La presenza dell’ospedale a Isernia è storica e va difesa da questo declino costante, cosa che purtroppo negli ultimi 20 anni la classe politica a tutti i livelli non sta facendo. Queste cruciali battaglie vanno affrontate in modo preciso, compatto e unito. Non basta dire ai media di essere pronti a scendere in piazza e poi non farlo. Sono solo slogan mentre per la difesa della sanità pubblica serve tanta sostanza. La decisione di chiudere il servizio dell’emodinamica nel presidio pentro è stata presa dalla struttura commissariale della sanità. L’augurio è che ci sia una netta presa di posizione da parte di tutti dal presidente Roberti a Michele Iorio che meglio di tutti sa quale è il ruolo dell’ospedale di Isernia. Ma serve l’impegno anche dei consiglieri di opposizione. Un ospedale che quando è stata costruito era classificato all’avanguardia nel sistema sanitario molisano. C’è chi ora lo ritiene obsoleto ed inadeguato non solo dal punto di vista dello stato delle opere murarie e delle caratteristiche costruttive ma anche e soprattutto per quanto concerne la ristrettezza e la distribuzione funzionale degli spazi e la dotazione tecnologica e impiantistica. Allora era una struttura sanitaria sicura, di moderna concezione dove tutto filava liscio. In giro ci sono tanti urlatori che parlano di aspetti che nulla hanno a che vedere con la funzionalità di un ospedale. Purtroppo, oggi il populismo è imperante. C’è chi si erge a paladino della situazione solo per conquistarsi uno spazio sulle tv o sul giornale. Una volta chi parlava di problemi sanitari lo faceva con cognizione di causa. È molto strano che non si è capito l’aspetto più importante: se un reparto è a rischio chiusura la causa principale è la mancanza di medici e infermieri. Qualcuno dovrebbe spiegare perché ai concorsi indetti regolarmente dall’Asrem non si presenta nessuno? Perché all’ex Gemelli e al Neuromed i medici e gli infermieri non mancano mai? A quei tempi i primari lavoravano al limite delle loro possibilità senza mai lamentarsi. C’è chi ricorda il prof. Giuseppe Di Pietro che operò una donna dalle ore 19 fino alle prime luci dell’alba del giorno successivo. Uscì dalla sala operatoria stremato ma felice e con un sorriso strinse la mano al marito della donna che aveva operato. Non solo Di Pietro ma anche gli altri primari lavoravano con entusiasmo anche se a volte incontravano delle criticità, che superavano sempre con tanta serenità, mai con acredine nei confronti di alcuno. Anche oggi ci sono primari che lavorano con impegno e professionalità e ci invidiano da più parti. Ci riferiamo a Giovanni Vigliardi, Enzo Bianchi, Paola Iuorio, Gianni Di Pilla, Carlo Olivieri. Sono eroi che andrebbero supportati con iniziative mirate e non a chiacchiere. Solo che allora c’era una classe politica attenta che risolveva i problemi prima che nascessero. Un’ultima considerazione: se l’ospedale è stato intitolato a Ferdinando Veneziale un motivo c’è. La scelta del nome fu quanto mai felice ed opportuna, per l’amore e la stima che tutti nutrivano per un personaggio di grosso spessore. A qualunque ufficio venne chiamato, Ferdinando Veneziale portò sempre in alto il senso dello Stato. Nella delibera (n. 34 del 9 marzo 1967) di intitolazione dell’Ospedale al suo nome si legge, tra l’altro, che egli fu “…maestro di diritto, nonché amministratore oculato e saggio padre di famiglia”. Uno dei personaggi che ha fatto la storia di Isernia. Fu eletto deputato nel 1921 e nominato Prefetto del Molise nel 1944. Chiunque vuole ergersi a protagonista tenga bene in mente a chi è stato intitolato il nosocomio di Isernia. Le scelte politiche (Decreto Balduzzi per dirne una) hanno fatto sì che una Regione di 300mila anime perdesse la sua dignità. Ormai è diventata una battaglia contro i mulini a vento.

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