Il Tar Molise ha respinto la richiesta di sospendere gli effetti della delibera di Palazzo D’Aimmo che conteggia nel disavanzo della Regione Molise anche quello sanitario. A chiederne l’annullamento, previa sospensiva, Andrea Montesanto, un cittadino contribuente, alla cui domanda si sono aggiunti ad adiuvandum Legacoop, Cna, Cgil e Cittadinanzattiva. Tutti sostengono che il deficit della sanità è stato prodotto dalla cattiva gestione dei commissari nominati dal governo nazionale. È allo Stato che deve attribuirsi il debito. La stessa battaglia, prima che nelle aule giudiziarie, è stata condotta nell’Assemblea legislativa dal leader di Costruire democrazia Massimo Romano.
Per il Tar però non ci sono ragioni per uno stop al provvedimento del Consiglio regionale. Il motivo principale del rigetto risiede nella legittimazione di un semplice cittadino ad agire. «L’orientamento giurisprudenziale richiamato dal ricorso (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza del 10 marzo 2022, n. 1711, secondo la quale il cittadino residente sarebbe in taluni casi legittimato a impugnare la delibera dichiarativa del dissesto dell’Ente locale) non sembra estensibile al caso di specie, in cui la modifica radicale dell’assetto finanziario dell’Ente pubblico in rilievo – si legge nell’ordinanza del collegio presieduto da Nicola Gaviano (estensore Luigi Lalla) depositata ieri – non costituisce l’effetto delle determinazioni odiernamente impugnate, bensì è una conseguenza generatasi già a seguito dell’ormai risalente sottoposizione della Regione Molise al piano di rientro dal disavanzo». Inoltre, «l’adesione all’impostazione prospettata dal ricorso sul punto porterebbe all’anomalo risultato di riconoscere in capo a tutti i cittadini molisani la legittimazione a ricorrere avverso praticamente qualsiasi atto che venisse adottato in funzione/attuazione del Piano di rientro dal disavanzo finanziario, e questo per tutta la durata – per quanto prolungata – della gestione commissariale, in conflitto, quindi, con il principio del processo amministrativo che ammette l’azione popolare soltanto in termini di eccezionalità».
Infine, rilevano i magistrati di via San Giovanni, «nella fattispecie concreta non risulta configurabile nemmeno la sussistenza, per il soggetto ricorrente, dell’indispensabile periculum in mora occorrente per la concessione della misura cautelare invocata».
Secondo l’ordinanza 41/2025, riassumono il ricorrente e i suoi avvocati – Margherita Zezza, Antonio Di Pietro e Pino Ruta – «sarebbe dubbia la legittimazione dei cittadini ad impugnare siffatti provvedimenti. I cittadini molisani sono le vittime: riteniamo che privarli non solo di un sistema sanitario adeguato, ma anche del diritto di difendersi in giudizio (dopo averli costretti a pagare i danni arrecati da altri) significa condannarli a vita a subire sia le scelte di uno Stato che nomina commissari inefficaci, sia le non-scelte di una Regione che, nel rispetto di una presunta filiera istituzionale, fa da palo ai poteri centrali anziché ribellarsi. La decisione cautelare del Tar, che rispettiamo ma che sulla base di una prima sommaria valutazione non riconosce ai cittadini il diritto di difendersi e tutelarsi adeguatamente, non è a nostro avviso condivisibile – concludono l’ex pm di Mani Pulite e i due colleghi avvocati insieme ad Andrea Montesanto – Preannunciamo, quindi, la scelta di impugnarla, a breve, davanti al Consiglio di Stato».