La provincia di Isernia si conferma tra le realtà italiane più colpite dal drammatico calo delle nascite che sta caratterizzando il Paese negli ultimi anni. I dati elaborati da Openpolis – Con i Bambini su base Istat rivelano una situazione allarmante: nel 2023 sono nati appena 453 bambini, con un crollo del 21,6% rispetto al 2019, quando i nuovi nati erano stati 578.
Il territorio isernino si distingue negativamente nel panorama nazionale per l’intensità del fenomeno. Se è vero che il calo delle nascite interessa praticamente tutta Italia – con la sola eccezione di Gorizia, dove il dato rimane sostanzialmente stabile – la provincia molisana supera quella soglia del 20% che segna il passaggio da una crisi demografica grave a una vera e propria emergenza.
A fare compagnia a Isernia in questa poco invidiabile classifica sono diverse province sarde: Sud Sardegna, Sassari, Nuoro e Cagliari registrano tutte cali vicini al 20%. Dall’altro lato dello spettro, oltre alla già citata Gorizia, anche Caserta mostra una tenuta relativa con una diminuzione di appena lo 0,5% nel periodo considerato.
Questo drammatico calo demografico assume contorni ancora più preoccupanti se letto alla luce delle recenti vicende che hanno interessato la sanità molisana. Il diniego dei tavoli ministeriali alla proposta di riorganizzazione della rete ospedaliera regionale, motivato dal mancato rispetto dei parametri imposti dal Decreto Ministeriale 70 – il cosiddetto decreto Balduzzi – ha riportato al centro del dibattito le croniche difficoltà del sistema sanitario regionale.
Così, le note vicende che riguardano già da tempo il Laboratorio di Emodinamica fanno il paio ora con l’addensarsi delle nubi anche sul Punto Nascita del Veneziale, che rappresenta un caso emblematico visto che fu “salvato” in deroga al decreto Balduzzi, riconoscendo implicitamente l’importanza strategica di questo presidio per un territorio caratterizzato da difficoltà logistiche e morfologiche che rendono complessi i collegamenti con altri centri.
Alla luce dei più recenti dati demografici, emerge inevitabilmente un interrogativo cruciale: quale sarà davvero il futuro del reparto isernino? I numeri parlano chiaro: con meno di 500 nascite annue e una tendenza al ribasso che non accenna a invertirsi, il Punto Nascita di Isernia si trova in una posizione sempre più fragile rispetto ai parametri nazionali che richiedono un numero minimo di parti per garantire standard di sicurezza e qualità.
Le rassicurazioni fornite di recente a Palazzo San Francesco dal presidente della Giunta regionale Francesco Roberti rappresentano certamente un segnale politico importante, ma dovranno confrontarsi con la realtà dei numeri e con le pressioni dei tavoli ministeriali che vigilano sull’applicazione dei criteri nazionali.
La questione assume particolare rilevanza se si considera che la chiusura di un Punto Nascita in un territorio come quello isernino non comporterebbe solo la perdita di un servizio sanitario, ma rischierebbe di accelerare ulteriormente lo spopolamento di un’area già fragile dal punto di vista demografico ed economico.
Insomma, la situazione della provincia di Isernia evidenzia come la crisi demografica e le difficoltà sanitarie siano fenomeni strettamente interconnessi, che richiedono approcci integrati e soluzioni innovative. Mantenere servizi essenziali come i Punti Nascita in territori caratterizzati da bassa densità demografica rappresenta una sfida che va oltre i meri parametri numerici, toccando questioni fondamentali di equità territoriale e diritto alla salute.
La partita che si gioca attorno al futuro del Punto Nascita è quindi molto più ampia: è una sfida al contrasto di quella desertificazione che rischia di trasformare ampie aree del Paese in terre di nessuno dal punto di vista dei servizi essenziali.

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