Una giornata simbolo, il 25 novembre. Che quest’anno porta con sé la tragica fine di un’altra giovane donna, un’onda emotiva e di rabbia che finalmente (ed è davvero il caso di dirlo) sta attraversando l’Italia.
Lontano dal clamore che sta bruciando le grandi città, in un piccolo paese del Molise, c’è una storia identica, dolorosamente simile. E ugualmente tragica.
Una giovane donna, trafitta a morte da un ex fidanzato che non ha voluto rassegnarsi alla fine di un amore, che non le ha lasciato lo spazio del futuro. Mia o di nessun altro.
Una giovane donna che ha perso la mamma, che ha un papà da tutelare, al quale non dare preoccupazioni e forse dolori ulteriori. Che ha una famiglia alla quale non creare pensieri, che pensa di poter gestire e tenere a bada quei segnali.
È la storia di Romina De Cesare, che finisce nel sangue due anni prima di quella di Giulia Cecchettin. Due storie che hanno tanti punti in comune, tanti dolori simili, tante scelte identiche e purtroppo lo stesso tragico finale.
E oggi, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza di genere, il papà Mario, con dignità e senza rassegnazione, rompe il suo comprensibile riserbo, nutrito secondo dopo secondo, per lunghissimi 571 giorni – quelli trascorsi dal 3 maggio 2022, quando fu ritrovata senza vita la giovane Romina, ad oggi – da un dolore che non sarà mai lenito. E racconta la vita di chi ha perso una figlia, per mano di un bravo ragazzo.
Mario, intanto grazie di cuore per aver aperto la triste pagina dei suoi ricordi e dei suoi dolori e di aver accettato di leggerla con i nostri lettori. Immagino che, per lei, ogni giorno sia il 25 novembre, che ogni minuto sia parte di una giornata da dedicare all’impegno contro la violenza sulle donne. L’attenzione su quella che è purtroppo una mattanza è esplosa nelle ultime due settimane. L’assassinio di un’altra figlia, anche se a centinaia di chilometri di distanza: cosa prova, da padre di una vittima di femminicidio, quando apprende di uomini che uccidono le donne che, come Romina, avevano deciso di dare un altro corso alle proprie vite?
«E immagina bene… Non c’è giorno che io non pensi a Romina, ai preziosi attimi di vita trascorsi insieme. Nulla è e sarà mai più come prima. La morte di un’altra ragazza, in questo caso della povera Giulia Cecchettin uccisa, come Romina, per mano del proprio compagno che non ha accettato la fine della relazione, genera ancora più malessere e dolore.
Romina e Giulia, due ragazze perbene, entrambe vittime, insieme a tante, troppe altre coetanee, della follia omicida di chi diceva di amarle. Ma chi ti ama non è in grado di torcerti un capello… Voglio aggiungere, che sino ad oggi mi sono sottoposto una sola volta ad un’intervista e non amo rilasciare dichiarazioni riguardanti l’uccisione di Romina. Se oggi mi permetto di farlo è perché vorrei, per quanto mi è possibile, dare anche io un contributo al contrasto di questa piaga sociale, come può essere considerato il femminicidio, che deve essere assolutamente arrestata».
Anche lei, Mario, è una vittima collaterale, che sopravvive in una sorta di fine pena mai. Perdoni la mia domanda: le è mai capitato di rimproverarsi per non aver saputo leggere qualche segnale lanciato dai comportamenti dell’uomo che ha confessato di aver ucciso Romina? Si è mai sentito in colpa, pur non avendo alcuna colpa? Se potesse tornare indietro, ci sarebbe qualcosa che oggi, con il senno di poi, sente che avrebbe potuto fare?
«I rimproveri? Anche quelli non mancano mai. Si vive nell’angoscia di non aver fatto abbastanza, di non aver avuto quell’intuito che forse sarebbe potuto servire a qualcosa, ma forse sono solo congetture, figlie del malessere che mi porto dentro, non so più cosa pensare… Gli avvocati Danilo Leva e Fiore Di Ciuccio, a cui va il mio sincero grazie per quello che stanno facendo anche a nome di mio figlio Anthony, mi hanno riferito che l’attuale governo ha introdotto alcuni correttivi in materia di reati spia, come ad esempio lo stalking, di cui è stata vittima Romina nelle ultime settimane in cui era in vita, andando così a garantire maggior sicurezza alla persona vittima di minacce e molestie. Per accedere a queste forme di tutela, tuttavia, è necessario denunciare, senza paura né vergogna. La magistratura in quel caso farà il suo corso. Imprescindibile resta in ogni caso l’educazione al rispetto, che si sta perdendo».
La fine terribile di Giulia Cecchettin ci ha consegnato un’altra storia parallela: quella di due padri che si supportano a vicenda. Il papà dell’assassino che chiede perdono al papà della vittima. Mi hanno colpito molto le parole che lei, Mario, ha pronunciato durante un’udienza del processo per il femminicidio di Romina: nessuno mi ha mai chiesto perdono. Si aspettava un gesto di vicinanza, di condivisione del dolore? Che valore avrebbe avuto quell’abbraccio, anche solo verbale, mai ricevuto per lei e la sua famiglia?
«Come ho detto allora, non c’è stata nessuna forma di pentimento né richiesta di perdono. Mi scusi, preferisco non aggiungere altro».
Quante terribili analogie tra Romina e Giulia: entrambe hanno perso la mamma, entrambe uccise da un ex, entrambe colte di sorpresa e assassinate con inaudita violenza. E entrambi gli assassini che sostengono di aver provato a togliersi la vita. In questi mesi che immagino siano ancora dolorosi come il primo giorno, si è dato una risposta alle mille domande che di certo si sarà fatto? Perché Romina non è andata via al primo segnale di pericolo, perché non ha denunciato, perché è stata uccisa da un uomo che anche lei, Mario, probabilmente definiva ‘un bravo ragazzo’?
«Romina, come forse Giulia, aveva intuito da tempo che la relazione con l’uomo accusato di averla uccisa, era finita. Hanno entrambe cercato di tirarsi fuori, pur nel rispetto del dolore altrui. Tuttavia, sono state risucchiate dalla follia omicida dei loro compagni, che di fatto non hanno accettato la fine della relazione. Una visione patriarcale della donna, concepita ingiustamente come un oggetto di proprietà. Romina è stata ammazzata il giorno prima che ripartisse per tornare da me, dopo che evidentemente quei segnali di cui lei parla li aveva interiorizzati e per questo si stava autodeterminando di conseguenza. È stata colta alle spalle, è stata trafitta da 14 coltellate, oltre ad essere strangolata…».
Se potesse tornare indietro, se fosse possibile riavvolgere il nastro, c’è qualcosa che, da padre, vorrebbe dire a Romina e a tutte le donne che oggi vivono in una situazione di pericolo ma che si fidano ancora di quei bravi ragazzi che non accettano la fine di un amore?
«Da padre posso dire di fare attenzione, di confidarsi in caso di disagio, di non avere timore né l’imbarazzo di farlo. Ma anche di non accettare mai, ripeto mai, nessuna forma di privazione né tantomeno di limitazione. Quelli potrebbero essere segnali di un amore tossico. L’amore, quello vero, quello sano, è libertà e non oppressione, è altruismo e non altro».

lucia sammartino

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