La notizia della morte di Papa Francesco ha colpito il mondo intero, ma in Molise — e in particolare nella comunità di Isernia — il dolore si mescola a un ricordo ancora vivo, profondo, che ha segnato la storia recente della terra pentra. Il 5 luglio 2014, quello che era uno dei primi viaggi pastorali del Pontefice in Italia, toccò proprio il cuore del Molise, con tappe significative al Santuario di Castelpetroso e poi nel capoluogo di provincia, dove Papa Bergoglio aprì ufficialmente l’Anno Giubilare Celestiniano. E non è un caso che, proprio durante la sua visita a Isernia nel 2014, Francesco abbia scelto di iniziare il suo percorso dal carcere cittadino: una visita riservata, silenziosa, ma forse tra le più dense di significato, perché è lì che ha voluto portare per primo il messaggio della misericordia e della speranza.
Una visita che fu molto più di un semplice passaggio: fu un gesto di attenzione verso una terra spesso dimenticata, ma ricca di spiritualità, di storia, di sofferenze e di speranze. Il “Papa della misericordia” scelse di parlare ai molisani non solo come capo della Chiesa, ma come fratello tra fratelli, affrontando temi cruciali come lo spopolamento, la disoccupazione, il lavoro, la solidarietà.
Nel suo intervento dalla Cattedrale di Isernia, Francesco parlò del valore della cittadinanza vissuta come fraternità, ricordando l’eredità di Celestino V, figura simbolo di umiltà e rinnovamento spirituale. Disse: «La misericordia, l’indulgenza, la remissione dei debiti, non è solo qualcosa di devozionale, di intimo, un palliativo spirituale. No! È la profezia di un mondo nuovo».
Con parole semplici e potenti, il Pontefice indicava una strada controcorrente: un’economia centrata sulla persona e non sul profitto, un’idea di società in cui nessuno resti indietro, e in cui la giustizia sociale si costruisca a partire dalla compassione e dalla condivisione.
Oggi, nel giorno del suo ritorno alla Casa del Padre, Isernia e il Molise intero piangono un uomo che aveva saputo guardare questa terra negli occhi, comprendendone il valore, le ferite e il potenziale. Le campane della Cattedrale suonano a lutto, e nei cuori di tanti risuonano ancora le parole che pronunciò in quella piazza: «Non siamo dei sognatori, degli illusi… crediamo piuttosto che questa strada è quella buona per tutti, è la strada che veramente ci avvicina alla giustizia e alla pace». Parole ancora oggi tremendamente attuali.
Ad accogliere il Santo Padre, quel 5 luglio di 11 anni fa, le parole di monsignor Camillo Cibotti, che ricordò subito come proprio il 5 luglio del 1294 un figlio di quella terra, Pietro del Morrone, fu eletto Papa con il nome di Celestino V. Nel suo saluto, Cibotti espresse l’emozione della comunità di sentirsi stretta al cuore paterno del Pontefice. Lo fece descrivendo la diocesi di Isernia-Venafro come una realtà piccola ma vivace, ricca di risorse umane e culturali, nonostante le dure sfide dettate dalla crisi economica e dalla disoccupazione.
Una diocesi viva, fedele, generosa e impegnata grazie a tanti uomini e donne di buona volontà che oggi rivolge un addio commosso, ma anche grato a Papa Francesco che ha saputo portare anche in Molise il respiro universale del Vangelo, lasciando un’eredità che si fa impegno e memoria viva. Da qui l’invito di monsignor Cibotti rivolto a tutti i fedeli a partecipare alla celebrazione eucaristica a suffragio dell’anima del Santo Padre che si terrà alle ore 20 in Cattedrale.
Foto di Carmelo Di Pilla