A 78 anni, Armando Falasca non ha perso né la grinta né la voglia di combattere. Medico chirurgo per quarant’anni nell’ospedale San Francesco Caracciolo, tre lauree – Medicina, Archeologia e, a breve, Antropologia – una passione mai sopita per la sua professione. E, dettaglio non da poco, cintura nera di judo. Una disciplina che insegna l’equilibrio, il controllo, la capacità di cadere e rialzarsi. Qualità indispensabili anche in corsia, dove la pressione è alta e servono riflessi pronti.
E così, dopo cinque anni di pensionamento, il dottor Falasca ha deciso di rimettere il camice e tornare a lottare in prima linea. «Il primo amore non si scorda mai», dice con un sorriso sotto i baffi.
È tra i 12 medici che hanno risposto all’appello disperato dell’Asrem, l’azienda sanitaria che sta tentando di tamponare l’emergenza di camici bianchi.
Gli ospedali italiani soffrono, ma quelli delle aree interne rischiano il collasso: pochi giovani professionisti sono disposti a lavorarci. «In tempo di ‘guerra’, intesa come cronica carenza di medici, ho sentito il bisogno di essere vicino alla mia gente – spiega a Primo Piano Molise – perché oggi, anche per una visita banale, bisogna spostarsi fino a Isernia, Campobasso o Vasto. E poi, diciamolo, non mi andava di dimenticare una professione per la quale mi sono speso per tutta la vita».
La prossima settimana, con molta probabilità, tornerà operativo al Pronto soccorso, coprendo due turni settimanali. Nessuna paura, nessuna esitazione. «Temere cosa? Ho esperienza, passione e, a dirla tutta, a casa cominciavo ad annoiarmi, nonostante gli studi per la mia terza laurea e la cura dei miei quattro ettari di terreno, tra olio, frutta e ortaggi bio».
Sul futuro della sanità molisana è chiaro: «Affinché questa riorganizzazione non sia solo fumo negli occhi, l’Asrem e la Regione devono capire che serve investire nel servizio pubblico, bandire concorsi, rendere attrattivi gli ospedali. Non si può continuare a favorire il privato a scapito del pubblico: il rischio è un vortice mortale da cui sarà impossibile uscire».
I contratti per i medici rientrati in servizio sono di sei mesi, con un compenso lordo di circa 80 euro all’ora. Una misura tampone, ma per quanto potrà reggere?
«Le dico una cosa: la nostra volontà di tornare in trincea non durerà in eterno. Se nell’arco di un anno, massimo un anno e mezzo, non arriveranno nuovi medici, per queste zone sarà la fine». E sull’indennizzo, tanto dibattuto? «Sinceramente è l’ultima cosa a cui ho pensato quando ho deciso di accettare. Di quei famosi 80 euro, la metà se ne va in tasse e assicurazioni».
La battaglia è aperta. E il dottor Falasca, da buon judoka, è pronto a restare in equilibrio, schivare i colpi e, soprattutto, a rialzarsi ogni volta che serve. Perché la medicina, proprio come il judo, è un’arte che non si dimentica mai.

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