Duemila euro al mese da ottobre 2018 a settembre 2019. E poi, 300 euro mensili (la quota per Rousseau) da ottobre dell’anno scorso a quello di quest’anno. Insieme ad altre donazioni liberali per le campagne elettorali – mille euro per quella di Gravina candidato sindaco di Campobasso e 500 per la candidata molisana alle europee Stefania Gentile – o per Italia 5 Stelle (anche per l’evento di quest’anno).
Sul banco mediatico degli imputati, Luigi Di Marzio non ci sta a passare per moroso. E su Facebook ha pubblicato i bonifici effettuati nel periodo che invece per il Movimento è scoperto. Sul sito ‘tirendiconto.it’ infatti risulta che lui da settembre 2018 non ha restituito più nulla.
Ha perciò ricevuto la mail che i vertici hanno inviato ai parlamentari non in regola. Un vero e proprio ultimatum. «Le ricordiamo – si legge nel messaggio visionato dall’Adnkronos e firmato dallo Staff – che gli impegni da lei assunti, all’atto della sua candidatura con il Movimento 5 Stelle, oltre a costituire una vera obbligazione giuridica, come di recente affermato dall’Agenzia delle Entrate», costituiscono «anche e soprattutto, un impegno morale nei confronti di tutti i cittadini italiani e, in particolare, di quelli che l’hanno votata». La comunicazione di fine novembre ricorda pure che «contrariamente agli altri partiti politici, il Movimento 5 Stelle non percepisce nemmeno un euro da tali restituzioni che sono state devolute in passato al Fondo per il microcredito e, attualmente, a seguito di votazione online degli iscritti, al Fondo per la povertà educativa infantile, al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili e infine al Fondo contro la violenza sulle donne».
«La invitiamo, pertanto, a voler ottemperare agli impegni giuridici e morali da lei assunti entro e non oltre il 31 dicembre 2019, avvertendola, nel contempo, che il mancato tempestivo riscontro a tale invito – conclude lo Staff – integra una grave violazione disciplinare per la quale i probiviri, che leggono per conoscenza la presente, si attiveranno senza ulteriore indugio».
Espulsione e restituzione del maltolto – tolto peraltro ai minori che non possono studiare, ai disabili che non trovano occupazione e alle donne vittime di violenza, si è premurato di sottolineare lo Staff – dunque sono dietro l’angolo?
La lista dei morosi è lunga. Il 25% dei parlamentari, dicono i giornali nazionali, fra cui il ministro dell’Istruzione Fioramonti. Ma a leggere meglio sul famoso sito, i big sono meno ligi per esempio di Antonio Federico che ha versato già le intere quote per novembre 2019.
Andando un po’ a fondo della questione, però si scopre che non è detto affatto che i morosi siano tali. Prima di postare i bonifici su Fb per rispondere al caso mediatico scoppiato in Molise, Di Marzio li aveva inviati in risposta allo Staff. E dalla comunicazione (pubblicata in pagina) si capisce che il problema è che quei pagamenti non sono stati ‘caricati’ sul sito ‘tirendiconto’. Spiegano fonti del Movimento a Primo Piano che ogni parlamentare, personalmente o tramite collaboratori, provvede a inserire nella piattaforma gli importi restituiti. Di Marzio, e nella sua nota questo si evince, da settembre 2018 non ha più provveduto a caricare sul sito i suoi bonifici. Poco social, poco tecnologico. Ostinato nella scelta di non assumere un collaboratore (anche questo nella lettera allo staff si evince). Ma moroso no. «Io invio i bonifici. Lo Staff è in grado di accertare che i pagamenti sono arrivati. Mi dicano se manca qualcosa e io effettuerò il pagamento. Qualcuno deve solo trascrivere le cifre che io invio. Cosa ci vuole? Devo prendere un collaboratore per questo? Assolutamente no. Non lo farò», dichiara Di Marzio. Dallo Staff non ha ancora ricevuto risposta. «Resto in attesa».
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