, fino alle dinamiche della sanità molisana e al rapporto tra pubblico e privato convenzionato.
Un accenno – ma significativo se letto bene tra le righe – al governo Roberti e al probabile rimpasto di giunta.
Onorevole Patriciello, mancano poche ore alla fine del 2025 e, come al solito, è tempo di bilanci. Che anno è stato?
«È stato sicuramente un anno impegnativo; ricco di iniziative, di incontri importanti, di grandi sfide in ambito europeo. Si poteva fare di più? Certamente sì. Mi ritengo però soddisfatto dei traguardi raggiunti. Chi mi conosce sa che per me l’unica cosa che conta davvero è abbassare la testa e lavorare. Me lo hanno insegnato da piccolo i miei genitori e continuo a fare mia questa cultura del sacrificio anche in ambito politico».
Traguardi raggiunti? Quali?
«Penso innanzitutto al cambio di rotta della Commissione avuto in quest’ultimo periodo su temi per noi fondamentali, su cui ci siamo battuti per anni quasi in solitudine. Un esempio per tutti: lo stop motori diesel, slittato ben oltre il 2035. Sono anni che diciamo che il passaggio forzato e totale sull’elettrico avrebbe favorito la Cina e indebolito l’Europa e così è stato. Ben venga, quindi, la marcia indietro della Commissione su questo tema: un altro pezzo del green deal è caduto e mi creda, è una buona notizia per l’industria italiana. Finalmente possiamo dirlo: sull’automotive e le follie green avevamo ragione noi».
C’è qualcos’altro di cui va particolarmente orgoglioso a proposito della sua attività politica europea del 2025?
«Come le dicevo è stato un anno davvero impegnativo, sia in Commissione industria sia in quella ambiente. Senza volermi dilungare troppo mi piace citare due provvedimenti che ritengo fondamentali. Il primo è l’accordo sulla cosiddetta due diligence: in pratica abbiamo finalmente messo un freno alla follia burocratica che altro non faceva che far perdere tempo e denaro alle nostre aziende. Fino a ieri, infatti, ogni azienda aveva l’obbligo di compilare centinaia e centinaia di documenti sulla propria sostenibilità ambientale e sociale. Da oggi, invece, lo dovranno fare solo quelle con oltre 1.000 dipendenti e un fatturato annuo superiore a 450 milioni di euro. Quelle medie e piccole si possono concentrare sullo sviluppo e sulla crescita, che è poi l’obiettivo finale dell’accordo. E lo dico da imprenditore, prima ancora che da politico: non ha senso affogare nella burocrazia migliaia di piccole aziende che fanno già fatica a reggere il passo con le pratiche sleali dei cinesi. Insomma, è questa l’Europa che vogliamo: meno burocrazia e più efficienza».
L’altro provvedimento?
«Se non il più importante, sicuramente quello a cui tengo di più: la strategia europea per migliorare la condizione delle persone con disabilità. Una proposta che affronta finalmente in maniera ambiziosa le carenze esistenti in settori strategici, quali l’occupazione, l’istruzione, la non discriminazione e, appunto, l’accesso alle cure sanitarie. Io credo che un problema così delicato vada affrontato con serietà e soprattutto con senso pratico. Ecco perché ci siamo concentrati in particolare su coloro che vivono in contesti geografici più periferici e hanno grandi difficoltà nell’accesso all’assistenza sanitaria di cui hanno bisogno come, ad esempio, i tantissimi paesini del nostro Mezzogiorno. Parliamoci chiaro: le persone con disabilità hanno diritto a buone condizioni sul posto di lavoro, a una vita indipendente, a pari opportunità e a partecipare pienamente alla vita della loro comunità. Tutti hanno diritto a una vita senza barriere. Ed è nostro dovere, in quanto comunità, garantire la loro piena partecipazione alla società, su un piano di parità con gli altri».
C’è altro da migliorare o, addirittura, cancellare?
«Non sono certo tutte rose e fiori, lo so benissimo. Viviamo tempi molto complicati, purtroppo. Il conflitto tra Russia e Ucraina, la nuova guerra dei dazi avviata dall’amministrazione Trump, le tensioni del Medioriente rappresentano sfide epocali a cui c’è bisogno di far fronte in tempi rapidi e con strumenti politici adeguati. L’Europa rischia di stare a guardare e di rimanere in disparte, se non riesce a trovare una linea condivisa e unitaria. C’è bisogno di un cambio di rotta, certamente. Ma più di ogni altra cosa, c’è bisogno di lavorare per una pace stabile e duratura, in ogni parte del mondo. Ecco perché siamo contrari al riarmo».
Su quali punti, invece, vuole soffermarsi maggiormente nel corso di questa legislatura?
«Veda, nelle scorse competizioni per le europee c’era sempre un dibattito tra Europa sì ed Europa no. Oggi il dibattito è su un’Europa migliore. Noi vogliamo più italianità e meno euroburocrazia. Vogliamo un’Europa più vicina e non chiusa nei palazzi. Un’Europa che sia vicina alle microimprese, alle attività produttive con provvedimenti forti e chiari. Un’Europa che dia una mano in termini di sussidiarietà alle famiglie. Insomma un’Europa semplice ed efficace. Il resto sono chiacchiere».
Lasciamo da parte i temi europei e torniamo in Italia. Che giudizio dà del Governo Meloni e dell’apporto del suo partito, la Lega?
