Chiunque lo abbia conosciuto, di Gianni Falcione ricorda prima di ogni altra cosa il sorriso. Che gli illuminava gli occhi anche quando l’espressione del volto era seria.
Valori solidi e vocazione alla vita, la malattia lo ha strappato ai suoi cari e a tutto il Molise nove anni fa. Oggi, Gianni ne avrebbe compiuti 60.
Da giudice aveva fatto dell’equità la cifra di un impegno, la magistratura, che per lui era missione più che una semplice professione. E tutto questo senza alcuno sforzo. Gli veniva naturale. Severo (anche molto) quando occorreva, Falcione non dimenticava mai di usare l’immensa umanità del suo animo con chi aveva di fronte in un processo. Non sono rari i casi di persone condannate, specialmente se giovani, che ammettevano in seguito di dovergli molto per aver ritrovato la retta via. Memorabili le sue sentenze nei processi per spaccio di droga. Tra i tantissimi casi seguiti, spicca quello del massacro di Ferrazzano quando Angelo Izzo, nel 2005, all’epoca in semilibertà, uccise due donne, madre e figlia.
Autorevole, stimato anche dai colleghi più anziani ed esperti. Studio, ricerca, aggiornamento erano per lui linfa costante. Era diventato, così, un punto di riferimento per il Tribunale di Campobasso, dopo aver prestato servizio a Foggia, a Vasto e poi di nuovo nel capoluogo del Molise.
Il rapporto con i ragazzi lo aveva coltivato anche da assistente universitario. Affollati i suoi corsi di diritto delle successioni testamentarie all’Unimol (dove insegnò anche diritto civile). Era un esame facoltativo, ma fra i più difficili. Eppure il prof Falcione teneva lezione nell’aula magna del polifunzionale di viale Manzoni per i tanti iscritti del primo anno che lo sceglievano. Anche in ateneo, severo e giusto. Dava tutto se stesso, rendendo interessanti argomenti che si direbbero polverosi e cavillosi. Chiedeva in cambio preparazione.
Rispetto e scambio di esperienze, senza mai travalicare i rispettivi ruoli, caratterizzavano il suo approccio con gli organi di informazione. Lui che da giovane era stato giornalista, non si sottraeva mai a una chiacchierata o a un caffè. Ma se la sua udienza era a porte chiuse nessuno si azzardava a provare a imbucarsi.
Di lui, nove anni dopo la scomparsa, è rimasto tutto. Come avviene per chi è nato speciale e sa restare nelle esistenze degli altri e nella storia di una comunità.
Gianni Falcione è nei luoghi che frequentava: l’aula della Corte d’Assise di viale Elena porta il suo nome, come pure un’aula del Tribunale di Vasto. «Il mio progetto è la vita» è, invece, la manifestazione che la sorella Lina, con suo marito Domenico Pedicino e i loro figli Antonia e Pierluca (a cui Gianni era particolarmente legato), hanno organizzato per molti anni (e che in occasione del decennale tornerà a rendere omaggio al magistrato dopo la pausa dovuta al Covid) con un riscontro enorme, un tributo corale di affetto a un molisano che manca ogni giorno di più, ma il cui esempio ha permesso e permette a tanti di realizzarsi o di redimersi.
Umanità, sensibilità, onestà, legalità, amore per la vita. Gianni Falcione non “predicava” questi valori. Li dimostrava ogni giorno concretamente.
Tutto questo lo ha consegnato alla memoria collettiva.
Buon compleanno, Gianni, ragazzo dal cuore infinitamente grande.
ritai

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