Il mercato della carta stampata sta morendo per molteplici ragioni, tra le quali la colpevole latitanza delle istituzioni. Il settore è in enorme difficoltà, in Molise lo è più che altrove. Perché? Probabilmente per carenza culturale.
Primo Piano Molise “resiste” grazie alla lungimiranza, ovvero, ai sacrifici di Marciano, Sabrina e Mirella Ricci. Ma resta sempre più complicato trovare un’edicola aperta dove poter acquistare un quotidiano, un periodico, una rivista specializzata.
Non è questione di tifo o di campanile, è esclusivamente un fatto di civiltà. Chi potrebbe fare qualcosa anche solo per lenire la sofferenza di chi gestisce i punti vendita, che soprattutto nei piccoli centri svolgono una funzione sociale, ha dimostrato negli anni di non voler prendere in considerazione il problema.
Tra i numerosi record negativi, il Molise potrebbe segnare anche quello di essere la prima regione a restare senza giornali. Attualmente la distribuzione di quotidiani e altri prodotti editoriali avviene in 56 paesi. Quindi, in 80 comuni molisani non è possibile acquistare una copia del Corriere della Sera, Repubblica, Focus o Primo Piano Molise.
Tra gli 80 comuni sprovvisti di rivendite, ci sono quelli – tutti – su cui la Regione punta in termini di turismo.
Per intenderci: arriva a Campitello Matese lo sciatore romano, che quotidianamente legge la Gazzetta dello Sport, e scopre che la località montana è sprovvista di edicola.
Accade a Sepino-Altilia, a Pietrabbondante. Ma anche a Petacciato o a Carpinone, dove si registrano sempre più presenze per le ormai famose e fino a qualche anno fa sconosciute cascate.
Può sembrare una rivendicazione di parte, ma qui davvero non c’è nulla da difendere se non la dignità di chi nella vita ha deciso di raccontare i fatti per professione e di chi per anni ha animato il commercio e la cultura nel proprio paesino.
Eppure basterebbe davvero poco per tenere in vita qualche edicola. Potrebbe essere utile abilitare le stesse, come avvenuto in tanti posti soprattutto del Nord, all’erogazione di ulteriori servizi. Altrettanto utile sarebbe erogare un contributo minimo per favorire il trasporto dei prodotti editoriali, onde consentire all’operatore che distribuisce giornali e riviste di raggiungere posti dove oggi è antieconomico eseguire consegne.
Ma l’attività di sensibilizzazione si scontra sempre contro un muro alto e impenetrabile. Perché è difficile e forse anche scomodo per taluni ammettere che leggere fa bene, che l’informazione attinta da più fonti rende forti e soprattutto liberi.
«Ormai è tutto online», la risposta più frequente ai solleciti e alle rivendicazioni di chi invece crede nelle notizie diffuse – certamente anche online – dagli organi di informazione seri, quelli che sono iscritti al Tribunale, hanno un direttore responsabile (che risponde penalmente e insieme all’editore anche civilmente), una redazione dove giornalisti e grafici lavorano. Quelli che le notizie le diffondono accertandole con ogni mezzo possibile e attingendo solo a fonti primarie e qualificate, evitando il clamore se non suscitato dalla notizia stessa e avendo sempre il massimo rispetto sia dei lettori sia degli eventuali “colpevoli”. Quelli che scrivono per professione, così come il medico cura i pazienti o un avvocato difende i suoi assistiti. Senza alcun fine ulteriore a quello di essere considerati bravi giornalisti.
Fare sensazione è “arte semplice”, fare informazione non è da tutti. E certamente non è “mestiere” di chi, il più delle volte nascondendosi vigliaccamente dietro un nome di fantasia, avvelena i pozzi per il gusto di ottenere qualche inutile clic.
Saluto con la consueta deferenza, riportando il pensiero di Annalisa Fratianni, che non conosco personalmente ma ho avuto l’onore e la fortuna di essere amico di suo padre, il grande maestro Domenico. Un persona immensa che amava questa terra come solo gli artisti sanno fare.
«“Finestre sulle vite degli altri”.
Ho scattato questa foto l’ultimo giorno dell’anno. Per il cielo, per le luci e i colori, che inevitabilmente si caricavano di simboli e aspettative.
Per il senso di intimità e di calore che “la scena” suggeriva ai miei occhi.
Ieri ho letto che l’edicola storica del mio quartiere chiuderà: mi dispiace molto. È come se un altro pezzettino del mondo di fronte a me mi venisse strappato».
Per me e per i colleghi della redazione che indegnamente dirigo, ogni edicola che chiude è un colpo al cuore. È una ferita aperta che anziché guarire a ogni saracinesca che cala definitivamente sanguina sempre di più.
Quello delle edicole, di cui nessuno vuole occuparsi, è tra i segni più evidenti di una regione morta. Solo chi dalla stessa ottiene scandalosi privilegi e laute prebende si ostina a credere (e a far credere) che sia ancora viva e goda pure di buona salute.
Luca Colella

 

Foto Annalisa Fratianni

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