Distingue due piani nella vicenda sanità, il governatore del Molise. Per Paolo Frattura c’è il piano del merito: “A Isernia ho ragionato coi cittadini con l’idea di confermare l’offerta del Veneziale. A loro interessano i servizi, e che siano di qualità. Non che un ospedale si chiami Dea di I o II livello”. E c’è un piano politico. Il deputato Danilo Leva lo accusa di stare privatizzando la sanità. I suoi attacchi prendono di mira il Neuromed, Irccs della famiglia Patriciello. Patriciello, azzurro mai pentito, è l’alleato scomodo del centrosinistra. “Leva ne fa una questione politica. E sbaglia. Ma l’alleanza programmatica l’ha siglata. Se ha cambiato idea lo dica apertamente e ci confronteremo”. Così, alla vigilia di Pasqua, il governatore disegna la road map in vista del giro di boa di metà mandato, quando la rielezione del vertice di Palazzo Moffa rimetterà in discussione tutti gli equilibri.
“Se la politica fa i miracoli, vuol dire che io non sono all’altezza”, è la sua provocazione dialettica. Il presidente della giunta predilige i numeri. Al Veneziale i criteri del regolamento del decreto Balduzzi mettono a rischio – per capacità di bacino e per volume di attività – cardiologia, neurologia, ostetricia e ginecologia, otorinolaringoiatria, pediatria e oncologia. “Lavorando per efficientare e rendere appropriata l’offerta abbiamo la possibilità di salvare in deroga queste discipline”, è convinto Frattura.
Sono 6.600 i casi trattati dal Veneziale, 1.037 invece i pazienti che da quella zona si rivolgono fuori regione per curarsi. In massima parte vanno al Gemelli, al Bambin Gesù, a Castel di Sangro. Ma anche a Vasto, all’Umberto I. Ci sono situazioni peculiari, ma in massima parte si tratta di prestazioni che il Veneziale eroga. Il 65% dei drg della chirurgia è di tipo medico, vuol dire – spiega il governatore – che il 65 volte su 100 i ricoverati non vengono poi operati. “Ci sono ampissimi margini di miglioramento”, ripete. Ne discuterà, con il dg della Salute D’Innocenzo e il manager Asrem Pirazzoli insieme ai medici per provare a capire perché ci si rivolge altrove e non al Veneziale e condividere l’elaborazione di contromisure.
Per il Cardarelli di Campobasso il ragionamento è lo stesso, legato alla realtà e alla fattibilità. Nel 2010, ricorda Frattura, Iorio firmò un protocollo con la facoltà di medicina dell’Unimol. Fu osservato dal tavolo tecnico. “A gennaio abbiamo chiesto un parere ai tecnici sul documento che abbiamo rimodulato insieme al professor Brunese”, prima che il senatore Ruta, e poi anche Leva e Venittelli, proponessero l’azienda ospedaliero universitaria come unico modo per salvare l’ospedale del capoluogo e a catena Termoli e Isernia. Quel protocollo, dice Frattura, permetterà di nominare primari di unità operative complesse oggi scoperte – in tutto il Molise sono 45 ma l’intesa non potrà riguardare tutte – e che non sarebbe possibile coprire visto il blocco del turnover. Questo comporterà la clinicizzazione del Cardarelli, non il Dea di II livello. Con un apporto di qualità e risorse, comunque, al sistema sanitario pubblico. “Oggi Il Cardarelli già non è Dea di II livello, non avendo un centro trapianti. Mi si dice della deroga chiesta e ottenuta dalla Basilicata, che ha utilizzato la soglia di tolleranza per gli abitanti e che le deroghe cliniche le paga con risorse proprie”. Da 550mila abitanti a 600mila il passo è breve, da 300mila è almeno più lungo della gamba. Il suo no all’azienda ospedaliero universitaria proposta da Ruta risiede nel fatto che “le ipotesi devono trovare un supporto che permetta di difenderle ai tavoli romani, un aggancio nelle possibilità normative”.
Ma è al deputato dem Leva che riserva la risposta più dura: “Sono rimasto basito dal pressappochismo del suo intervento a Isernia. Un contributo demagogico e populista. Non deluso dai contenuti, bensì dall’assenza dei contenuti”. Cosa pensa il governatore Frattura del ruolo di Neuromed e Cattolica? “Senza, non potremmo offrire ai cittadini eccellenze per la neurochirurgia, la cardiochirurgia e la radioterapia. Basta leggere i dati dei tanti viaggi della speranza cui si era costretti prima. Detto questo, i posti letto delle strutture convenzionate hanno un’incidenza economica del 14%. La riduzione dei posti, inoltre, pesa per il 50% sul pubblico e per il 50% sui privati. È poi utile capire come vengono occupati i posti accreditati”. Quante volte si aspetta per ore al Pronto soccorso perché nel reparto di destinazione non c’è posto? “Ma questo non avviene perché abbiamo dato i posti ai privati”, precisa il presidente. Forse, invece, se ne sono accreditati troppi in altri reparti, dove ne servono meno. “Prima di fare qualunque riparto stiamo verificando la domanda di cure in base alle cartelle cliniche, per capire il reale fabbisogno di salute”, aggiunge.
Il caso, per Leva e Ruta, resta quello di Salcito: 60 posti di riabilitazione accreditati al centro Pavone del gruppo Neuromed e che per loro vanno redistribuiti al pubblico, al Ss Rosario e al Vietri. “Il decreto è stato sospeso, lo stop è stato prorogato. Incontreremo gli operatori per definire il nuovo provvedimento, in cui riserveremo posti per Venafro e Larino”, dichiara sul punto Frattura. Previsione che nell’originario decreto 37 non c’era. “Per questo – ribatte – lo abbiamo sospeso”. Ma Salcito, ripete, è questione a sé, connotata da un contenzioso avviato a fine anni ’90 e “sarà ancora una volta purtroppo un giudice a decidere e non un atto di programmazione”. Fatto sta che è diventato l’emblema della lotta dei parlamentari Pd a tutela della sanità pubblica. “Leva ne fa una questione politica. E sbaglia. L’alleanza l’abbiamo fatta insieme, lui era segretario del Pd. Io ero il candidato presidente, certo, ma da solo non avrei potuto fare nulla. E allora, premesso che in due anni non ho ricevuto una richiesta da quell’alleato in tema di sanità e che non vedo atti straordinari che hanno favorito il Neuromed, se lui – esponente della minoranza del partito – ha un’idea diversa dell’alleanza che ha sottoscritto quando era segretario o ci ha ripensato è bene che lo dica e ci confronteremo democraticamente negli organi del Pd e allargando la discussione ai territori e ai cittadini”.

























