«Siamo l’altra faccia del fenomeno migratorio, quella che non ci raccontano in televisione. Siamo quelli che la migrazione è vecchia come l’uomo, che la “Ricerca della Felicità” non è solo un film, ma un diritto sacrosanto di ogni Uomo. E siamo quelli che credono ad un progetto di lavoro condiviso: italiani, molisani, richiedenti asilo, disoccupati, disabili, affetti da dipendenze, ex detenuti che hanno deciso di vivere una “vita” insieme, creando la cooperativa sociale Hayet (vita, in arabo)». Si presenta così, sui social, la grande ‘famiglia’ della cooperativa sociale con sede a Bojano. Una nobile missione, quella dei protagonisti, che punta al rilancio delle aree interne attraverso l’integrazione e l’inclusione di persone capaci di rappresentare un ‘valore aggiunto’ nella nostra società, persone provenienti da realtà lontane ed esperienze incredibili, ma capaci, forse più di noi, di ripartire da zero e di mettersi in discussione per creare qualcosa di importante e duraturo per sé stessi e per gli altri.
Purtroppo però, come spesso accade, il traguardo dell’integrazione può essere preceduto da ostacoli insormontabili. Lo sanno bene i soci della cooperativa. E più di tutti Amadou, ragazzo africano tra i primi fondatori della coop. Hayet.
«Amadou è uno dei soci originari della cooperativa – spiegano i responsabili della Hayet in un post -, c’è dall’inizio e da sempre è stato un pilastro per le attività agricole della Fattoria Griot. La terra era la sua reggia, gli animali della fattoria i suoi protetti.
Per seguire il sogno della cooperativa, nata con lui e grazie a lui, aveva anche coraggiosamente deciso di lasciare il sistema di accoglienza. Voleva cavarsela da solo ed investire nel suo futuro a Bojano.
Poi un giudice del tribunale di Campobasso – si legge nella nota – ha deciso che questo ragazzo venuto in Italia da un piccolo villaggio e diventato protagonista di una nascente impresa “molisafricana” non avesse titolo a restare in questo paese, che tutto questo valore aggiunto da lui creato non era sufficiente a giustificare un regolare permesso di soggiorno. Altri tribunali avrebbero decretato diversamente, con più lungimiranza e rispetto per la persona umana. Invece, qui a Campobasso…meglio irregolare che perfettamente inserito.
Amadou ora è andato via – spiegano -, fuggito non sappiamo dove. Con un lavoro tra le mani e un possibile futuro da costruire insieme agli altri soci italiani, è costretto a fare il ramingo in Italia o in Europa. Protagonista di un piccolo rilancio economico nell’area matesina, di un esempio virtuoso di inclusione e opportunità economica per sé e per altri, ora dovrà rendersi invisibile e vivere di espedienti».
Da qui l’amara riflessione: «Cos’è la giustizia, quando gioca con la vita delle persone senza neanche guardarle in faccia? Dov’è la giustizia, quando la fredda legge diventa monumento di una cecità assoluta?» si domandano ancora i soci della cooperativa Hayet.
«Ciao Amadou, bonne chance. Ci resterà sempre nel cuore il tuo sorriso. E i tuoi sforzi di imparare l’italiano, l’imbarazzo del non esser mai andato a scuola, lo stupore di fronte ad ogni minima cosa di quello che per te è un nuovo mondo. Mentre per noi, oggi, questo nuovo mondo così civile è in realtà la tomba della nostra umanità e delle opportunità possibili…».

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