Al termine del processo tenutosi un mese fa in Lussemburgo, la signora Antonietta Aiello, madre di Sonia Di Pinto, aveva dichiarato di non essere soddisfatta della richiesta della Pubblica accusa, che aveva scagionato uno dei tre soggetti arrestati dopo la rapina sfociata nell’omicidio della figlia, chiedendo 30 anni di reclusione per i principali indiziati dell’efferato delitto, commesso nella notte di Pasqua del 2022.
Ieri è arrivata la sentenza della Corte del Granducato e, se possibile, ha generato ulteriore indignazione: la pena è stata confermata a 30 anni, ma con cinque anni di sospensione condizionale, che di fatto la ridurrebbe a 25. Una decisione che, per alcuni, grida vendetta.
Non si fermerà di certo mamma Antonietta, perché il dolore è troppo forte – soprattutto dopo aver perso, pochi mesi fa, anche l’adorato marito. Così la donna: «La sentenza non la accetto. Ora ho bisogno di silenzio e di un po’ di tempo per riflettere, non me la sento di parlare. Quando me la sentirò, deciderò come andare avanti. Di certo non mi fermo».
Oggi Antonietta rientra a Petacciato e inizierà a preparare le mosse per appellarsi alla decisione della magistratura lussemburghese, soprattutto per l’assoluzione del terzo indagato.
Dopo tre anni di attesa, dolore e battaglie legali, è arrivata dunque la sentenza che chiude uno dei casi più sconvolgenti per la comunità italiana in Lussemburgo. La Corte Penale del Granducato ha condannato a 30 anni di reclusione, con 5 anni sospesi, Lamine M. e Abdou S., ritenuti colpevoli dell’omicidio di Sonia Di Pinto, 46 anni, originaria di Petacciato, brutalmente uccisa nella notte di Pasqua del 2022 all’interno del ristorante Vapiano di Kirchberg, dove lavorava.
Secondo la ricostruzione processuale, i due imputati avevano pianificato una rapina approfittando della conoscenza interna di Lamine, dipendente del locale sotto falsa identità. L’obiettivo era la cassaforte del ristorante, ma non avevano previsto la presenza di Sonia, che si trovava nel seminterrato per chiudere i conti della giornata. Quando l’hanno sorpresa, la situazione è degenerata in un atto di violenza inaudita: Sonia è stata colpita almeno otto volte con una pinza e poi strangolata fino alla morte.
I due sono fuggiti con 3.000 euro in contanti e 17 buoni pasto, per poi trascorrere la serata in una discoteca. Il corpo di Sonia è stato ritrovato poche ore dopo da una collega.
Le indagini, supportate da immagini di videosorveglianza e testimonianze, hanno portato rapidamente all’arresto dei due aggressori, che hanno confessato. Un terzo uomo, Edu M., collega della vittima, era stato inizialmente sospettato di complicità per aver aperto la porta ai due, ma è stato assolto per insufficienza di prove.
Durante il processo, il pubblico ministero ha parlato di un «omicidio volontario con l’intenzione di causare la morte», sottolineando che la tragedia era evitabile e che i due imputati avevano agito con la volontà di non lasciare testimoni.
La madre di Sonia, Antonietta Aiello, ha seguito ogni fase del processo, anche se non era presente in aula al momento della sentenza. Informata dal suo legale, ha commentato con amarezza: «Mi aspettavo l’ergastolo. Mia figlia è stata ammazzata, non c’è nulla che possa riparare a questo dolore».
Per onorare la memoria di Sonia, la comunità italiana in Lussemburgo ha inaugurato una panchina rossa presso l’Ambasciata italiana: un simbolo contro la violenza sulle donne e un tributo a una vita spezzata ingiustamente.
Ora ci sono 40 giorni di tempo per presentare ricorso.

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