Ad un anno dal primo incontro, il procuratore Nicola d’Angelo è tornato nella sede dell’Ordine dei giornalisti. Occasione per tracciare il bilancio e chiedersi cosa altro si può fare per continuare con rinnovato vigore nell’opera di repressione del mercato degli stupefacenti.
Con il capo della Procura del capoluogo, il presidente dell’Ordine degli avvocati, che insieme a quello dei giornalisti, sta fattivamente collaborando al progetto “Molise 3S” (dove tre s sta per senza sostanze stupefacenti).
Oggi la consapevolezza dell’ampiezza del fenomeno è molto più radicata nell’opinione pubblica. Lo riconosce D’Angelo, che ai direttori delle testate giornalistiche confida di persone che lo fermano per strada e lo incoraggiano ad andare avanti con determinazione nella lotta ai venditori di morte.
Vanno però mossi e anche in fretta ulteriori passi in avanti per coinvolgere più soggetti e istituzioni. Il procuratore descrive il fenomeno come una grossa montagna da abbattere. Fino all’anno scorso muniti di pala e carriola ci lavoravano lui, i suoi sostituti e le forze dell’ordine. Alla squadra di spalatori si sono uniti gli avvocati, diverse scuole, i cronisti, la Confcommercio e la Confesercenti e molti altri volontari. Ma non basta. La montagna è enorme.
La polizia giudiziaria sta facendo tanto. Decine gli arresti nell’ultimo anno. C’è tuttavia la consapevolezza che il consumo di sostanze non diminuisce.
I numeri, assai approssimativi e arrotondati per difetto, sono spaventosi per due ragioni. La prima, perché rendono bene l’idea, in proporzione alla dimensione demografica, di quanto sia imponente il giro dello spaccio. E poi, perché un mercato così redditizio fa gola alla criminalità organizzata.
A Campobasso e nell’hinterland, gli inquirenti stimano che si consumino ogni mese circa sei chili di cocaina; sette di eroina e almeno altrettanti di hashish e marijuana. Il valore complessivo (mensile) si avvicina al milione di euro.
Cosa fare? Intanto, per quanto ci riguarda, continuare ad informare con puntualità, per aumentare la consapevolezza, in tutti, che la droga oltre ad uccidere devasta l’intero nucleo familiare di chi fa uso di stupefacenti.
Chiedere poi ad ognuno di fare di più. Per esempio alla politica, alla Regione in particolare, che è in possesso degli strumenti e delle risorse per contribuire fattivamente e non solo a parole. È l’ora dei fatti.
Luca Colella

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