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In un grande sacco di plastica blu c’è il lenzuolo bianco, quel lenzuolo che cinque anni fa è stato sventolato da centinaia di cittadini scesi in strada a difesa del diritto alla salute e dell’ospedale San Francesco Caracciolo. Con un gesto simbolico, ieri sera, durante l’assemblea pubblica organizzata dai comitati Articolo 32 e Il Cittadino c’è, Nunzia Zarlenga l’ha consegnato ai ragazzi delle scuole superiori di Agnone. Un passaggio di testimone, perché quella per la sanità è una battaglia che attraversa le generazioni e delinea i contorni del futuro del territorio alto molisano.

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Nel sacco blu il lenzuolo

 

All’appuntamento fissato dai comitati per fare il punto di quanto sta accadendo nella struttura hanno partecipato in tantissimi. La sala dell’oratorio del convento dei cappuccini di Agnone non li conteneva. L’argomento “sanità”, in una regione allo sfascio da questo punto di vista, è sentito come pochi. Stamattina, invece, intorno a mezzogiorno arriverà il presidente della Regione e commissario ad acta Paolo Frattura, accompagnato dai vertici Asrem. Ad accoglierlo si riuniranno studenti e cittadini in un sit-in pacifico  – tanti ieri gli inviti a partecipare, rimandando impegni e facendo sentire la propria presenza –  più forte di tante parole. Si vedrà di nuovo ad Agnone il lenzuolone bianco, simbolo di una terra che chiede diritti.

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L’incontro ieri pomeriggio ha visto la partecipazione di qualche amministratore locale, tra cui Maurizio Cacciavillani e Tonino Scampamorte, rappresentanti della Chiesa, e tra gli altri il consigliere regionale a 5 Stelle Antonio Federico. A prendere la parola per primo Franco Di Nucci, del comitato Art 32, che ha sottolineato come l’”ospedale di area disagiata” – questo è quanto si prevede per il Caracciolo  – ancora non è stato messo in opera, le strutture in Italia sono in fase di organizzazione e spesso ci sono problemi per le emergenze”. “Prima bisogna assicurare un’organizzazione alternativa e poi si può fare riordino” – ha precisato Di Nucci -. Noi stiamo lottando per ospedale di area disagiata, relativo ad aree di montagna”. Armando Sammartino ha fatto un excursus delle azioni giudiziarie intraprese a difesa dell’ospedale a partire dal 2011, ricordando che lo scorso anno è stato avviato un esposto denuncia alla Procura della Repubblica firmato dal sindaco Michele Carosella, amministratori e comitati. E poi le tante diffide ai vertici sanitari: l’ultima risale a gennaio di quest’anno. Senza dimenticare il ricorso al Tar, la cui udienza di merito è fissata a maggio 2015. “Siamo per una protesta civile ma dove le orecchie non arrivano bisogna alzare la voce”, ha concluso Sammartino, puntualizzando che ancora una volta è in atto uno smantellamento progressivo dell’ospedale. Enrica Sciullo, presidente de Il Cittadino c’è, ha ripercorso le ultime vicende che vedono la sospensione delle attività degli anestesisti, rivelando tutta la precarietà del sistema di emergenza-urgenza. “L’anestesista serve anche per i pazienti ricoverati in medicina – ha precisato –  fino a qualche giorno fa il trasporto pazienti critici era assicurato dall’ ambulanza con l’ anestesista a bordo.  Poi è arrivato un provvedimento che indica tale ruolo al 118, ma il giorno successivo è giunta un’altra comunicazione che dice che invece ad occuparsene deve essere la struttura,   a in che modo? Come per il pediatra ospedaliero l’ anestesista è fondamentale”. Don Francesco Martino ha ricordato che con pochi medici – 3 in medicina, 4 in chirurgia, 2 in radiologia, uno più 2 biologi al laboratorio analisi – si è riusciti a garantire il funzionamento dell’ospedale. “Molti errori derivano da scelte del passato quando non è stato potenziato il pronto soccorso  -ha detto – ma si è puntato sull’attività aggiuntiva pagata a pochi medici dell’ospedale. E’ stato così molto facile smontare questo sistema. A ciò si aggiunge che alcuni medici di base sono stati messi a lavorare al 118 senza la specializzazione necessaria”.

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Don Alberto Conti, rappresentante della Caritas e autore di un volume sul futuro del territorio in termini di servizi ed economia, ha incitato all’unione: “facciamoci tutti carico di questi problemi e smettiamo di stare alla finestra”. A seguire gli interventi di medici e cittadini, come il responsabile del pronto soccorso Armando Falasca che ha rivelato le difficoltà nello gestire i casi in emergenza. Pasquale Di Lullo che ha consigliato un esposto alla Corte dei conti, per accertare le responsabilità economiche di chi ha provocato e aggravato i debiti in regione. E il consigliere regionale Antonio Federico che ha elencato una serie di numeri: “La Regione dal 2007 è in piano di rientro. Il debito è di 420  milioni di euro e siamo l’unica regione che non riesce ad invertire il trend. 180 milioni sono stati usati dalle amministrazioni precedenti per altro, non versati dunque alla Asrem. I fornitori per i pagamenti devono attendere 700 giorni e siamo la regione con il maggior debito pro capite. Roma guarda i numeri ma la politica deve dare risposte. La struttura commissariale Frattura- Rosato è l’unica che può firmare i decreti, il consiglio regionale non può. Il 33 % di privato in Molise è troppo sopra lo standard nazionale. Il privato non deve sostituire il pubblico ma essere presente dove il pubblico non c’è la fa”.

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