All’epoca dei fatti il caso fece molto rumore in città. Era il 17 novembre del 2014 quando all’obitorio dell’ospedale Cardarelli i familiari di Pietro Picciano, 74enne morto per cause naturali, fecero la macabra scoperta: l’indice della mano sinistra era stato amputato. La polizia avviò immediatamente le indagini per chiarire il giallo su cui iniziarono a circolare diverse ipotesi, dal rituale satanico alla ‘guerra’ tra i titolari delle onoranze funebri, fino al messaggio mafioso nei confronti dell’Asrem, dato che poco meno di un mese dopo il dito fu ritrovato all’interno di una busta indirizzata all’azienda sanitaria. Dubbi che a distanza di 4 anni non sono ancora stati chiariti, ma qualche giorno fa il tribunale civile di Campobasso ha stabilito almeno una responsabilità, quella della mancata vigilanza da parte dell’ospedale. Il giudice onorario Michele Dentale ha infatti condannato l’Asrem (non l’ospedale Cardarelli che non è un soggetto giuridico) al risarcimento di 105mila in favore della famiglia come indennizzo morale per la violazione dei valori della pietas e del rispetto per i defunti. Denaro che spetta alla moglie e ai due figli del defunto, difesi dagli avvocati Isabella Gallucci e Filomena Fusco. Il giudice ha infatti sancito che sussiste a carico dell’ospedale Cardarelli un obbligo di controllo e di vigilanza dei locali e soprattutto delle salme che ha in custodia. Pertanto «accertata l’omissione di tali attività da parte della struttura ospedaliera e accertata l’esistenza del fatto storico e rappresentato dalla mutilazione della povera salma durante il suo deposito in obitorio, si può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa del danno, e che, per converso, la condotta doverosa dell’ospedale Cardarelli, se fosse stato tenuta, avrebbe impedito il verificarsi carsi dell’evento».

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