È iniziata nelle scorse settimane, su queste pagine, l’analisi condotta dall’ex vicesindaco di Bojano nonché ex dirigente Asrem, il dottor Antonio Romano, a proposito dei punti di forza e debolezza del territorio matesino, e oggi l’approfondimento prosegue spostando il focus su un fattore di criticità molto serio di cui Bojano e i centri del Matese non sono affatto esenti: il crollo demografico. Di spopolamento in Molise si parla da anni, ma ad oggi le politiche di contrasto al fenomeno si sono rivelate insufficienti, se non del tutto inadeguate, tanto da non riuscire in alcun modo a frenare quello che apparentemente sembra un destino inesorabile per l’intera regione. È importante quindi prendere ad esame il concetto da più punti di vista, e Romano lo fa partendo da un reportage di recente pubblicazione del New York Times dal titolo “L’Italia è destinata a scomparire?”.
Siamo davvero destinati a questo?
«Il reportage del New York Times ha allarmato l’opinione pubblica su un tema che da tempo preoccupa demografi, sociologi ed economisti – dice -. Perché è evidente, ormai ci troviamo di fronte ad un vero e proprio disastro demografico. Tutto l’Occidente è bloccato da un trend demografico molto negativo che in Italia raggiunge un’espressione molto seria. La bassa natalità e l’incremento degli anziani stanno trasformando la nazione in un Paese che invecchia. Basta pensare che nel 1861 gli anziani rappresentavano il 4,2% dei residenti, pari a 26 milioni. Oggi sono il 23,8% del totale. Inutile dire che con questo andamento si rischia di determinare un salasso finanziario in quanto il sistema economico non riuscirà a sostenere le spesa previdenziale, sanitaria e sociale – prosegue -. Vero è che si è allungata la durata della vita ed è migliorata la qualità della stessa. Oggi si vive in media 20 anni in più e l’Italia detiene il primato dell’aspettativa di vita. Il quadro demografico nazionale si ripete però, con cifre ancora più allarmanti, nella nostra realtà. Nel 1861 il Molise contava 355mila abita residenti. Nel 1951 si raggiunge la punta massima con 407mila residenti. Oggi se ne contano 290mila, con tendenza a un severo peggioramento».
Cosa ci dicono invece i dati relativi all’area matesina?
«Leggiamo le tabelle e i grafici forniti dall’Istat. Iniziamo con l’osservazione del trend della nostra città. Poi analizzeremo il comprensorio. Bojano nel 1861 contava 4764 residenti, nel 1901 erano 6498. Nel 1936 ascendevano a 7235. I censimenti successivi Istat espongono le seguenti cifre: 7096 nel 1961; 6928 nel 1971 (punta minima); 7260 nel 1981; 8420 (valore massimo) nel 1991; 8308 nel 2001; 7950 nel 2011; 7502 nel 2021; 7387 nel 2022 tornando quasi al valore del 1936. Nell’ultimo quinquennio si è verificato insomma il calo più serio, con una perdita di circa 800 unità. Nell’ultimo decennio le morti hanno superato le nascite (saldo naturale) mentre coloro che hanno trasferito la residenza verso altri paesi, anche esteri, sono stati in maggior numero rispetto a coloro che si sono iscritti (saldo migratorio). La somma di queste due dinamiche, entrambe negative, ha causato il crollo demografico iniziato a partire dal 2017 – spiega Antonio Romano -. Decenni addietro la rappresentazione grafica della popolazione residente esprimeva la forma di una piramide; oggi è simile a un pentagono irregolare e panciuto. Il calo delle nascite ha determinato quindi il restringimento della base l’ingrossamento delle classi di età intermedie e alte. Anche Bojano, insomma, è un paese che non solo perde gente ma che invecchia, con un tasso di over 65 del 26%, superiore alla media nazionale. Tante sono le conseguenze di questo sfavorevole andamento. Meno nascite equivale a meno alunni e studenti con riduzioni di classi e chiusura di scuole. Più anziani significa più necessità di servizi e assistenza. E questi sono solo alcuni aspetti cruciali, ma il tema merita un serio approfondimento mentre stimola la necessità, l’urgenza di approntare serie di politiche di contrasto, a tutti i livelli. Sono tante, infatti, le realtà che provano, con iniziative innovative, a trasformare il problema in opportunità. Da questo punto di vista, sarà importante nel breve e medio periodo, emulare le best practices».

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