25, 64 e 12: potrebbe essere la terna vincente per gli amanti del lotto. Nel contesto politico nazionale invece sono i numeri che hanno cadenzato la corsa verso il referendum abrogativo della legge costituzionale che ha ridotto di un terzo il numero dei senatori e dei deputati. Venticinque sono i giorni di anticipo rispetto alla scadenza fissata al 12 gennaio mentre 64 è il numero delle firme dei senatori necessarie (almeno un quinto del totale). E quella firma è arrivata ieri da Francesco Giacobbe, eletto in Australia. Notizia subito rilanciata dal ‘collega’ Nannicini che ha accolto il raggiungimento dell’obiettivo. Il taglio dei parlamentari, votato a maggioranza bulgara lo scorso 8 ottobre, avrebbe dovuto entrare in vigore all’inizio del 2020 mentre invece, alla luce delle 64 firme, si avvia l’iter per indire il referendum. A favore, quel giorno, votarono i 5 Stelle, Pd, Italia Viva, Leu, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia che diedero l’assenso alla cura dimagrante. 400 deputati in luogo dei 630 e 200 senatori al posto degli attuali 315. Per inciso, la richiesta di referendum è stata sottoscritta anche qualche senatore che, solo due mesi fa, aveva detto sì al taglio dei parlamentari. Fino a quando non si terrà il referendum, non si potrà votare con le nuove regole. Quindi, al momento (e fino alla prossima primavera) restano i numeri del pre-riforma: 630 deputati e 315 senatori. La Corte di Cassazione ora dovrà esprimersi sulla legittimità della richiesta e sulla validità delle firme: ove mai l’iter dovesse svolgersi senza scossoni, si potrebbe votare tra maggio e giugno. Se al referendum abrogativo dovessero vincere i sì, le prossime elezioni vedrebbero un parterre di eletti assai ristretto: un terzo in meno degli attuali inquilini del parlamento. Secondo gli ‘osservatori’ nazionali, però, il risultato incassato ieri dai referendari potrebbe accelerare il ritorno alle urne. Con i numeri pre-cura dimagrante, naturalmente.
