C’è un pezzo di Molise nelle indagini sul ritrovamento delle ossa rinvenute nella dependance della Nunziatura apostolica di Città del Vaticano, in un primo momento accostate a Emanuela Orlandi, la ragazza 15enne scomparsa misteriosamente a Roma il 22 giugno del 1983. Infatti tra le prime persone convocate dalla polizia, dopo gli operai che hanno trovato le ossa mentre picconavano il pavimento di Villa Giorgina, c’è Anna Mascia, originaria di Chiauci.
La signora, sorella di don Antonio Mascia, missionario in Africa e in precedenza parroco a Civitanova del Sannio e Agnone, da quanto riporta ilmessaggero.it, è una donna molto devota, due figli, una condotta di vita irreprensibile.
Anna Mascia, che in Molise ha una sorella, ex dirigente scolastica a Trivento, ha vissuto con il marito Felice nella dependance della Nunziatura dal 2003 e lasciata poco tempo fa quando la signora è andata in pensione. A chiamarla per ricoprire l’incarico era stato il Nunzio dell’epoca, il cardinale Paolo Romeo, dopo che lo storico custode, conosciuto da tutti come Pino, aveva lasciato l’incarico alla Villa, dopo aver vissuto lì per tantissimi anni insieme con l’anziana madre. Ad Anna Mascia – da quanto riferisce il quotidiano online romano – la polizia ha chiesto proprio di Pino, se avessero mai notato qualcosa di strano e se, nel corso degli anni, qualcuno fosse entrato in quell’abitazione. E lei ha raccontato che nel 2003, quando si è recata con la famiglia a Villa Giorgina, la dependance destinatale come alloggio, era praticamente un tugurio.
Svolta nelle indagini. Sarebbero le ossa di una persona adulta, approssimativamente tra i 25 e i 35 anni di età, quelle ritrovate nei giorni scorsi sotto il pavimento della Nunziatura di Roma. È quanto riferisce all’Agi, Giovanni Arcudi, direttore di Medicina Legale all’università di Tor Vergata, nominato consulente dal Vaticano nell’ambito dell’indagine della procura capitolina che vuole fare luce sull’eventualità che si tratti dei resti di Emanuela Orlandi. «Ovviamente dobbiamo aspettare l’esito delle analisi di laboratorio – spiega Arcudi – ma la mia impressione sulla base di un primo esame è che si tratti di una persona di età relativamente avanzata, non giovanissima, diciamo trentenne». Questo si evince, spiega l’esperto, «da una serie di elementi relativi alla struttura ossea, il cui sviluppo in questo caso ci dice che questa persona molto probabilmente aveva più di 25 anni». Il che, ovviamente, farebbe cadere l’ipotesi Orlandi, che quando è scomparsa nel 1983 aveva appena 15 anni: «Io per la verità – confida Arcudi – non ho mai avuto la sensazione che si trattasse di lei».
Intanto nei giorni scorsi si è conclusa la prima fase dell’esame, con la pulizia approfondita dei resti e il prelievo degli elementi sufficienti agli esami di laboratorio: «Solo con gli esami potremo stabilire la datazione delle ossa, anche in base all’analisi del terriccio nel quale sono state interrate – conferma il perito – per questo dobbiamo aspettare i responsi del laboratorio genetico forense». Quanto al sesso, Arcudi non si sbilancia: «Onestamente da una prima analisi non posso dire che siano ossa di una donna, non possiamo stabilire con certezza il sesso senza l’esame del Dna».

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