L’inquinamento, le polveri sottili, il particolato fine stanno divorando la piana di Venafro. Stanno distruggendo una città, un territorio, ricchi di cultura, di storia, di tradizioni.
È inquietante che ciò accada nell’imbarazzante silenzio delle istituzioni e con la disarmante complicità di chi ha (o forse avrebbe) il dovere di difendere la salute dei cittadini.
Un tempo gloriosa Colonia Augusta Iulia, fertile terra decantata da Plinio, Catone e Orazio, porta del Molise, oggi Venafro è nota al mondo come una delle città più avvelenate del Paese.
E tutto tace. Come se nulla fosse. Come se quella gente fosse stata condannata da un atroce destino a subire senza poter chiedere e ottenere di vivere in un territorio che in origine era un gioiello della natura: i monti, la fascia olivata, le sorgenti del San Bartolomeo, l’area umida delle Mortine, il fiume Volturno.
Non è possibile, né più tollerabile, che le iniziative nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica siano delegate alla solerzia di associazioni, movimenti e singoli cittadini che non sono più disposti a subire le devastanti conseguenze dell’aria insalubre. Non sono più disposti a subire la malattia, il cancro. La morte.
I numeri si possono discutere, commentare. Si possono – talvolta maldestramente – interpretare. Ma i dati dell’inquinamento di Venafro sono impietosi. Bene le assemblee, bene gli studi epidemiologici, bene dotarsi di tutti gli strumenti necessari per poter meglio argomentare le richieste di intervento, ma quando in un mese le polveri sottili e il particolato fine superano 19 volte la soglia consentita e gli sforamenti sono abnormi, di cosa bisogna ancora discutere?
A distanza di tempo sono nitide le immagini della dignità e della determinazione con cui la città rispose all’appello di Raffaele Siano. Tra le migliaia di persone che silenziosamente attraversarono le vie del centro c’erano amministratori regionali, provinciali e locali.
Sono trascorsi cinque anni. Cinque lunghi anni durante i quali i venafrani sono stati costretti a subire le umiliazioni di chi, come il ministro all’Ambiente Sergio Costa, ha affermato che l’inquinamento non esiste. Per poi – tirato per la giacchetta dalle delegazioni pentastellate – ritrattare con evidente imbarazzo e, soprattutto, senza produrre alcunché di utile a mitigare gli effetti mostruosi di quella cappa che sta producendo morte e disperazione, che sta cancellando il futuro di intere generazioni.
La politica, a partire dall’amministrazione locale, ha il dovere di prendere una posizione netta, decisa, intransigente. Costi quel che costi.
Il giovane sindaco Alfredo Ricci, amministratore intelligente e competente – nonché avvocato di indiscusso valore –, deve – almeno in questa fase – ridimensionare le sue ambizioni politiche e orientare ogni sforzo per trovare le possibili soluzioni.
Oggi stesso, se ritiene che la Regione stia facendo poco, venga a Campobasso a battere i pugni sul tavolo del presidente Toma. Vada a Roma e faccia altrettanto. A Bruxelles, se necessario. Vada in Procura: presenti un esposto al giorno, con la determinazione di chi una battaglia la deve e la vuole vincere.
Facciano la stessa cosa i consiglieri regionali di Venafro e dell’area della Valle. I parlamentari molisani, mai così tanti nella storia. Al di là della collocazione in Aula. Non c’è colore, schieramento o appartenenza che tengano quando la salute è a rischio.
Interrogazioni, mozioni, interpellanze, comunicati stampa. “Tizio” chiede a “Caio”, “Caio” non risponde. E basta! Basta! La misura è colma. Non è dignitoso ed è oltremodo offensivo dell’intelligenza di chi sta solo rivendicando il diritto alla vita.
È molto più dignitoso restare in silenzio.
Mi sia consentita, in ultimo, una divagazione personale. A Venafro, dove ho trascorso infanzia e gioventù, conservo gli affetti e le amicizie più intime. Questa battaglia, sarà difficile, ma la vinceremo. La vinceremo perché conosco la determinazione dei venafrani, so che sanno come trasformare i torti subiti in energia. So quanto sono decisi, coraggiosi e anche un po’ temerari i miei colleghi giornalisti Riccardo Prete e Marco Fusco, a cui il compianto Mario Lepore – salito in cielo troppo presto – ha lasciato un’eredità pesante: non indietreggiare nemmeno di un millimetro.
Il tempo è scaduto. E noi di Primo Piano non solo non indietreggeremo: continueremo a giocare in attacco, nonostante i solidi capitali che rendono potenti – e apparentemente imbattibili – quelli che il veleno lo producono.
Tutto probabilmente ha un prezzo. Ma la salute, quella no.
luca colella

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