Uno scempio senza fine. Quello che succede quotidianamente lungo la collina di San Giovannello è sotto gli occhi di tutti ma purtroppo la situazione non fa altro che peggiorare. Ogni giorno si amplia la triste ‘galleria’ di foto denuncia di visitatori e lettori, con ulteriori immagini della chiesa imbrattata in ogni suo angolo da improbabili street artist. Le facciate della struttura, la stradina che porta in cima alla collina e persino il cassonetto dei rifiuti: gli incivili non hanno risparmiato nulla. Tralasciando l’azione di controllo che meriterebbe un sito di quella valenza – probabilmente basterebbe installare un sistema di videosorveglianza – quello che indigna è la totale mancanza di rispetto, unita ad una buona dose di ignoranza, di alcuni cittadini nei confronti del patrimonio culturale campobassano.
La collina era infatti il cuore dell’omonimo paese attestato già nel 1160 e distrutto nel XIII secolo forse a causa di un terremoto. Nel 1764 vi venne impiantata una sepoltura per paura di una eventuale epidemia all’interno della città. Normalmente chiusa, la chiesa viene aperta il 29 agosto.
L’attestazione più antica della chiesa, restaurata in seguito più volte, risale al 1551, datazione che si può leggere nell’architrave formata da due blocchi calcarei su cui sono incise anche una croce e due persone adoranti in ginocchio. Quasi al centro della facciata sull’architrave c’è uno stemma con il simbolo della chiesa di Santa Maria della Croce, chiesa da cui dipendeva, datato 1846. In seguito è stata alle dipendenze della parrocchia dei Santi Giorgio e Leonardo e ancora di San Giuseppe Lavoratore.
Alla chiesa appartengono una antica statua del santo e dal 1968 anche una nuova statua in legno, la statua dell’Angelo Custode, un crocefisso ligneo, del 1400 e un dipinto di scuola napoletana probabilmente del 1600 raffigurante la Madonna della Pietà.
Insomma, un luogo dalla grande valenza culturale, oltre che religiosa, che invece è ricoperto di scarabocchi e scritte sgrammaticate e blasfeme. Da anni in Consiglio comunale il tema tiene banco, ma non si è mai trovata una reale soluzione che metta finalmente un punto al vandalismo.
Eppure la legge in materia è piuttosto chiara: rischia fino a sei mesi di detenzione il writer che imbratta i muri della scuola e i cassonetti davanti all’istituto. La depenalizzazione del 2106, che ha passato un colpo di spugna sul reato di danneggiamento, non ha creato, infatti, nessuna impunità per chi scrive o disegna sugli edifici pubblici.
Lo prevede l’articolo 639 del Codice penale, al secondo comma, con la reclusione fino a 6 mesi e la multa fino a mille euro, se ad essere presi di mira sono beni immobili o mezzi di trasporto pubblici e privati. Una pena che sale a un anno, con 3 mila euro di multa, se ad essere imbrattati sono cose di interesse storico o artistico. Gli amanti dello spray sono dunque avvertiti.

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