Il Molise, si sa, per gran parte dell’anno è una terra poco popolata. Ma ad agosto, come in tutte le zone di forte emigrazione, i borghi si riempiono. Il richiamo delle feste patronali porta a casa centinaia di persone, e il flusso turistico estivo aggiunge un ulteriore carico alla gestione dei servizi. Risultato: nei paesi le presenze si moltiplicano, in alcuni casi fino a quintuplicare, e gli effetti sono immediati anche sulle strutture sanitarie.
Il Pronto Soccorso dell’ospedale Cardarelli di Campobasso, già in difficoltà cronica, si ritrova così sommerso da 70-80 accessi al giorno. Numeri che in sé potrebbero essere gestibili, se non fosse che l’assistenza territoriale è pressoché inesistente e molti medici di base o guardia medica – complice anche la paura di assumersi responsabilità – finiscono per dire ai pazienti: «Andate in ospedale». Anche per problemi di minima urgenza.
Da giorni, all’esterno del Pronto Soccorso, la scena è surreale: ambulanze in fila, pazienti costretti – per mancanza di barelle – ad attendere minuti interminabili sotto un sole implacabile solo per varcare la soglia. Una volta dentro, il caos regna sovrano: in turno appena due medici chiamati a gestire ogni tipologia di urgenza, dalla crisi respiratoria al trauma cranico, fino alla banale ferita da suturare.
Tra i pazienti in attesa, certo, c’è anche chi potrebbe risolvere altrove: i cosiddetti accessi impropri, che si stima siano una quota non irrilevante. Ma il vero tappo si forma altrove, e riguarda quello che molti sanitari, esasperati e rassegnati, definiscono «il problema dei posti letto fantasma».
Quando un paziente necessita di ricovero, il percorso dovrebbe essere chiaro: il medico del Pronto Soccorso individua il reparto idoneo e lo trasferisce. Ma in questi giorni, al Cardarelli, il processo si inceppa sistematicamente. Secondo quanto si apprende, alcuni reparti tenderebbero a “nascondere” i posti liberi, dichiarando il tutto esaurito anche quando i letti disponibili ci sono.
Una prassi che, stando alle testimonianze, si acuisce proprio nei periodi estivi, quando primari, vice e parte del personale sono in ferie. E così il paradosso diventa quotidiano: se un reparto ha 30 letti e ne occupa 15, i restanti 15 – sulla carta liberi – restano comunque vuoti.
Proprio nella notte scorsa, la tensione è esplosa. Un giovane medico del Pronto Soccorso, noto per la sua professionalità e stimato da colleghi e pazienti, esasperato dall’impossibilità di decongestionare il reparto d’emergenza, ha deciso di agire. Accompagnato dagli agenti della Polizia in servizio presso il corpo di guardia dell’ospedale, ha eseguito un sopralluogo diretto nei reparti che da ore negavano disponibilità di ricovero.
Secondo quanto trapelato da fonti qualificate – indiscrezione confermata a Primo Piano – il medico avrebbe rinvenuto una trentina di letti vuoti. Un dato che, se confermato ufficialmente, getta una luce ancora più grave sulla gestione interna e sulle dinamiche che paralizzano il Cardarelli nei momenti di massima pressione.
Sull’episodio l’Asrem mantiene il più stretto riserbo, ma la notizia circola con insistenza tra personale e operatori, alimentando indignazione e rabbia.
Il risultato? Pazienti bloccati per ore, a volte per giorni, su una barella in corridoio, in attesa che qualcuno “sblocchi” un posto. Medici e infermieri del Pronto Soccorso si ritrovano a gestire non solo le emergenze, ma anche un logorante braccio di ferro per ottenere un ricovero.
In situazioni simili, la logica vorrebbe un intervento immediato della direzione sanitaria. Ma in queste ore il direttore è in ferie, il vice pure. Contattare i reparti “sospettati” di reticenza non porta a nulla: anche lì primari e vice sono fuori sede, chi risponde al telefono afferma «non essere autorizzato a fornire notizie alla stampa». Il silenzio e la mancanza di risposte alimentano la percezione di un problema noto, tollerato e mai affrontato davvero.
Da via Petrella, fonti interne fanno sapere che il direttore generale Asrem non è in ferie e che si sta lavorando a una riorganizzazione complessiva. Ma resta il nodo: nel 2025, è davvero impossibile istituire un sistema centralizzato di gestione dei posti letto, aggiornato in tempo reale, che impedisca simili storture?
Perché la matematica è semplice: se un reparto ha posti assegnati e non li occupa, quei letti sono vuoti. E se restano vuoti mentre in Pronto Soccorso decine di pazienti soffrono, il danno è duplice: sanitario e organizzativo.
A ridosso di Ferragosto, l’afflusso è destinato a crescere ulteriormente. Pensare di reggere l’urto con due soli medici per turno è pura illusione. E se è vero che reperire professionisti disposti a lavorare in emergenza è complicato, è altrettanto vero che non ha senso avere personale in reparti semivuoti mentre il fronte implode.
Un reparto efficiente serve a poco se chi dovrebbe indirizzarvi i pazienti non ha tempo, lucidità e risorse per farlo.
Il condizionale, in assenza di conferme ufficiali, resta d’obbligo. Ma se venisse accertato che un reparto rifiuta ricoveri e contribuisce così a far “esplodere” il Pronto Soccorso, sarebbe materia da Procura della Repubblica. Perché in ballo c’è la sicurezza dei cittadini, il rispetto del diritto alla cura e, in casi estremi, la possibilità di salvare vite.
Il Molise non può permettersi una sanità ridotta a un inferno per colpa di prassi consolidate e logiche di reparto. Servono trasparenza, coordinamento e responsabilità. E serve adesso. Prima che l’ennesima barella in corridoio diventi il simbolo di un sistema al collasso. ppm





















