Resta ai domiciliari Irma Forte, la 66enne che ha confessato l’omicidio del marito – il 77enne Carlo Giancola – avvenuto nella notte della vigilia di Natale nella casa della coppia a Santa Maria del Molise.
La Cassazione ha infatti accolto il ricorso avverso la decisione del Tribunale del Riesame che aveva disposto che la donna attendesse in carcere il processo. Una decisione quella della Suprema Corte accolta con grande soddisfazione dai legali della donna, gli avvocati Giuseppe De Rubertis e Demetrio Rivellino.
Le motivazioni saranno depositate entro un mese e poi la questione tornerà all’attenzione del Riesame, che l’affronterà con un nuovo collegio giudicante.
Intanto si apprende che le indagini sull’omicidio di Santa Maria del Molise non sarebbero affatto concluse: sembrerebbe che le investigazioni affidate ai Ris sarebbero ancora in corso e non sarebbe stato depositato nemmeno il referto autoptico.
Irma Forte ha confessato, nel corso di un drammatico interrogatorio, di aver ucciso il marito al termine dell’ennesimo litigio durato, secondo la ricostruzione della donna, tutta la notte tra il 23 e il 24 dicembre scorsi: l’uomo, descritto come dal carattere forte ed eccessivamente autoritario, dopo aver trascorso molte ore in cucina, davanti al camino acceso, nonostante i ripetuti appelli della moglie ad andare a dormire, le si sarebbe avvicinato mentre lei era nel dormiveglia brandendo un ciocco di legno presumibilmente prelevato dalla legnaia che è sullo stesso piano della casa. Temendo per la propria incolumità, la donna lo avrebbe disarmato e poi lo avrebbe colpito lasciandolo esanime ai piedi del letto.
L’epilogo tragico di una esistenza di coppia molto difficile, come la donna ha raccontato fra le lacrime nel corso dell’interrogatorio: un matrimonio vissuto sempre con timore di litigi, complicato dai comportamenti e dall’atteggiamento del marito, che ad un certo momento le avrebbe persino impedito di fare visita ai figli e ai nipoti che vivono in un altro centro del Molise.
Alla base della decisione del Tribunale del Riesame, secondo il quale Irma Forte dovrebbe aspettare il processo in carcere, non ci sarebbe il pericolo di inquinamento delle prove ma quello della reiterazione del reato: insomma, la donna sarebbe ‘socialmente pericolosa’, non in grado di controllare i propri impulsi come quella rabbia esplosa nella notte del delitto. Non avrebbe, quindi, capacità di autocontrollo.
Una tesi, quella che sembrerebbe essere stata la traccia dei giudici del Riesame, che sarebbe stata messa in discussione proprio in questi mesi trascorsi tra la decisione di spedire in carcere Irma Forte e quella assunta giovedì dalla Cassazione e notificata ieri mattina ai legali che assistono la donna.
Da fonti bene informate, si apprende che da febbraio continuano anche gli interrogatori delle persone che conoscevano la coppia, che avevano intrattenuto rapporti con i due coniugi, che erano a conoscenza delle difficoltà che si vivevano in quelle quattro mura da sempre.
Sarebbero state acquisite numerose testimonianze che avrebbero definito con chiarezza il clima di terrore nel quale la donna era costretta a vivere da 40 anni: vittima, quindi, come lei stessa aveva raccontato nel corso dell’interrogatorio, di un marito-padrone, in un perenne stato di sudditanza psicologica dettata dalla paura, che veniva alimentato dai comportamenti e dagli atteggiamenti non propriamente gentili e amorevoli dell’uomo.
Insomma, quella notte – probabilmente con il terrore di essere arrivata al capolinea della vita – Irma Forte avrebbe reagito.
Vittima, quindi, prima che carnefice.
Da qualche mese, la donna non sarebbe più ristretta ai domiciliari in casa del fratello, a Santa Maria del Molise. I legali, da quanto è stato possibile apprendere, avrebbero avanzato una precisa richiesta al gip che l’avrebbe accolta: la donna sarebbe ospite di una comunità residenziale che si trova in una regione limitrofa dove starebbe anche svolgendo attività di servizio sociale.
Una modalità – quella scelta per scontare il regime detentivo in attesa delle decisioni che saranno assunte successivamente – in grado di restituire fiducia ad una donna che per la maggior parte della sua vita non avrebbe mai avuto, né in se stessa né negli altri, a causa di un clima difficile nel quale compiere ogni azione quotidiana, anche la più banale, di un progressivo isolamento sociale che ne avrebbe minato l’esistenza. Un luogo dove forse provare a ricominciare, seppure con un fardello pesantissimo sulle spalle, dopo 40 anni di inferno finiti nel peggiore dei modi.
ls