Il provvedimento non sarebbe stato ancora firmato dal direttore generale dell’Asrem ma, da quello che si apprende, la situazione è ormai sull’orlo del precipizio. E per il reparto di Psichiatria del Veneziale si rischia di dover disporre lo stop ai ricoveri a causa della solita ‘malattia’. La carenza di medici.
La notizia filtra da ambienti bene informati: sarebbero solo quattro (compreso il primario) i medici in servizio, professionisti che si occupano dell’aspetto prettamente ospedaliero ma che declinano, senza risparmiarsi, la propria attività attraverso i servizi erogati sul territorio. Impossibile, in quattro, riuscire a fronteggiare una domanda di aiuto che è aumentata esponenzialmente negli ultimi mesi. Complicatissimo, in quattro, riuscire ad organizzare i turni così da garantire l’assistenza, dentro e fuori dall’ospedale.
La situazione odierna del reparto di Psichiatria non è un fulmine a ciel sereno: nel corso dell’assemblea del personale del Veneziale organizzata dalla Cgil qualche mese fa, tra le situazioni segnalate come ‘a rischio’ c’era già. In ottima compagnia, ovviamente, visto che la carenza di medici attanaglia il pronto soccorso, ormai la punta dell’iceberg, ma anche la pediatria, la medicina generale, l’ortopedia, l’emodinamica (che è stata accorpata al Cardarelli dal programma operativo). Nelle corsie è questo lo scenario: pochi medici, alcuni ormai in età pensionabile che rinviano la data di uscita dal lavoro così da garantire il servizio sanitario, nessun nuovo innesto, concorsi che vanno deserti oppure che non consentono di coprire completamente il fabbisogno reale.
Il classico film già visto, dal finale scontato sembrerebbe. I cinque posti letto del reparto di Psichiatria potrebbero essere dirottati, ove mai il dg dell’Asrem dovesse firmare il provvedimento, sul Cardarelli fino a quando l’organico in servizio al Veneziale non sarà rafforzato e quindi l’attività ospedaliera potrà riprendere senza difficoltà. Ma questo accadrà?
I servizi territoriali non saranno ovviamente ridimensionati. Ma la riorganizzazione sembra essere davvero dietro l’angolo: rinunciare ai ricoveri e alle ospedalizzazioni per consentire di erogare il servizio territoriale attraverso il centro di salute mentale e le varie strutture nelle quali i medici continuano a garantire la propria professionalità e attenzione pare essere al momento l’unica exit strategy.
Bisogna fare una scelta e, in una situazione come questa, privilegiare l’assistenza che si eroga al di fuori del reparto sembra essere l’unico modo per continuare ad erogarla. L’unico modo per non abbandonare i pazienti, per dare continuità alle prestazioni.
Le richieste di aiuto sono aumentate ovunque. Il post pandemia ha lasciato una eredità con la quale il servizio sanitario dovrebbe confrontarsi con armi adeguate. Medici che siano in grado di poter rispondere alle necessità.
Il reparto di Psichiatria del Veneziale fino a due mesi fa non aveva liste d’attesa. Oggi, per una visita, bisogna aspettare la prossima primavera.
Un altro tassello che viene eliminato dal puzzle della sanità pubblica, nel silenzio della politica locale che sembra sia stata messa al corrente del rischio imminente mesi fa.
lucia sammartino

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