Promesse, contratti, acconti. Tutto sembrava pronto per cominciare una nuova vita. In Molise, come in molte altre regioni, tante famiglie affidano i risparmi di una vita a imprese che promettono ristrutturazioni rapide e senza intoppi. Così ha fatto una madre, residente nella provincia di Campobasso, convinta di vedere rinascere le sue quattro mura. Quaranta giorni di lavori: così diceva il contratto. Sarebbe stato il loro nuovo inizio.
La realtà, però, è stata ben diversa. Quelle stanze oggi raccontano di abbandono. La pittura, stesa frettolosamente, non riesce a coprire crepe e imperfezioni. In un angolo, i materiali acquistati con sacrificio restano inutilizzati, mentre quelli montati sono già rovinati.
«Ho creduto alle parole, ai tempi concordati, alla buona fede di chi avevo scelto» racconta con amarezza. «Invece mi sono trovata a pagare per lavori fatti male, a ricomprare materiali, a subire continue richieste di soldi con la promessa che tutto sarebbe stato finito. Quando ho iniziato a chiedere spiegazioni, sono arrivate accuse assurde, inventate, solo per screditarmi».
Questa vicenda non è un caso isolato. In Molise, dove i rapporti personali spesso contano più dei contratti, si moltiplicano le segnalazioni di lavori edilizi interrotti. Le associazioni dei consumatori denunciano un fenomeno in crescita: cittadini lasciati con cantieri a metà, imprese che sfuggono alle responsabilità, famiglie costrette a vivere in case incomplete o a pagare altri per finire ciò che era già stato pagato. Lo schema è sempre lo stesso: un contratto chiaro, poi i primi ritardi, le giustificazioni, le richieste di soldi extra. Chi protesta viene attaccato, isolato, lasciato senza risposte.
Non si tratta solo di soldi. È una violenza psicologica, fatta di pressioni, ricatti e silenzi. Sfruttare la fiducia di chi affida la propria casa, minacciare con un “se non paghi, non finisco”, lasciare famiglie intere senza un rifugio sicuro: tutto questo è una ferita che nei piccoli centri pesa ancora di più, perché il silenzio diventa più facile della denuncia.
Un avvocato civilista lo spiega chiaramente: «Molti committenti non conoscono i propri diritti. Temono di fermare i lavori, cedono alle richieste e restano intrappolati. Ma la legge è chiara: l’appaltatore deve rispettare tempi e qualità. Se non lo fa, risponde per inadempimento». Eppure in tanti non lo sanno o non hanno la forza di reagire. Così il problema resta sommerso.
La madre di questa storia ha scelto di non cedere. Ha iniziato a raccogliere prove, inviare diffide, chiedere supporto legale. Non solo per completare la sua casa, ma per affermare un principio: nessuno deve sentirsi indifeso di fronte a un abuso. «Dietro ogni cantiere fermo c’è molto più di un problema tecnico. C’è la dignità di chi l’ha sognato, il futuro di famiglie che meritano rispetto. Una casa non è solo un edificio: è il cuore di una vita. E nessuno dovrebbe vederlo ridotto in macerie morali ed economiche».
Quando ci si trova davanti a un’impresa che non rispetta tempi e accordi, il primo passo è non cedere alla paura. Serve documentare tutto: fotografie, video, messaggi, fatture. Ogni prova è fondamentale per far valere i propri diritti. È importante inviare una diffida formale, chiedendo per iscritto la conclusione dei lavori entro una data precisa, e rivolgersi alle associazioni dei consumatori, come Adiconsum, Confconsumatori o Unione Nazionale Consumatori, che in Molise offrono assistenza gratuita. Un avvocato specializzato in diritto immobiliare o tutela dei consumatori può fare la differenza: spesso una semplice lettera legale basta a sbloccare situazioni ferme da mesi. In caso di pratiche scorrette o richieste ingiustificate, si può segnalare anche alle autorità o all’Antitrust. E, soprattutto, non bisogna mai pagare somme extra non previste dal contratto. Non è un obbligo: è un ricatto. Solo facendo valere i propri diritti si può evitare che altre famiglie vivano lo stesso incubo.


























