Alla Congregazione per la dottrina della fede e alla segreteria di Stato vaticana hanno letto la lettera che lo scorso 25 marzo Giada Vitale, la ragazza che ha subito le attenzioni sessuali del sacerdote don Marino Genova e per cui è in corso il processo di appello dopo la sua condanna in primo grado comminata dal tribunale di Larino, ha indirizzato a Papa Francesco. «Mi hanno detto che l’hanno letta, però non mi risponderanno. E’ stato avvisato il vescovo di Termoli-Larino, che provvederà a informarmi. Ma informarmi di cosa? Io ho chiesto dei provvedimenti. La lettera l’ho indirizzata al Santo Padre, alla congregazione a segreteria di Stato. Ecco la lettera indirizzata al Pontefice.
«A Sua Santità, Papa Francesco,
Non vorrei importunarLa, non vorrei rubarLe del tempo che forse è più importante di quello che Le sto chiedendo per leggere la mia missiva che fa seguito e si riferisce a quella scrittaLe nel 2013.
Mi vedo costretta, mio malgrado, a farLe arrivare “il mio grido di dolore” che si leva da un calvario durato sei anni dalla denuncia alla Magistratura relativa alla violenza da me subita per opera del parroco don Marino Genova, parroco di Portocannone in provincia di Campobasso.
A tutt’oggi io non ho avuto Giustizia e dopo sei anni sono ancora sulla strada come nel primo avvio.
Comincio per ordine: in primis la Chiesa che non ha mosso un dito: Marino Genova, per essere precisa, continua ad essere protetto come in una “torre eburnea”. Per quel che si sa è ospite di un monastero dove continua a dire messa, ad avere dei compiti che lo qualificano uomo di chiesa di grande esperienze culturali ed ecclesiali in un clima di omertà e di protezionismo da parte di chi lo ospita e di tutta la Chiesa che continua a proteggerlo in un atteggiamento di difesa che arriva a spostare il ruolo da carnefice a vittima, nonostante ci sia in sede di udienza in tribunale e sia in una dichiarazione di colpevolezza da reo confesso fatta in un sms inviato alla persona con cui in primis mi sono confidata e che riporto nella veridicità del suo dire: Ciao Xxxxxx, quello che ho fatto è imperdonabile la colpa è solo mia e non ci sono scusanti perché lei è minorenne e poi perché io sono un sacerdote.
Vi chiedo perdono, perché ho fatto del male a lei, che invece di proteggere e aiutare a crescere l’ho rovinata, e ho fatto del male a te perché ho sconvolto la tua vita ma soprattutto la tua anima e il tuo spirito.
Ma una cosa è certo, stavo male ogni volta che stavamo insieme perché mi rendevo conto di tutto ciò e dell’incoerenza nella mia vita e pregavo per lei perché potesse incontrare un bravo giovane e per me chiedevo al Signore e alla Mamma celeste la forza di superare questa situazione e imploravo ogni giorno la sua misericordia .
Da quando il Signore mi ha dato la grazia di essere più forte e non cedere alla tentazione ho continuato a pregare invocando il suo perdono per noi due.
Ed ora chiedo perdono a te per il male che ti ho fatto.
Come posso mancarti di rispetto se ti ritengo una persona eccezionale e che il Signore ti ha scelto per aiutare la ragazza in questo momento difficile e far prendere ancora coscienza a me del male che io ho fatto? ti sono e ti sarò sempre grato per aver trovato la forza di parlarmi e per la preghiera che hai fatto in questo tempo per me.
Ti benedico e prego per te. Pregavo gli mettesse accanto un bravo giovane , ma il Signore gli ha messo vicino una persona saggia, piena di fede e timorata di Dio per aiutarla, per guidarla e sostenerla. Grazie Signore. Prego il Signore perché illumini il tuo Cuore e la tua mente e metta sulle tue labbra parole giuste .
Grazie”.
Nel mio modo di sentirmi offesa e abbandonata da tutti coloro che mi si dovevano fare intorno come parte lesa, Le voglio aprire il cuore come Padre di tutta la Chiesa al quale spesso non arrivano le grida di dolore degli offesi. Io sono tra questi.
Oltre alla Chiesa sono stata offesa e vilipesa anche dalla Giustizia rappresentata da qualche magistrato che per incuria, superficialità, favoreggiamento o volontà di cambiare il corso normale di procedura dell’atto giustiziale, durante la fase delle indagini ha diviso il fascicolo processuale in due tronconi: uno relativo agli abusi sessuali avvenuti fino al compimento dei 14 anni e di cui è in corso il secondo grado del processo, l’altro relativo dai 14 anni ai 17 il quale è stato archiviato, giustificando che non erano più abusi ma consenso da parte della vittima. Si è arrivati al paradosso di considerarmi l’unica colpevole da non prendere in considerazione, anche perché don Marino non poteva tenere in considerazione la mia fragilità, il mio essere diventata uno strumento nelle sue mani di uomo di 55 anni che si misurava con un adolescente, per cui i miei stati d’animo non erano importanti perché lui, parole del Gip: “non era uno psicologo, non poteva somministrare il Minnesota o altri test per cui non poteva riconoscere uno stato di deficienza psichica della Vitale”.
Acme della follia giudiziaria… o per meglio dire di alcuni giudici che credo abbiano smarrito la coscienza e il senso dell’etica del loro lavoro. E allora mi viene da chiedere e me lo deve concedere, Sua Santità, nella grandezza santa del Suo Ministero: “come faccio a coniugare certe belle frasi anche da Lei dette e che per me sono state come rugiada, come una pianta essiccata della sua linfa da anni di siccità, con ciò che lei, nella Sua saggezza, ha dichiarato durante il summit sulla pedofilia: “accompagnare, proteggere e curare le vittime degli abusi, offrendo loro tutto il necessario sostegno per una completa guarigione?”.
Come faccio a guarire se la Chiesa non mi ha sostenuta, difesa e gli uomini di giustizia non mi rendono Giustizia? A tal punto devo chiarire e precisare che dai miei 13 ai 14 anni, Marino Genova è stato condannato in primo grado a sei anni di reclusione e interdetto in perpetuo da qualsiasi ufficio attinente la tutela, alla curatela e alla amministrazione di sostegno; interdetto in perpetuo dai pubblici uffici; interdetto in perpetuo da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori.
C’è stato un ricorso in appello da parte dell’imputato il quale pur di avere ragione, si è fatto rappresentare da un avvocato di grande fama e continuo a domandarmi come un povero parroco di campagna senza lasciti di famiglia si possa permettere di essere rappresentato dal più che famoso Carlo Taormina.
Marino Genova, quindi, né si è consegnato alla Giustizia né si è preparato alla Giustizia divina perché immortalato in situazioni di vita godereccia, vacanze, eccetera… tutto spesato e allo “scrocco” (Santità, mi conceda lo sfogo).
Ed io umiliata, avvilita, cerco ogni giorno, ogni attimo di agganciarmi alla vita. Quella vita distrutta che mi ha fatto saltare tante tappe: la più importante la mia adolescenza di cui mi ha rubato il sogno e tutto il bello che poteva essere e non è stato per incoraggiarmi sulla via della vita.
Santità, le ho aperto il cuore ma non so formulare richieste pur sapendo che non è solo uno sfogo ma che forse qualcosa, qualche piccolo segnale di comprensione e di vicinanza me lo aspetto da Lei, insieme a qualche segno di Giustizia in Suo potere che mi possa riappacificare con me stessa, con gli altri e con la vita.
E aspetto».

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.