Egregio direttore, ho letto, con sofferenza, alcuni giorni fa, una lettera inviata da un lettore al quotidiano La Repubblica dopo una sua visita al sito di Altilia.
Con sofferenza perché Altilia è per me uno di quei personali “luoghi dell’anima” a cui pensi spesso, che non ti stufi di frequentare appena è possibile e che ogni volta che ci vai ti emoziona, semplicemente.
Sofferenza perché vorresti che le cose che ami non siano intaccate dal tempo e dall’incuria o dal vandalismo. Il lettore invece testimoniava di come un posto tanto bello e particolare fosse “abbandonato”, senza servizi, né custodia, né alcuna manutenzione e si chiedeva come ciò fosse possibile e tollerabile.
Pochi giorni dopo è arrivato il commento della Sovrintendenza, che, in estrema sintesi, metteva l’accento sull’impegno da sempre profuso per preservare il luogo, ma che carenze di organico e di fondi non permettevano di svolgere al meglio.
Devo subito dire che questa risposta mi ha provocato un fastidio profondo, un malessere legato certamente al fatto in sé ma non solo: mi risultava inaccettabile come giustificazione e ciò per una serie di motivi.
Prima di tutto perché implicitamente la responsabilità veniva “spostata” ad un livello diverso e ciò di fatto la dissolveva, la scioglieva nel gran solvente della diffusa opinione di una pubblica amministrazione che non funziona.
Poi perché mi è sembrato un assist alla prassi di assolvere tutti gli individui che compiono azioni riprovevoli, a fronte di innegabili carenze del gestore pubblico, per intenderci del tipo «non c’è il cassonetto e quindi butto la spazzatura sul ciglio della strada».
Infine il fastidio è aumentato perché ho riflettuto su quando, durante la mia esperienza di medico
ospedaliero, di fronte alle giuste lamentele di cittadini e di pazienti sui disservizi, sulle lungaggini, sulle carenze di assistenza, su un richiamo a formule burocratiche stupide dietro cui si nasconde l’ignoranza delle norme e delle prassi pur esistenti, ero propenso ad assolvermi perché sapevo di fare il possibile con le sempre più scarse risorse a disposizione e non prendevo nella giusta considerazione il fatto che le sofferenze ed i disagi rimanevano, inalterati.
Non è finita. Qualche giorno dopo girovagando in auto con mia moglie siamo capitati, percorrendo la provinciale per Busso, nella deviazione per la zona archeologica di monte Vairano: un parcheggio invaso dalle erbacce, vari edifici ristrutturati a spese della Comunità montana Molise centrale e che stando ai malmessi cartelli, avrebbero dovuto fungere da sala convegni, bar, ristorante, area di sosta, il tutto fornito di mega impianto di illuminazione. Tutto chiuso, vetri rotti, panchine divelte, recinti divelti, erba alta, rifiuti, sensazione di area non sicura.
Riflettevo a cosa avrebbe provato lì il viaggiatore che aveva scritto di Altilia. La buona notizia è che le Comunità montane sono in liquidazione, la cattiva è che lo sono dal 2012 grazie all’opera indefessa, ma ben pagata, di vari commissari liquidatori, succedutisi nel tempo.
Per questo e per Altilia io e forse molti lettori come me non abbiamo gli strumenti e le conoscenze per capire appieno se le responsabilità siano “locali” o di “sistema”, se in ogni caso siano stati fatti tutti gli sforzi e prese tutte le iniziative per rendere meno devastanti deficit generali.
Dico questo per rivolgere a lei e alle fonti di informazione un appello che non le nascondo è una sfida: provare a passare dal riportare accuse e smentite, che mi scusi ma mi sembra non molto complicato, alla fase che per semplificare chiamerei di «inchiesta giornalistica», molto più complessa lo riconosco, perché richiede l’analisi obiettiva di documenti, disposizioni, bilanci, delibere, gare d’appalto, incarichi, protocolli d’intesa, testimonianze.
Ecco, a questo proposito penso sempre più frequentemente che il Molise sia terra di protocolli d’intesa, la cui firma viene considerato non un punto di partenza per mettere in pratica quanto progettato e stipulato, ma un punto di arrivo e lì spesso ci si ferma.
Per finire credo di avere il diritto di pretendere che Altilia e Monte Vairano siano trattate per quello che sono: bellezza pura, patrimonio di un territorio. E che se in prima battuta gli enti preposti, per esempio la Sovrintendenza o la Comunità montana, dovessero essere, per vari motivi, inadempienti ci sia una istituzione che si assuma in ogni caso l’onere di preservarle e valorizzarle, con iniziative, collaborazioni anche con privati ed investimenti adeguati.
Non è forse la bellezza che ci salverà?
Regione Molise, se ci sei batti un colpo.
Cordiali saluti ed un augurio di buon lavoro.
Antimo Aiello

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