Che ruolo ebbe l’allora commissario di Polizia del commissariato di Monte Mario in Roma, l’agnonese Enrico Marinelli, in ordine al presunto depistaggio delle indagini sul caso Moro? Ricevette ordini dall’alto in tal senso? Magari dai Servizi o direttamente dal Ministero dell’Interno? Sono le domande legittime che chiunque si è posto guardando la puntata di Report dedicata al caso del sequestro e dell’omicidio del presidente Aldo Moro ad opera delle Brigate Rosse. Il programma di inchiesta della Rai, nella puntata andata in onda domenica sera, fa un’attenta ricostruzione della vicenda, tirando in ballo anche l’allora commissario di Polizia, l’agnonese Enrico Marinelli, divenuto poi prefetto e, al termine di una sfolgorante carriera, addirittura responsabile della sicurezza personale del Papa, quel Giovanni Paolo II divenuto in seguito suo amico, tanto che lo stesso Pontefice lo omaggiò di una visita ad Agnone. La puntata dal titolo “Il segreto delle Brigate Rosse”, di Paolo Mondani, in realtà non rivela nulla di nuovo, o quasi, rispetto a quanto già si sapeva sull’affaire Moro. Tra i tanti agnonesi che hanno commentato, anche pubblicamente, le vicende narrate nel corso dell’ultima puntata di Report, particolarmente calzanti le riflessioni di Sergio Sammartino, docente di filosofia e storia, pubblicista, commediografo e figlio del senatore Remo Sammartino, pezzo da novanta della Dc di allora, per decenni in parlamento e “padre” politico della autonomia regionale del Molise. Magari l’illustre genitore sapeva cose che i “comuni mortali” ignoravano e ignorano e le ha trasmesse al figlio.
«Meravigliosa puntata di Report sul rapimento di Moro, seguito dal suo assassinio – commenta il docente di storia nei licei – Cose che sapevo già e che mi curo di insegnare. Ma che troppi ignorano: falsa la versione ufficiale che vede quattro brigatisti soli ad agire; testimoni che videro altri soggetti, mai chiamati dai magistrati; capi della Ndrangheta pentiti che parlano di preavviso dei capi e che nessun inquirente ha mai ascoltato.
Un apparato militare perfetto, da espertissimi, mentre i quattro brigatisti, tutti poco esperti di armi, fecero inceppare quelle che avevano in mano; sullo sfondo i soliti uomini dei servizi segreti, italiani ed esteri; uomini della P2 che si configura sempre più come un’agenzia segreta di operazioni Nato; legami con contemporanee trame di Destra, anch’esse strumentalizzate e manovrate da forze più grandi di loro. Un ex Brigatista, carceriere di Moro durante il rapimento, parla di “coinvolgimenti della Dc nella strategia della tensione”. Il tutto teso ad affermare in modo autoritario – e, se necessario, sanguinoso – l’appartenenza dell’Italia all’asse atlantista». Che ci siano stati depistaggi e l’influenza pesante delle agenzie di intelligence di stati esteri lo si scrive e lo si legge da anni. Report ha forse il merito di dare ordine a questa vasta disponibilità, non sempre credibile, di verità addomesticate, testimonianze più o meno interessanti e falsità spacciate per cose accadute. La sensazione è che gli italiani non sapranno mai la verità. «Lo stesso copione delle stragi definite “fasciste” – chiude il professor Sammartino – Conclusione drammatica: quanti “Matteotti” ha sulla coscienza anche la cosiddetta Repubblica democratica?».

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