Un grido che unisce due regioni e tante comunità accomunate dalla stessa, drammatica preoccupazione: la Statale 650 “Trignina” continua a essere una strada ad alto rischio, teatro di incidenti e di troppe vite spezzate. Ieri mattina, nel piazzale della stazione di servizio Ip “Il Girasole” a Dogliola, sindaci, amministratori, cittadini e rappresentanti istituzionali di Abruzzo e Molise si sono ritrovati per chiedere con forza il potenziamento e la messa in sicurezza dell’arteria che collega San Salvo a San Vittore, asse strategico per la mobilità e lo sviluppo dell’Italia centrale.
A sostenere la mobilitazione è sceso in campo anche Antonio Di Pietro, ex magistrato e già ministro delle Infrastrutture, oggi residente a Montenero di Bisaccia, che ha preso la parola con la consueta schiettezza, richiamando la politica nazionale alle proprie responsabilità. Presenti tra gli altri la sindaca di Montenero di Bisaccia Simona Contucci, l’assessore regionale abruzzese Tiziana Magnacca, e diversi rappresentanti istituzionali dei due territori.
«Vent’anni fa avevamo già stanziato i fondi. Si sono persi per colpa dei governi che cambiano tutto», incalza Di Pietro, che ha parlato senza mezzi termini, ricordando che il tema non è nuovo, ma antico quanto la sua stessa esperienza di governo.
«La Trignina – ha esordito Di Pietro – ha due esigenze fondamentali: una d’emergenza, cioè la sicurezza immediata, e una strutturale, che è la realizzazione di una doppia corsia di tipo autostradale. Non è una novità: da ministro, la prima cosa che feci fu stanziare 200 milioni di euro per progettare e realizzare il collegamento da San Vittore a San Salvo, unendo l’autostrada A1 con l’A14 e collegando i porti di Bari e Pescara con l’interporto Sud Europa di Marcianise. Un progetto pensato per connettere l’Oriente e l’Occidente del Paese, creando sviluppo, economia, stabilimenti e lavoro. Oggi, invece, stiamo ancora parlando di fattibilità, come se fossimo all’anno zero».
L’amarezza di Di Pietro si è fatta rabbia nel denunciare lo stallo di vent’anni e il continuo rimpallo di responsabilità tra governi e istituzioni.
«Non è colpa dei sindaci che qui ci mettono l’anima – ha precisato – ma dei governi centrali che non hanno imposto all’ANAS di realizzare un’opera fondamentale per l’Italia intera. Oggi parliamo ancora di studi e di carte quando i soldi li avevamo già messi, e se li sono pure fregati. Il vero male è che ogni volta che cambia il colore politico del governo, si cancella ciò che ha fatto quello precedente. Così facendo non si colpisce l’avversario, ma il Paese».
Poi il monito più forte: «Sulla Trignina si muore, e non possiamo più accettarlo. Il diritto vale solo se c’è la forza, e la forza nasce dall’unione. Se non ci uniamo dal basso, se non facciamo sentire la nostra voce, non ci ascolterà nessuno». Nel suo intervento, Di Pietro ha toccato anche un tema identitario e politico: la frammentazione tra Molise e Abruzzo.
«Ma vi rendete conto – ha chiesto alla folla – che senso ha mantenere questa divisione artificiale? Più piccoli siamo, meno contiamo. Per farci ascoltare da Roma o da Bruxelles dobbiamo essere forti, e la forza sta nei numeri. Oggi invece campiamo di campanilismi, con due governi regionali, due burocrazie, due strutture doppie. Così facendo, quando si decide il futuro delle infrastrutture, valiamo come il due di briscola a coppe quando si gioca a bastoni». Parole dure, ma accompagnate dall’invito alla mobilitazione pacifica e popolare: «Oggi siamo qui per dire basta alle promesse e alle chiacchiere. Non bastano i tavoli tecnici: serve la pressione del basso, dei cittadini, dei territori. Solo così riusciremo a far capire che la Trignina non è una strada di serie B, ma una via di collegamento essenziale per tutto il Centro-Sud». Più istituzionale ma non meno ferma la posizione della sindaca di Montenero di Bisaccia, Simona Contucci, che ha parlato di risultati concreti e del lavoro già avviato tra le due regioni.
«Dobbiamo riconoscere – ha spiegato – che negli ultimi mesi si sono mossi diversi passi in avanti. La questione Trignina non può essere un tema di parte, ma una priorità condivisa, che riguarda la politica tutta, dal governo nazionale ai comuni, dai governi regionali ai cittadini». Contucci ha ringraziato i rappresentanti istituzionali impegnati sul dossier – tra cui gli assessori regionali Tiziana Magnacca, Quintino Pallante, Marone e Di Lucente, oltre ai presidenti di Molise e Abruzzo – evidenziando che “la trasversalità” su un tema come questo è un valore aggiunto.
«L’importante – ha aggiunto – è che si mantenga la pressione sul governo centrale, perché solo così potremo arrivare alla programmazione 2026, che individuerà le risorse necessarie per gli interventi strutturali. Intanto partirà una progettazione mirata all’alleggerimento del tratto tra San Salvo e Trivento, il più critico per traffico e incidentalità». La sindaca ha ricordato i dati allarmanti che impongono interventi urgenti: «Nel 2023, in soli quattro mesi, si sono registrati quattro incidenti mortali, oltre a numerosi sinistri con feriti. È un dato che deve far riflettere e spingerci a intervenire subito». Per questo, è stato avviato un monitoraggio della velocità lungo i tratti più pericolosi, in vista dell’installazione di autovelox selettivi. «Non è sempre vero che i sindaci usano gli autovelox per fare cassa – ha precisato Contucci –. In questa fase servono come strumento di prevenzione, per salvare vite. Le rilevazioni già condotte a San Salvo mostrano che oltre il 60% degli automobilisti supera i limiti: un dato preoccupante che conferma l’urgenza di agire». La manifestazione di Dogliola ha voluto essere non solo un momento di protesta, ma un segnale di unità tra due regioni spesso dimenticate dalle grandi strategie infrastrutturali nazionali. La Statale 650 non è soltanto una strada, ma una linea di vita economica e sociale che collega aree interne, zone industriali, poli portuali e turistici. Le parole di Di Pietro e Contucci hanno sintetizzato due prospettive complementari: da un lato l’indignazione per il tempo perduto, dall’altro la volontà di costruire una cooperazione istituzionale stabile e concreta. Tutti, però, hanno condiviso lo stesso obiettivo: fare in modo che la Trignina smetta di essere una strada pericolosa e diventi finalmente un’infrastruttura moderna, sicura e all’altezza delle esigenze del territorio.
«Non vogliamo più piangere altri morti – ha concluso Contucci –. Questa battaglia la dobbiamo combattere insieme, senza bandiere. Perché la sicurezza non ha colore politico».

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