«È fin troppo scontato il mio giudizio positivo. Ma non lo dico solo io, la pensano così milioni di italiani che in ogni sondaggio aggiudicano a Giorgia Meloni un altissimo indice di gradimento, segno che qualcosa di buono si sta facendo in questi anni. Certo, si può e si deve fare molto di più, ma la strada è quella giusta. Per quanto riguarda la Lega credo che il grande lavoro dei ministri del Carroccio sia sotto gli occhi di tutti. E lo dico da meridionalista convinto: il Sud non ha mai avuto così tanti investimenti per le infrastrutture come quelli erogati in questi anni dal ministro Salvini».
Si riferisce al Ponte sullo stretto?
«Non solo, ci mancherebbe. Veda, lo sviluppo del Sud e il potenziamento delle sue infrastrutture sono due facce della stessa medaglia. Abbiamo accumulato un ritardo troppo grande negli anni passati. Finalmente, però, qualcosa si è mosso: basti pensare che il Pnrr ha destinato circa il 40% dei fondi al Mezzogiorno: una cifra enorme che certifica il gran lavoro svolto da Matteo Salvini. Parliamo del potenziamento della rete infrastrutturale del Mezzogiorno: penso ai lavori della Napoli-Bari, alle migliaia di cantieri della linea ferroviaria, oltre ovviamente al Ponte sullo stretto che sancirebbe la fine dell’isolamento di Sicilia e Calabria dopo secoli».
A proposito di Lega: da poco più di un anno è coordinatore regionale. Come sta andando questa nuova avventura?
«È un’esperienza che mi ha coinvolto subito in maniera importante e a cui sto dedicando tempo ed energie. È proprio vero: nella vita non si finisce mai di imparare. In quest’anno abbiamo svolto tantissime iniziative: dai gazebo informativi alla raccolta di firme; dalla creazione dei vari dipartimenti all’apertura della nuova sede a Campobasso. Ci tengo però a precisare una cosa: niente sarebbe stato possibile senza il supporto fondamentale dei tanti militanti, uomini e donne, che in maniera volontaria e con grande passione mandano avanti la macchina organizzativa e politica del partito. A loro va tutta la mia riconoscenza. E risultati non sono mancati: mai prima di quest’anno erano partite per il raduno di Pontida oltre 100 persone dal Molise, segno di un’attenzione e di una partecipazione sempre più crescente. Un radicamento che, tra l’altro, è sostenuto con convinzione da tutto il partito: non è un caso, infatti, che il prossimo gennaio, dal 23 al 25, Matteo Salvini sarà in Abruzzo, a Rivisondoli, per una tre giorni di confronto e dibattito con amministratori e dirigenti del territorio».
Onorevole, sarebbe troppo scontato chiederle un suo giudizio personale sull’amministrazione Roberti. Le chiedo però cosa pensa delle voci che danno come imminente un rimpasto di giunta.
«Guardi, le posso dire senza dubbio una cosa che può apparire scontata ma che invece non lo è: amministrare una Regione non è per nulla facile, ma il presidente Roberti sta svolgendo, a mio avviso, un buon lavoro. Ha saputo trasferire la concretezza e la determinazione dimostrata nei suoi anni da sindaco e presidente della Provincia nelle stanze della Regione. E questo non è poco, si fidi. Sul rimpasto non saprei che dirle, sono dinamiche politiche e personali difficili da valutare. Un rimpasto ha senso se c’è la possibilità di dare un nuovo impulso alle politiche regionali attraverso uno svecchiamento generale e l’inserimento di figure che abbiano una visione innovativa e moderna».
Parlando dell’attualità degli ultimi giorni: è diventata virale la protesta del sindaco di Isernia, Pietro Castrataro, da giorni in tenda davanti all’ospedale Veneziale per protestare contro i tagli alla sanità. Lei che idea si è fatto della vicenda?
«Ogni sindaco decide autonomamente se, quando e come protestare. Ci mancherebbe altro. Io dico solo che ai cittadini molisani interessano servizi sanitari di qualità, a prescindere dal fatto che siano erogati dal pubblico o dal privato convenzionato, che poi altro non è che una costola del pubblico stesso.
Resto convinto di una cosa, e cioè che bisogna uscire dalla becera e gretta contrapposizione ideologica che qualcuno ha interesse a montare ad arte non avendo altri argomenti su cui ancorare il proprio consenso politico. Non si gioca alla politica con la salute dei cittadini.
Vogliamo risolvere davvero i problemi? E allora serve uno scatto culturale basato sul buonsenso e non un’opera continua di avvelenamento dei pozzi.
Le faccio un esempio che è sotto gli occhi di tutti: regioni italiane come la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna sono riconosciute da tutti per essere un’eccellenza sanitaria assoluta. Ebbene, queste stesse regioni hanno da sempre una virtuosa integrazione tra pubblico e privato convenzionato, senza che nessuno gridi però allo scandalo, anzi! Perché qui in Molise non può essere la stessa cosa?».
Sta dicendo che pubblico e privato convenzionato non sono in contrapposizione?
«Lo dico da sempre e ne sono fermamente convinto. Ma sono i fatti a dirlo. Prendiamo ad esempio il caso dell’efferato delitto di Paupisi, in provincia di Benevento. Lo stesso ospedale pubblico ha ritenuto che la ragazza che versava in condizioni quasi irreversibili potesse essere curata solo in un centro di eccellenza quale Neuromed e a distanza di mesi grazie a questa forma di collaborazione è fuori pericolo. Io credo che nessuno voglia leggere pagine drammatiche come quelle che hanno riguardato in questi giorni la famiglia di Pietracatella a cui va tutta la mia solidarietà. Allora smettiamola di alimentare forme di demagogico qualunquismo creato ad arte specie sui social da pagine Facebook senza volti e senza nomi dietro cui si nascondono fantomatici paladini della giustizia».
Lu.Co.

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