Estate di fuochi d’artificio, l’autunno non sarà da meno per il centrodestra.
L’ex presidente Michele Iorio non aspetta più. Ribadisce la richiesta di verifica e di modifica degli assetti della giunta regionale, oppure andrà per conto suo. Verifica vuol dire cambiare, sottolinea, magari non tutto, ma qualcosa almeno deve cambiare.
Presidente Iorio, la battaglia e il risultato delle provinciali di Isernia hanno acceso la miccia.
«La mia richiesta di verifica era precedente all’episodio di Isernia, che resta un episodio sul quale hanno raccontato tante frottole, chi per un verso e chi per un altro. La verità è che c’è stata un’imposizione da parte di Niro e Micone su un candidato scelto all’ultimo momento, con un gioco di prestigio, facendo ritirare Agnone per sommare i voti di Frosolone e imporre una soluzione a tutto il centrodestra. Io avevo rinunciato anche al mio candidato, che era Giacomo Lombardi, sindaco di Roccamandolfi, e ho proposto che si impegnasse il sindaco di Isernia. Il quale non si è impegnato non perché, come dice Micone, ha rifiutato. Il tavolo si è chiuso con questa decisione: sentiamo d’Apollonio e se vuole candidarsi convergiamo tutti su di lui. Solo Niro aveva espresso perplessità. Al sindaco di Isernia è stato detto che Niro avrebbe schierato comunque il suo candidato e quindi lui non ha accettato di correre. A quel punto ho chiamato Alfredo Ricci e le cose si sono svolte come si sa. Ma nessuno ha mai definito un quadro finale della situazione. Tutte queste polemiche non mi appartengono, appartengono al gruppo ‘Patriciello allargato’: Cotugno, Niro, Micone, ai quali in qualche modo Patriciello ha contribuito fortemente a formare le liste elettorali. Sono chiarimenti che devono farsi fra loro. Io chiedo una verifica politica».
Perché?
«Perché la giunta regionale non è adeguata, non si sono ancora raggiunti gli obiettivi definitivi su alcuni problemi, soprattutto il lavoro. E c’è il tema sanità che viaggia su un non detto, non si sa chi sarà il nuovo manager (dell’Asrem, ndr), tutto appartiene a una ristretta cerchia di governo che comunque non mi vede partecipe e a queste condizioni non ci sto. Se non c’è una verifica politica, un ruolo ben definito all’interno della maggioranza, facciano come vogliono ma io vado per conto mio».
Che significa che va per conto suo?
«Che voterò le cose che condivido, non voterò per appartenenza alla maggioranza visto che la maggioranza mi ha in pratica espunto, non mi ha considerato».
Lo stesso malcontento lo registra anche in altre parti della maggioranza?
«In moltissime parti. In molti più di quelli che non si creda o che non appaiano. Quando c’è questa insofferenza, che tutti conoscono ma nessuno vuol riconoscere, vuol dire che le cose non vanno. Passando a temi specifici, i trasporti: non mi va come sono stati affrontati e definiti, siamo ancora all’epoca Frattura dopo un anno e mezzo di governo. Non mi piace che non si possa sapere cosa pensa il centrodestra della sanità, al di là delle competenze. Infrastrutture, non ne parliamo. E anche un certo metodo di governo che ho sempre contestato, mi sembrano tutte schegge impazzite. Gli assessori, ognuno teso ad aumentare il proprio consenso soprattutto con gli amministratori, utilizzando a piene mani il potere discrezionale della giunta sui vari lavori da svolgere nei Comuni. È una pratica che ho sempre contestato anche al passato governo, una pratica che respingo anche perché crea una condizione di disaffezione, di disamore nei confronti di una politica che tenta di discriminare o addirittura di imporre decisioni ad altri amministratori».
Non immaginava questo clima.
«Mi stupisce. Non avrei mai immaginato di non poter esprimere un parere, dare dei consigli, suggerimenti. Quando ho fatto qualche proposta, per esempio per quanto attiene all’occupazione, sono dovuto passare per un lavoro di Commissione perché non ho avuto mai la disponibilità all’ascolto su nessun problema. E allora, se non sono importante o necessario a questa maggioranza, vada avanti da sola, tanto i numeri li ha e io mi regolerò per conto mio. Non si tratta di cambiare maggioranza o fare chissà che cosa. Si tratta di fare quello che gli elettori mi hanno detto di fare e quello farò».
Cosa si aspetta che faccia adesso il governatore Toma?
«Che venga in una riunione di maggioranza con la disponibilità a rivedere la giunta con criteri diversi da quelli che ha usato, indichi quali sono le priorità di questo governo di centrodestra e quali le differenze soprattutto rispetto al governo passato perché finora io non ne ho viste».
Crede che con un governo giallorosso a Roma sarà più complicato?
«Sarà più complicato per la giunta, spero non lo sia per il Molise. Bisognerà lavorare per cercare di far capire al nuovo governo quali sono le priorità per la regione. Per questo però ci vuole una giunta che è capace di muoversi, non abbiamo eletto solo il presidente ma anche 12 consiglieri regionali che vanno utilizzati, ciascuno per il bagaglio di esperienze che ha. Soprattutto dobbiamo imporci a livello nazionale con maggior vigore di quanto avveniva prima».
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