Transizione ecologica, certo. Ma poi, mettersi in viaggio con un’auto elettrica significa fare i conti con troppe, spesso insormontabili difficoltà. La conferma arriva dagli aggiornamenti di Motus-E che ha reso noti i dati sulla situazione attuali delle colonnine di ricarica ma aggiornati a dicembre 2022: più della metà dei comuni italiani (il 58%), secondo il report, non ha attualmente colonnine ad accesso pubblico.
E nella classifica Isernia (con i dati aggiornati al 2022 mentre, nel frattempo, l’amministrazione ha attivato tre colonnine) risulta tra i capoluoghi di provincia che vanta il minor numero di colonnine per ricarica.
Non finisce qui. Isernia, nello stesso report pubblicato dai maggiori quotidiani italiani, finisce anche in fondo alla classifica quando si tratta di ricarica ad alta velocità. Elemento da considerare perché il rischio tra postazioni occupate e rifornimento può essere un’attesa molto più lunga del previsto.
Dati alla mano – come riporta La Repubblica – i comuni senza infrastrutture, diffusi in tutta Italia, si concentrano per lo più nel centro Sud. Riguardo ai 44 più popolosi (con almeno 100.000 abitanti), secondo Motus-E, a meritare la maglia nera, nello specifico, sono 7 che non solo sono al di sotto della media nazionale di 6 colonnine ogni 10mila abitanti, ma addirittura rasentano lo zero: Foggia (0,9), Latina (0,8), Prato (0,7), Trieste (0,7), Cagliari (0,6), Sassari (0,6), Giugliano in Campania (0,2).
Ragionando per capoluoghi, che come detto spesso diventano punto di riferimento per le zone circostanti, il report mette sotto i riflettori le città che vantano il minor numero di colonnine: Prato, Trieste, Vibo Valentia, Crotone e infine, come detto all’ultimo posto, Isernia (stessa performance anche per le colonnine di ricarica veloce).
Secondo il Decreto Semplificazioni, ci vorrebbe almeno un punto di ricarica ogni mille abitanti perché disporre di un’infrastruttura di ricarica capillare è fondamentale per poter sostenere la diffusione delle auto elettriche.
E se vale questa regola, ovviamente Isernia è all’ultimo posto in classifica con tre postazioni pubbliche attive. Che saranno anche usate dagli automobilisti dei centri limitrofi magari sprovvisti. Tantissime realtà di piccole dimensioni fanno affidamento a zone limitrofe per la ricarica, perlopiù i capoluoghi di provincia (che vantano il 32% di colonnine totale).
Prima di partire con una vettura a batterie, quindi, occorre farsi un’idea piuttosto precisa sulle colonnine di ricarica presenti lungo il tragitto. Quindi, meglio scegliere in anticipo e con grande attenzione i tragitti più adatti ed evitare accuratamente quelli sprovvisti di infrastrutture. Il che, di fatto e prendendo per buono il report pubblicato solo qualche giorno fa, farebbe escludere Isernia.
Il report tranquillizza gli automobilisti: nello stivale c’è in media almeno un punto di ricarica ad uso pubblico nel raggio di 30 km. A piedi non si rimane, certo. Il prezzo da pagare è comunque notevole. Inoltre, è bene sapere, che basta diminuire la distanza a 20 km che la disponibilità si limita al 99% del territorio, e a 10 km si scende all’86%.
Roma rimane al primo posto per numero di punti di ricarica; Venezia, invece, lo scorso anno ha primeggiato per il maggior numero di punti in rapporto alla popolazione; Milano, in rapporto all’estensione del territorio. Numeri con cui il paese arriva a mettere disposizione di 100 automobilisti che utilizzano l’auto elettrica ben 21,5 punti di ricarica: dati ben al di sopra di paesi come la Norvegia, la Germania, il Regno Unito e la Francia.
Un dato che non deve distrarre rispetto alla mancata capillarità infrastrutturale sul territorio: dotare di punti di ricarica le zone ancora non coperte, suggerisce il report Motus-E, aiuterebbe a far conoscere ai turisti realtà meno note, spesso bypassate proprio per la scarsa presenza di colonnine di ricarica.

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