L’amatissimo arcivescovo ordinario militare del tempo, S.E. monsignor Vincenzo Pelvi, il 23 settembre del 2011, proprio il giorno dell’anniversario, mi nominava Postulatore generale, assegnandomi così anche il delicato ed importantissimo compito di curare la causa di Beatificazione e Canonizzazione del giovanissimo Servo di Dio, il vice brigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto.
Nella stessa giornata, mi recavo presso la Congregazione delle Cause dei santi per consegnare la nomina e, dopo le richieste sullo stato della causa di beatificazione, iniziata nel 1983, provvedevo a depositare la richiesta per far ripartire tutta la procedura prevista.
E ora veniamo ai fatti di quel mercoledì ventidue settembre 1943: da 14 giorni, da quando Badoglio ha annunciato l’armistizio, l’Italia è nel caos e a Roma, in quei giorni, ogni autorità dello Stato sembra dissolversi. Il re era fuggito. I componenti del Governo legittimo, a cominciare dal presidente del Consiglio, che era il generale Badoglio, perciò ancora più gravemente responsabile della sua dissoluzione, erano lontani dalla Capitale, anch’essi alla ricerca di un rifugio, mentre in tutta Italia dilagavano la violenza e l’arbitrio. Di ciò hanno approfittato i tedeschi per impadronirsi del Paese.
I cittadini, i soldati italiani sono soli di fronte all’invasione militare tedesca: ciascuno con la propria coscienza a dover scegliere la direzione e la misura del proprio impegno. Dovunque regna la confusione e la paura. Dovunque i soldati italiani, proprio perché sbandati e senza ordini, vengono catturati e deportati in Germania. Ma lungo la costa presso Civitavecchia, in un piccolo paese chiamato Palidoro, la guerra sembra ancora lontana. Qui la gente vive lavorando nella tenuta interessata da una importante opera di bonifica e acquistata nel 1926 da Luigi Albertini, già direttore del Corriere della Sera, la cui figlia Elena ha sposato il conte Carandini, quasi dimentica di quanto sta accadendo altrove. Palidoro, poi, dispone soltanto di una piccola stazione con due sottufficiali e 10 Carabinieri nella vicina Torrimpietra e di un distaccamento della Guardia di finanza.
Dopo l’annuncio dell’armistizio i Finanzieri, come da dispaccio del Comando Generale, provvedono a spostare nell’entroterra tutti i comandi situati lungo la costa, mentre i Carabinieri restano sul posto per provvedere al mantenimento dell’ordine pubblico.
Il maresciallo è assente perché chiamato a Roma per motivi di servizio e quindi il Comando della Stazione dei Carabinieri Reali è affidato al vice brigadiere Salvo D’acquisto: è un bel ragazzo dagli occhi azzurri, napoletano di 22 anni, che si è arruolato nell’Arma a 18 anni e che ha già combattuto per 20 mesi in Africa settentrionale.
D’Acquisto proveniva da una famiglia onesta e modesta. Aveva frequentato le elementari alla “Vanvitelli” del Vomero e poi aveva studiato dai Salesiani. Ottimo studente, i padri Salesiani gli avevano consigliato di proseguire gli studi, ma lui, per non pesare troppo sulla famiglia, aveva preferito entrare nell’Arma seguendo l’esempio di molti altri suoi familiari.
Come dicevamo, quella mattina il vice brigadiere è al suo posto quando arriva in paese un reparto di 200 militari delle SS, che occupano degli alloggi, mentre il loro comandante fa avvertire la popolazione che ogni gesto di ostilità contro i soldati germanici sarà punito con la morte. D’Acquisto non si preoccupa più di tanto perché sa che il paese è tranquillo e quindi non ci saranno problemi. Invece i problemi non tardano a sopraggiungere; infatti, durante un sopralluogo nella caserma dismessa della Regia Guardia di finanza si verifica una grossa esplosione provocata accidentalmente dal militare operante, che muore sul colpo, e due restano gravemente feriti. Per loro si tratta di un attentato.
Come precedentemente disposto sul brogliaccio del Comando Stazione Reali Carabinieri, D’Acquisto effettua una perlustrazione con un altro militare fino alle ore 4 del mattino di giovedì 23 settembre. Rientrato in caserma, si reca in camera a dormire. Mentre inizia a radersi la barba, intorno alle ore 9, dalla sua finestra vede arrivare le SS in pieno assetto di guerra ma, pur ignaro delle loro intenzioni, invita i colleghi presenti a fuggire dal retro del castello e a non farsi trovare.
Con grande calma, poi, scende come si trova, con pantaloni scuri e camicia bianca, saluta ma è il primo ad essere arrestato. In pochi minuti molti altri uomini del posto vengono catturati dai tedeschi che, per far comprendere bene le loro intenzioni, abbattono con una raffica di mitra lo spazzino del paese.
Al termine di questa operazione si contano 22 prigionieri che vengono caricati sopra un camion, sul quale viene fatto salire anche Salvo D’Acquisto. Il mezzo prosegue a grande velocità verso l’Arenaro e si ferma proprio nel piazzale davanti alla Torre di Palidoro dove tutti vengono fatti scendere e messi in fila. Forse hanno già capito la sorte che li attende. Infatti, subito il comandante tedesco del drappello ordina di distribuire delle vanghe e li minaccia rivolgendosi direttamente al carabiniere: «Se non si presenta il colpevole, tutti kaput!». E D’Acquisto, con grande calma e fermezza, ribatte: «Come vi ho già spiegato non si tratta di un attentato, nessuno è colpevole».
Intanto l’operazione di scavo va avanti, i prigionieri scavano e piangono, passano le ore e i tedeschi urlano ordini. Solo il giovane sottufficiale dei carabinieri Salvo D’Acquisto resta calmo e sereno. Ad un tratto getta la vanga, si dirige verso il comandante e gli parla per mezzo dell’interprete. I prigionieri dalla fossa capiscono che il loro vice brigadiere è ascoltato con meraviglia mista a irritazione ma il colloquio è rapidissimo. Uno dei più giovani, però, ode chiaramente D’Acquisto dichiarare: «Il colpevole sono soltanto io!». E mentre l’interprete traduce in tedesco, in pochi minuti, tutti i prigionieri vengono fatti uscire, ridendo e piangendo, risalendo a carponi dalla fossa. E loro ubbidiscono, si allontanano rivolgendo l’ultimo sguardo al loro salvatore che è rimasto solo, in piedi, al centro della fossa, in maniche di camicia. Pochi minuti e gli uomini liberati e in fuga odono il crepitio di una raffica, seguito dopo un breve intervallo da due colpi isolati.
Il comandante tedesco ha ora il nome del “reo confesso e giustiziato” da inserire nel suo rapporto ai superiori, ucciso da un plotone di esecuzione e addirittura due colpi alla nuca.
Al tramonto di quel giovedì 23 settembre del 1943, alle ore 17.30, il giovane napoletano offriva la vita guardando il suo mare e dimostrando al mondo intero come è capace di amare chi è stato educato, da sempre «all’amore a Dio e ai fratelli italiani».
Sì, perché «nessuno ha amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv. 15,13).
Anche per questo, molti giovani e numerosi fedeli di tutto il mondo pensano che il Servo di Dio Salvo D’Acquisto sia già santo, anche se è ancora in corso la Causa di Beatificazione.
Monsignor Gabriele Teti

 

 

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