La malattia di cui soffre la sanità molisana viene da lontano ed ha una origine ben precisa per Lucio Pastore, direttore del pronto soccorso del Veneziale, medico ormai in ‘quasi pensione’ che ha deciso di mettersi ancora a disposizione della comunità. Avrebbe potuto godere del meritato riposo ma ha scelto di metterci ancora una volta la faccia, come ha fatto sempre fino ad oggi, questa volta candidandosi alle Regionali di fine giugno con il fronte progressista e con la lista di «Costruire Democrazia».
Mancano i medici, ma non è una novità. I concorsi vanno deserti e anche questo non è uno scoop. I reparti funzionano grazie allo straordinario impegno di chi ci lavora, camici bianchi e infermieri. Il massiccio ricorso alle prestazioni aggiuntive aiuta ma non risolve se è vero come è vero che dopo il San Timoteo, tocca alle sale operatorie del Veneziale fermarsi in attesa di rinforzi sospendendo gli interventi chirurgici d’elezione e consentendo solo quelli urgenti, d’emergenza.
Il sistema sta davvero collassando, come lei preconizzava ormai mesi e mesi fa quando l’emergenza personale stava minando l’erogazione dei servizi sanitari al Pronto soccorso?
«Siamo di fronte ad una complessiva defunzionalità dell’ospedale Veneziale – spiega Pastore, da profondo conoscitore non solo della realtà ospedaliera dove fino a qualche settimana fa ha prestato la propria attività professionale ma anche del panorama regionale – che non si poteva di certo risolvere con l’arrivo dei colleghi venezuelani ai quali non possiamo che dire grazie ma ugualmente non possiamo tacere le difficoltà evidenti. Legate, soprattutto, alla conoscenza della lingua e alle tempistiche che richiede ambientarsi all’interno di un ospedale, in una nazione diversa e in una città nuova. Che richiedono tempo che sono comunque limitate proprio dalla conoscenza dell’italiano.
Ci sono delle problematiche, l’ho sempre rimarcato, ma è evidentemente anche questo il segnale di una situazione ‘arrangiata’, perché non sappiamo dove reperire i medici. Nella mancanza di personale e impossibilitati a reclutarli in altro modo visto che i concorsi in Molise non sono per niente appetibili, si ricorre a queste soluzioni un po’ bizzarre. Voglio ricordare che un paio di anni fa abbiamo raccolto le firme per sollecitare una soluzione al problema attraverso l’utilizzo dei medici di Emergency. Era già evidente, già da allora, che la situazione stava per esplodere. Sono stato completamente boicottato eppure raccogliemmo 13mila firme nel tentativo di dare una risposta di emergenza ad una situazione già da allora degradata. E se fossero venuti i medici di Emergency, sicuramente si sarebbe creata una situazione più gestibile perché, per lo meno, non si sarebbe paventato il problema della lingua. Man mano che si andava avanti, un pezzo alla volta sono scomparsi i reparti, i servizi e l’ospedale oggi sta morendo. Ma c’è una volontà politica chiara: farlo morire per consunzione. Non c’è nemmeno il coraggio politico di chiudere direttamente la struttura ma, come è già successo, si preferisce che la morte sia naturale. Deve sembrare che la colpa non sia addebitabile, non ci sia. Ed è quello che sta succedendo adesso».
Nemmeno il ricorso massiccio alle prestazioni aggiuntive, come dimostrano i provvedimenti con i quali si liquidano gli ‘straordinari’ che superano mediamente i 100mila euro mensili solo per il Veneziale, riesce a risolvere il “problema dei problemi”.
«Da quando Michele Iorio ha consentito la rottamazione di una intera generazione di medici, abbiamo assistito ad un progressivo aumento delle prestazioni aggiuntive e adesso neanche con queste si riesce più a coprire i servizi. C’è una ragione storico-politica nella genesi della distruzione della sanità pubblica. Attualmente non è nient’altro che il fenomeno terminale di una degenerazione di sistema. Mettiamo insieme tutti i pezzi: mancano i posti letto, i medici, si chiudono i reparti, aumentano le prestazioni aggiuntive ma non si possono eseguire interventi chirurgici d’elezione. I sintomi di un sistema che sta collassando. Se politicamente non si adotteranno scelte forti per modificare questo quadro, la sanità pubblica molisana è destinata a crollare in breve tempo».
È un pensiero sbagliato ipotizzare che si arriverà ad avere un solo ospedale in regione?
«La mia idea? Ritengo plausibile che se i molisani sceglieranno lo stesso Jurassic Park politico che ha governato fino ad oggi, si arriverà alla chiusura degli ospedali di Isernia e Termoli e il Cardarelli sarà riassorbito dalla sanità privata. Finirà così, nella fusione tra pubblico e privato. La solita via italiana alla privatizzazione. Ma tutto questo si inquadra in una degenerazione complessiva del territorio. Lo spopolamento costante e progressivo, determinato dalla mancanza di lavoro e anche di servizi degni di questo nome è un esempio. E lo sono anche le scelte energetiche: siamo pieni di parchi eolici però sono altri che sfruttano le nostre risorse e noi non siamo in grado di utilizzarle, in maniera ovviamente rispettosa per l’ambiente, per creare, faccio un esempio, una struttura autonoma per approvvigionarci di energia pulita. Si vuole realizzare un altro impianto eolico davanti alla nostra costa perché un’industria dovrà produrre idrogeno e trarrà vantaggi distruggendo il nostro territorio. Queste azioni di predazione continuano e continueranno sempre. Come è accaduto per la sanità: si è arrivati alla sua distruzione per predarla a fini privati e si arriverà anche alla distruzione del territorio perché altri ne traggano vantaggi. Siamo solo terra da sfruttare?». lsISERNIA. La malattia di cui soffre la sanità molisana viene da lontano ed ha una origine ben precisa per Lucio Pastore, direttore del pronto soccorso del Veneziale, medico ormai in ‘quasi pensione’ che ha deciso di mettersi ancora a disposizione della comunità. Avrebbe potuto godere del meritato riposo ma ha scelto di metterci ancora una volta la faccia, come ha fatto sempre fino ad oggi, questa volta candidandosi alle Regionali di fine giugno con il fronte progressista e con la lista di «Costruire Democrazia».
