In una sala gremita di donne, ma anche di uomini sensibili alla tematica, è stato presentato ieri, presso la Provincia di Isernia, il libro “Goodbye Italia – La Repubblica che ripudia il lavoro delle donne”, scritto da Cinzia Dato e Silvana Prosperi. Alla conferenza stampa di presentazione, oltre all’autrice, sono intervenuti il presidente della Provincia, Luigi Mazzuto, l’assessore alle Politiche Sociali, Pari Opportunità e Politiche per gli anziani, Filomena Calenda (promotrice dell’evento) e la consigliera di parità della Regione Molise Giuditta Lembo.

Ad aprire i lavori, il Presidente Luigi Mazzuto: “Sarebbe bello essere donna, ma essere donna deve essere davvero complicato. Questo volume merita un’attenzione particolare. Goodbye Italia. Arrivederci Italia o addio Italia? Il titolo si presta ad una duplice interpretazione. La prima delle due è certamente più ottimistica. Dunque Arrivederci Italia, perché è auspicabile che le menti brillanti di donne italiane che hanno trovato una propria dimensione lavorativa ed esistenziale all’estero prima o poi rientrino in patria. Di limiti ve ne sono all’integrazione delle donne nel mondo lavorativo, soprattutto di quelle dotate di menti più brillanti. Limiti spesso di carattere culturale, legati ad un concetto di pari opportunità ancora troppo teorico, perché nella realtà nel popolo del Bel Paese alberga una scarsa fiducia nel mondo femminile e se le donne italiane scelgono di lavorare in Italia spesso si vedono costrette a ripiegare su forme di sottoccupazione e di sottoutilizzo. Dalle pagine di Goodbye Italia si levano con forza rivendicazioni di intelligenze ormai liberate, altrimenti costrette alla clausura. Torneranno un giorno? È solo da augurarselo”.

Il primo pensiero dell’assessore Calenda, invece, è andato “alle 127 donne vittime di stragi familiari, assassinate da mariti e compagni brutali nel corso del 2011. Questo incontro è un momento dedicato a tutte quelle donne che per trovare una propria dimensione professionale si sono viste costrette ad emigrare. Goodbye Italia racconta di storie, belle anche, perché parlano di donne realizzate, riuscite nelle loro ambizioni ed, in fondo, è come se parlasse delle storie di tutte noi”.

“Quando si prende in considerazione la condizione delle donne – ha spiegato la Sen. Cinzia Dato, è come valutare la condizione di tutto un paese. Se una nazione è ricca o è in guerra, se vige la democrazia, piuttosto che la dittatura, lo si comprende dalla condizione sociale delle donne. Attraverso gli occhi delle protagoniste di questo volume, abbiamo voluto capire com’è il nostro paese. Le loro dichiarazioni sono state lasciate volutamente intatte. Spesso ricorrono parole come ‘‘‘‘gerontocrazia’, ‘‘‘‘nepotismo’, ‘‘‘‘distacco dei baroni accademici’. Poi emergono le grandi storie di affermazione professionale in America, in luoghi di grandi opportunità e ricchezza, come Boston e New York. Sono storie di successi, possibili perché il tessuto sociale lo consente. La fuga dei cervelli è drammatica, perché il bilancio è passivo, cioè mentre le nostre donne o i nostri giovani se ne vanno, gli stranieri non emigrano in Italia in egual numero. Il motivo per il quale mi sono occupata delle donne? Perché le donne italiane stanno emigrando molto di più degli uomini e parlo di emigrazione intellettuale. Del resto, in Italia non c’è il welfare che possa sostenerle. Penso alle donne madri e lavoratrici: è un binomio che difficilmente può realizzarsi. Eppure le donne sono le più scolarizzate, le più e meglio laureate. Riescono meglio là dove si richiedono criteri meritocratici. È statisticamente dimostrato che cento posti di lavoro ad uomini sono cento posti di lavoro, mentre cento posti di lavoro alle donne sono centoventi posti di lavoro, perché attorno alla donna ruotano altre figure professionali. Come pure è dimostrato che se la donna lavora fa più figli. Diciamo basta quindi a chi considera le donne come ‘‘‘‘oggetto decorativo’. Questa concezione – ha concluso la Sen. Dato – non è certo scissa dal problema della violenza di genere”.

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