Comunità sotto shock a Ururi per il dramma del 60enne carrista dei Giovani, Vincenzo Campofredano, la cui morte cerebrale è stata accertata ieri, dalle 11.30, con la commissione medica nominata dal direttore sanitario dell’ospedale San Timoteo, dove era ricoverato in Rianimazione, per le conseguenze del doppio arresto cardiaco avvenuto nel giorno della Carrese, che alle 17.30 ne ha sancito il decesso. Da quando si è diffusa la notizia della morte cerebrale, numerosi sono stati gli attestati giunti per Cepperino o Cep, com’era conosciuto. Nel corso della notte, inoltre, al lavoro i medici per il prelievo degli organi, dopo il consenso dato dai familiari. La professoressa Iana Puleggi l’ha ricordato così: «La scomparsa del mitico Cep, una morte epica. Grande amarezza e sgomento nella comunità di Ururi, colpita dalla scomparsa di Vincenzo Campofredano (“Cepperino”), storico carrista, nel corso della recente tradizionale corsa dei carri. Qualcuno ha subito detto: “Si è spezzato il cuore della carrese”. Per la verità si è spezzato il cuore di un popolo intero, annichilito e incredulo di fronte a questa morte così improvvisa e assurda. Vincenzo era un uomo semplice e mite, disponibile, generoso, protettivo nei confronti di tutti, pronto ad aiutare chiunque nel momento del bisogno, come molti di noi possono testimoniare; un marito, un padre, un nonno amorevole, dedito alla famiglia e al lavoro. Ma c’era qualcosa che lo rendeva speciale, che lo faceva diventare grande, un gigante che si ergeva al di sopra di tutti, ed era la sua passione per la corsa dei carri, fatta di impegno, sacrificio e fede autentica. Lì l’uomo mostrava doti non comuni: intelligenza tattica, coraggio, la capacità di assumere il pieno controllo di una gara che, sappiamo bene, nel concitato crescendo dei pochi minuti in cui si svolge, si presenta sempre imprevedibile, piena delle variabili che l’emotività degli uomini e l ’istinto degli animali possono procurare; l’impeto, lo slancio, la tempestività, l’energia con cui si gettava nella mischia, tutt’uno col suo cavallo (Alessandro col suo Bucefalo), e gestiva ogni circostanza, andavano oltre ogni strategia e pianificazione, e facevano di lui un vero condottiero, il capitano che portava alla vittoria, un faro e un punto di riferimento ineguagliabile per i suoi compagni. Ognuno di noi si sente oggi un po’ impoverito, privato di un simbolo, una figura storica indelebile e universalmente riconosciuta, significativa per la vita di una tradizione che ci rappresenta tutti e che ci unisce, al di là di ogni inutile faziosità. Questo tre di maggio Vincenzo ha fatto la sua ultima cavalcata, cadendo come un eroe sul campo di battaglia e tutti ci sentiamo uniti dal dolore per questa perdita che sentiamo ingiusta e ci sembra inaccettabile. Vincenzo continuerà a cavalcare nel cielo e nei nostri ricordi, perché gli eroi non muoiono mai».
Dal Governatore del Molise, Francesco Roberti: «Profonda tristezza per la scomparsa di Vincenzo Campofredano, un dolore che oggi colpisce tutta la comunità di Ururi e tutti coloro che sono legati alla tradizione delle Carresi. La notizia della sua scomparsa ha spezzato il cuore di chi in questi giorni aveva sperato in un suo pronto recupero. Vincenzo se n’è andato nel luogo e nel contesto che più amava: la Carrese, simbolo identitario di Ururi, a cui ha sempre preso parte con passione e orgoglio, in sella tra i Giovani, il suo gruppo, la sua gente, con un attaccamento alla tradizione della terra natìa, caratteristica tipica delle nostre comunità. La Regione Molise si stringe attorno alla sua famiglia, agli amici, ai compagni di corsa e all’intera comunità di Ururi». Vincenzo Campofredano lascia un grande vuoto nella sua comunità, e a lui è stato dedicato un ricordo commosso dalla sindaca di Ururi, Laura Greco. La prima cittadina ha voluto ricordarlo con parole toccanti. «Te ne sei andato nel giorno che tanto hai amato, sul tuo cavallo, indossando i tuoi colori, onorando il Santissimo Legno della Croce che ti eri fatto tatuare sul cuore. Proprio così, sul cuore. Ciao capitano, ciao Cep, ciao Vincé». Quindi, il fondatore dell’Unione Carresi, Pasquale Di Bello: «Vincenzo io non lo conoscevo, o meglio: non lo conoscevo fino al 2019, l’anno che ci siamo rialzati con le Carresi. Nel 2018 i blindati di Polizia e Carabinieri avevano fermato le corse, pareva la fine e invece ci siamo rialzati. Vincenzo è stato sempre presente, parte di quella stagione di riscatto. Nel 2019 i Carri hanno ripreso la Corsa e quel giorno, il giorno di Ururi, il 3 maggio di quell’anno, mi feci tutta la strada a piedi con lui sino alla partenza. Vincè, gli dissi, ma come fa a correre questo bue tutto pelle e ossa? Questo bue è un campione che ha vinto mille battaglie, mi rispose. Quel bue si chiamava Mourito e non sembrava nemmeno un bue, sembrava uno gnu, tutto pelle e ossa ma con muscoli d’acciaio. Ho rivisto Vincenzo l’ultima volta il 30 aprile alla Carrese di San Martino. Era al cambio insieme ad altri compagni del Carro dei Giovani. Gli ho gridato: Viva Mourito! Lui, tutti, si sono messi a ridere e ci siamo salutati. Adesso Vincenzo se n’è andato, verrebbe da dire “morto sul campo”. La vita ha iniziato a lasciarlo il 3 maggio, giorno della Carrese di Ururi, durante quella che resterà la sua ultima corsa. A Dio, Vincenzo, e viva Mourito! Dove stai ora la Corsa non finisce mai».

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