Mancano i medici, ma non è una novità. I concorsi vanno deserti e anche questo non è uno scoop. I reparti funzionano grazie allo straordinario impegno di chi ci lavora, camici bianchi e infermieri. Il massiccio ricorso alle prestazioni aggiuntive aiuta ma non risolve se è vero come è vero che dopo il San Timoteo, tocca alle sale operatorie del Veneziale fermarsi in attesa di rinforzi sospendendo gli interventi chirurgici d’elezione e consentendo solo quelli urgenti, d’emergenza.
Il sistema sta davvero collassando, come lei preconizzava ormai mesi e mesi fa quando l’emergenza personale stava minando l’erogazione dei servizi sanitari al Pronto soccorso?
«Siamo di fronte ad una complessiva defunzionalità dell’ospedale Veneziale – spiega Pastore, da profondo conoscitore non solo della realtà ospedaliera dove fino a qualche settimana fa ha prestato la propria attività professionale ma anche del panorama regionale – che non si poteva di certo risolvere con l’arrivo dei colleghi venezuelani ai quali non possiamo che dire grazie ma ugualmente non possiamo tacere le difficoltà evidenti. Legate, soprattutto, alla conoscenza della lingua e alle tempistiche che richiede ambientarsi all’interno di un ospedale, in una nazione diversa e in una città nuova. Che richiedono tempo che sono comunque limitate proprio dalla conoscenza dell’italiano.
Ci sono delle problematiche, l’ho sempre rimarcato, ma è evidentemente anche questo il segnale di una situazione ‘arrangiata’, perché non sappiamo dove reperire i medici. Nella mancanza di personale e impossibilitati a reclutarli in altro modo visto che i concorsi in Molise non sono per niente appetibili, si ricorre a queste soluzioni un po’ bizzarre. Voglio ricordare che un paio di anni fa abbiamo raccolto le firme per sollecitare una soluzione al problema attraverso l’utilizzo dei medici di Emergency. Era già evidente, già da allora, che la situazione stava per esplodere. Sono stato completamente boicottato eppure raccogliemmo 13mila firme nel tentativo di dare una risposta di emergenza ad una situazione già da allora degradata. E se fossero venuti i medici di Emergency, sicuramente si sarebbe creata una situazione più gestibile perché, per lo meno, non si sarebbe paventato il problema della lingua. Man mano che si andava avanti, un pezzo alla volta sono scomparsi i reparti, i servizi e l’ospedale oggi sta morendo. Ma c’è una volontà politica chiara: farlo morire per consunzione. Non c’è nemmeno il coraggio politico di chiudere direttamente la struttura ma, come è già successo, si preferisce che la morte sia naturale. Deve sembrare che la colpa non sia addebitabile, non ci sia. Ed è quello che sta succedendo adesso».
Nemmeno il ricorso massiccio alle prestazioni aggiuntive, come dimostrano i provvedimenti con i quali si liquidano gli ‘straordinari’ che superano mediamente i 100mila euro mensili solo per il Veneziale, riesce a risolvere il “problema dei problemi”.
«Da quando Michele Iorio ha consentito la rottamazione di una intera generazione di medici, abbiamo assistito ad un progressivo aumento delle prestazioni aggiuntive e adesso neanche con queste si riesce più a coprire i servizi. C’è una ragione storico-politica nella genesi della distruzione della sanità pubblica. Attualmente non è nient’altro che il fenomeno terminale di una degenerazione di sistema. Mettiamo insieme tutti i pezzi: mancano i posti letto, i medici, si chiudono i reparti, aumentano le prestazioni aggiuntive ma non si possono eseguire interventi chirurgici d’elezione. I sintomi di un sistema che sta collassando. Se politicamente non si adotteranno scelte forti per modificare questo quadro, la sanità pubblica molisana è destinata a crollare in breve tempo».
È un pensiero sbagliato ipotizzare che si arriverà ad avere un solo ospedale in regione?
«La mia idea? Ritengo plausibile che se i molisani sceglieranno lo stesso Jurassic Park politico che ha governato fino ad oggi, si arriverà alla chiusura degli ospedali di Isernia e Termoli e il Cardarelli sarà riassorbito dalla sanità privata. Finirà così, nella fusione tra pubblico e privato. La solita via italiana alla privatizzazione. Ma tutto questo si inquadra in una degenerazione complessiva del territorio. Lo spopolamento costante e progressivo, determinato dalla mancanza di lavoro e anche di servizi degni di questo nome è un esempio. E lo sono anche le scelte energetiche: siamo pieni di parchi eolici però sono altri che sfruttano le nostre risorse e noi non siamo in grado di utilizzarle, in maniera ovviamente rispettosa per l’ambiente, per creare, faccio un esempio, una struttura autonoma per approvvigionarci di energia pulita. Si vuole realizzare un altro impianto eolico davanti alla nostra costa perché un’industria dovrà produrre idrogeno e trarrà vantaggi distruggendo il nostro territorio. Queste azioni di predazione continuano e continueranno sempre. Come è accaduto per la sanità: si è arrivati alla sua distruzione per predarla a fini privati e si arriverà anche alla distruzione del territorio perché altri ne traggano vantaggi. Siamo solo terra da sfruttare?».

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