Domenico Pio Abiuso di GambatesaBlog.info ha parlato di bullismo e cyberbullismo con la dottoressa Giulia Leonelli. Psicologa e psicoterapeuta, grafologa e giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni, l’esperta ha risposto alle domande del blogger.
Dottoressa, quali sono i fattori scatenanti del bullismo?
«Diciamo che molti studi dimostrano che il bullo proviene da famiglie con in prevalenza un modello educativo distaccato, in cui prevale anche la rabbia. Un’altro fattore che può scatenare questo atteggiamento è la mancanza di sorveglianza, quando i ragazzi vengono lasciati a se stessi all’interno della classe. Comunque, spesso si è visto che i comportamenti vissuti nell’ambito familiare vengono ripetuti all’interno del contesto scolastico».
Secondo lei come si potrebbe arginare il fenomeno?
«Rispetto a questo, una cosa importante è lavorare sulla prevenzione, quindi, lavorare all’interno delle scuole formando gli insegnati, sensibilizzando i genitori e, soprattutto, lavorando nelle classi con i ragazzi, attraverso approcci vari; dal metodo cooperativo di apprendimento, all’educazione ai sentimenti e al problem solving con tecniche comportamentali che utilizzino anche rinforzi. La cosa importante è lavorare molto sulla formazione».
L’avvento dei social network ha dato origine al cyberbullismo. Può spiegare cosa induce il bullo a postare in rete comportamenti vessatori nei confronti della persona offesa?
«Beh, c’è da dire che nel cyberbullismo c’è una deresponsabilizzazione dell’aggressore maggiore, perché non c’è un contatto diretto con la vittima, quindi c’è l’anonimato che favorisce, c’è difficoltà nel reperire chi è stato il bullo o il cyberbullo. C’è un indebolimento delle remore etiche (ci sono vari studi che dimostrano questo): dietro uno schermo è più facile scrivere delle cose anche spiacevoli e offensive, rispetto a uno comportamento “faccia a faccia”… e c’è un’assenza di limiti spazio-temporali, nel senso che poi il messaggio perdura nel tempo a differenza dell’atteggiamento del bullismo diretto o indiretto ma “faccia a faccia”, in cui l’episodio si racchiude in quel momento».
Cosa ha fatto il legislatore per contrastare questa condotta?
«In contrapposizione a questa condotta è stata varata una legge nel maggio del 2017, che è la legge numero 71. Ciascun individuo minore – o chi ne eserciti la responsabilità – vittima di cyberbullismo può inoltrare al gestore del social un istanza per la rimozione, il blocco o l’oscuramento dei contenuti diffusi in rete. Se il gestore non provvede entro 24 ore, ci si può rivolgere al Garante per la protezione dei dati personali che li rimuoverà entro 48 ore. Inoltre, sempre in questa legge, sono varate queste altre direttive: la formazione di un tavolo integrato in cui progettare piani di azione contro il cyberbullismo; linee di orientamento da parte del Miur alle scuole per la prevenzione di questo fenomeno, per cui possono avvalersi della Polizia Postale; dovere d’informazione da parte del referente dell’istituto scolastico ai genitori qualora sia avvenuto un episodio di cyberbullismo; l’importanza della formazione del personale scolastico sulla predetta questione; promozione di interventi di “Pear education” da parte di studenti o ex studenti; promozione di progetti che permettano una rieducazione del bullo e che sostengano le vittime. Inoltre, per i ragazzi minori di età compresa tra i 14 e i 18 anni, che abbiano commesso atti di bullismo, ma non c’è stata nei loro confronti una querela o una denuncia per i reati di cui agli articoli del Codice di procedura penale 594, 595 e 612, c’è un ammonimento da parte del questore. Cioè, il ragazzo sarà invitato ad andare presso il questore, accompagnato da uno o entrambi i genitori, per un ammonimento».

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