A Campobasso appuntamento con il cinema di qualità: ogni giovedì, dal 14 marzo al 17 aprile, nell’auditorium del Palazzo Gil, in via Milano a Campobasso, la Fondazione Molise Cultura propone I am a camera, una rassegna cinematografica di sei pellicole, tra film di finzione e docufilm, dedicati alla figura del fotografo.
Un ulteriore tassello che si aggiunge al progetto della Fondazione e della Regione “Molise Flash“, in cui è incastonata la mostra fotografica Icons dedicata a Steve McCurry.
La selezione dei film, nata in seno alle associazioni Kiss Me Deadly e La Grande Illusione, racconta di fotoreporter e artisti visionari, di fotografi delle star cinematografiche e della moda e l’opera perturbante degli outsider, la fotografia glamour e gli scenari di guerra, dalla New York anni ‘50 alla Swinging London anni ‘60, fino all’Africa degli anni ‘90.
Nella selezione i ritratti di Nachtwey e Doisneau si avvicendano alla rilettura finzionale di personaggi reali (Diane Arbus, Dennis Stock, Greg Marinovich e Kevin Carter) fino al capolavoro del cinema d’essai Blow-Up, il film più premiato di Michelangelo Antonioni, che chiuderà le sei proiezioni.
Giovedì 14 marzo, I am a camera aprirà con “The bang bang club” di Steven Silver. Un film del 2011, tratto da una storia vera, ambientato nel Sudafrica del 1994. Quattro giovani fotografi d’assalto raccontano con i loro scatti i terribili mesi che precedono la fine dell’Apartheid. Due di loro vinsero il Pulitzer.
Orario Proiezioni: 18.30-21.00. Il costo del biglietto d’ingresso è di 5 euro, l’abbonamento è di 25 euro.

Il programma

14 marzo
The Bang Bang Club di Steven Silver
Bang Bang Club è l’ironica denominazione di un sodalizio di quattro fotoreporter, Greg Marinovich, Kevin Carter, Ken Oosterbroek e João Silva, che documentarono – vincendo 2 Premi Pulitzer – la fine dell’Apartheid e il duro conflitto tra l’African National Congress di Mandela e gli Zulu dell’Inthaka Freedom Party nel Sud Africa degli anni ‘90. Tratto dal libro di uno dei 3 superstiti, il film racconta in chiave spettacolare i rischi vissuti dai combat photographer, la sottile ambiguità del raccontare la scena senza intervenire, i dilemmi morali che ne derivano.

21 marzo
War photographer
Candidato al Premio Oscar come Miglior Documentario, il film di Christian Frei documenta il lavoro del fotografo di guerra americano James Nachtwey. Il regista, che ha seguito Nachtwey a Giacarta, Ramallah, New York, Amburgo e Sud Africa, ha montato la sua microcamera sopra il corpo della Canon del fotografo mostrando così gli eventi attraverso la sua prospettiva. Il progetto è capire come si costruisce un’immagine ed esplorare il rapporto i soggetti ritratti e l’autore degli scatti. Dagli anni ‘80 Nachtwey ha lavorato come freelance per Time Magazine, Black Star e per la Magnum. Nel 2001 ha fondato con altri colleghi l’Agenzia VII.

28 marzo
Life di Anton Corbijn
Membro dell’Agenzia Magnum, Dennis Stock ha raccontato l’America degli anni ’50 e ’60: le battaglie per i diritti civili dei neri, il jazz, la California degli hippies e dei raduni rock, i bikers, le proteste contro la guerra del Vietnam. Il film racconta il celebre servizio fotografico che nel 1955 Stock realizzò per la rivista Life su James Dean, ritratto all’alba nelle brumose strade newyorchesi, contributo fondamentale alla costruzione dell’icona e del mito dell’attore. L’olandese Anton Corbijn, a sua volta fotografo, coglie la natura ossessiva e vampiresca della relazione tra il fotoreporter e l’attore, destinato, dopo breve, a una tragica fine.

4 aprile
Robert Doisneau – La lente delle meraviglie
La fotografia Le Baiser de l’Hôtel de Ville, pubblicata nel 1950 su Life, diviene nel tempo l’icona glamour dell’istantanea rubata dal fotografo nelle strade parigine. Una causa giudiziaria rivelò, anni più tardi, che lo scatto era stato in realtà messo in scena ricorrendo a due attori debitamente retribuiti. L’incidente produsse un pregiudizio critico verso l’autore Robert Doisneau; questo documentario, ricco di fotografie inedite pescate dal suo immenso archivio, di home movies e di interviste – tra gli altri – a Daniel Pennac, Sabine Azéma, Jean-Claude Carrière, riscopre il lavoro del fotografo in una nuova prospettiva.

11 aprile
Fur – Un ritratto immaginario di Diane Arbus
Liberamente ispirato al libro di Patricia Bosworth Diane Arbus: una biografia, Fur costruisce un “ritratto immaginario” della celebre fotografa americana a partire dal nocciolo più intimo e perturbante della sua opera: l’incontro di fantasia con il misterioso vicino di casa Lionel Sweeney, affetto da ipertricosi, mette la casalinga e madre di famiglia Diane, sposata con un fotografo di moda, sulle tracce di un universo parallelo e oscuro che esplorerà con la sua macchina fotografica. Attratta dagli outsider, i freaks, i risvolti più grotteschi e dolorosi della vita, Arbus si è calata nel cuore oscuro e segreto del suo paese e dell’umanità diventando una figura di culto per i giovani fotografi iconoclasti. Muore suicida nel 1971.

17 aprile
Blow-up
Palma d’Oro al Festival di Cannes 1967, Blow-up è il manifesto della Swinging London e il più importante contributo teorico del cinema all’arte della fotografia. Ispirandosi al racconto di Julio Cortazar “Le bave del diavolo”, il regista ferrarese si cala nella più eccitante metropoli degli anni ‘60, crocevia di sperimentazioni sociali, politiche, artistiche, di costume, musicali. Pedinando un annoiato fotografo di moda, Antonioni fissa nel film un’epoca e uno stile ma soprattutto compone un enigmatico thriller estetico che indaga sulle immagini e sull’artista-detective alle prese con le trappole della realtà. Thomas, interpretato dall’icona David Hemmings, si ispira ai più giovani e scatenati fotografi della scena londinese del momento: David Bailey, Terence Donovan e Brian Duffy, ma durante le riprese del film collaborarono all’allestimento dei set fotografici e alla produzione delle foto di scena John Cowan, Don Mc Cullin e Arthur Evans. Versione restaurata a cura della Cineteca di Bologna, Istituto Luce-Cinecittà e Criterion con Warner Bros. e Park Circus su supervisione di Luca Bigazzi, tra i massimi direttori della fotografia del cinema italiano contemporaneo.

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