“Il ricorso di cui si è parlato, quello che è stato inviato allo studio Di Pardo a Campobasso e non al collega Clarizia a Roma è quello firmato da me e altri colleghi della Capitale”. A confessarlo è l’avvocato Colalillo, che però si dice sereno. Spiega che in primo grado i cittadini elettori che hanno vinto al Tar erano domiciliati nello studio campobassano, quando i loro avvocati hanno notificato la sentenza (e da quel giorno è partito il termine per impugnarla) hanno cambiato il domicilio, eleggendolo (come usano dire nel mondo forense) a Roma.

Più di qualcuno suggerisce che quella istanza è spacciata, che quanto meno nella fase di merito – quella decisiva – si tratta di un difetto nella notifica capace di renderlo inammissibile. Colalillo è convinto che non sia così. Di più, respinge la ricostruzione secondo cui si sia consumato un errore clamoroso. “Ci siamo accorti di questo ‘‘‘‘‘‘‘‘giochetto’, lo chiamo così con tutto il rispetto e la simpatia possibile. È legittimo e dunque ineccepibile cambiare il domicilio quando si notifica un verdetto di primo grado. Me ne assumo la responsabilità, abbiamo ragionato e deciso di inviare a Campobasso l’appello. E il mio stesso ragionamento lo ha seguito l’Avvocatura che ha compilato la notifica in maniera identica alla mia”, svela il professore. Dunque, i ricorsi che rischiano di saltare sono due.

Ma Colalillo resta convinto che sia tutto superabile. Che nelle pieghe delle norme del processo amministrativo si possa trovare la via per uscire dall’impasse, l’intuizione che permette di superare un’eccezione che di sicuro arriverà. “Dipende dalla controparte – rilancia Colalillo -, le mosse ora spettano a loro”. L’avvocato non lo dice, ma il punto è questo: se si costituiscono nel ricorso depositato alla cancelleria di Palazzo Spada e registrato come ‘‘‘‘‘‘‘‘Angelo Michele Iorio + altri’, i cittadini elettori sanano il vizio. Che dunque c’è, a voler leggere fra le righe. “Andiamo a discutere il merito – è la sfida di Colalillo -, confrontiamoci sulla sentenza. Se abbiamo ragione noi, annulliamo anche solo parzialmente la sentenza”, sottolinea calcando il timbro di voce. Tra le richieste al Consiglio di Stato ci sarebbe anche un’integrazione di istruttoria che, se accolta, allungherebbe la vita della decima legislatura. “Se hanno ragione loro – chiude – si torna al voto”. Non prima di marzo, a suo parere. La camera di consiglio c’è venerdì. Il prof prevede l’udienza di merito per metà ottobre. È sereno, ma la partita si è complicata maledettamente. Perché i suoi clienti non hanno nomi ‘‘‘‘‘‘‘‘comuni’. Si chiamano – per dirne alcuni – Michele Iorio, Mario Pietracupa, Gianfranco Vitagliano. E della loro causa si stanno occupando amministrativisti blasonati. Come Filippo Lubrano, in passato presidente dell’Ordine degli avvocati della Capitale, ordinario alla Luiss ed ex avvocato della Roma Calcio.

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