“Scampia è casa mia, non ne posso più”. È la frase che una mamma bojanese ormai disperata ha scritto su un cartello che ha attaccato ad un albero del giardinetto del monumento ai caduti accanto al quale si è incatenata ad una panchina. Ieri mattina intorno alle 11 la signora Addolorata Rinaldi, separata, ha trovato così il coraggio di denunciare pubblicamente il dramma che sta vivendo in famiglia con un figlio tossicodipendente. “Ho un figlio di 22 anni, disoccupato, che si droga – ha raccontato con gli occhi gonfi di lacrime, distrutta dal dolore -, mi hanno lasciata sola con questo fardello, le istituzioni non fanno niente, non c’è nessuno che mi dà una mano, non posso neanche cacciarlo di casa, mi minaccia, riempie di botte anche la ragazza con cui convive, è di una violenza inaudita, in casa ha sfasciato mobili e porte. Stanotte mi sono ritrovata un rumeno nel bagno di casa, una casa diventata un via vai di drogati. Più volte ho chiamato i carabinieri per far vedere loro gli involucri dove nascondeva sostanze stupefacenti, purtroppo non c’è stato nulla da fare, la situazione peggiora sempre di più, ho la netta sensazione che le istituzioni per intervenire aspettino che succeda prima l’irreparabile. Sono disperata, non c’è la faccio più a sopportare questo inferno, a vederlo che si distruggere giorno per giorno con quelle schifezze che assume e che gli divorano il cervello. Non so più a chi rivolgermi per avere un aiuto non solo per me, ma soprattutto per salvarlo, in fondo è pur sempre mio figlio”. È la triste vicenda di una donna che, stanca di vivere da sola tra le mura di casa l’atroce dramma, ha avuto la forza di portare in piazza la propria storia di madre e la sua continua sofferenza nel vedere il proprio figlio in balìa della droga e che chiede un aiuto per uscire dal tunnel in cui è precipitata. È l’appello disperato di una madre che per porre fine al proprio dolore si è augurata anche di morire al più presto, “così – ha detto – almeno non soffrirò più”.

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