La città racconta la sua storia a chi ha occhi per guardare sotto la superficie. Dopo la rimozione delle macerie derivanti dalla demolizione dell’ex scuola San Pietro Celestino, nel centro storico di Isernia, sono affiorate importanti evidenze archeologiche che hanno spinto le autorità a modificare i piani originari dell’intervento.
A circa 50-60 centimetri sotto il piano di calpestio, gli operai si sono imbattuti in un pavimento mosaicato di pregevole fattura, probabilmente appartenente a una domus o a una bottega della città antica. Accanto ai mosaici, sono emerse murature perimetrali, frammenti di anfore, piatti, tegole in coccio pesto: testimonianze materiali che raccontano di una vita quotidiana fiorente, databile intorno al III o II secolo avanti Cristo, stando alle prime impressioni. Ma solo le analisi più accurate sapranno dire di più, con maggior precisione.
La presenza in zona di numerose colonne in pietra lascia inoltre ipotizzare la vicinanza di edifici pubblici o cultuali, forse un tempio dedicato a qualche divinità. A conferma del fatto che l’area urbana in questione sia di notevole rilievo storico e culturale, e che possa restituire alla città nuove chiavi di lettura sulla sua origine e sul suo ruolo strategico nell’antichità.
Per ora gli scavi proseguono con estrema cautela: «Abbiamo abbassato il livello di scavo di circa 60 centimetri ed è venuto alla luce tutto questo – racconta con emozione uno degli operai presenti sul posto –. È davvero una scoperta eccezionale: maioliche, pareti, pavimentazioni. Una bellezza nascosta sotto i nostri piedi, che merita rispetto e attenzione».
Un sopralluogo della Soprintendenza – intanto – è atteso già per lunedì prossimo, per valutare il valore dei reperti e stabilire se i lavori edilizi potranno riprendere o se, al contrario, si dovrà procedere con una campagna di scavi più ampia. Quel che è certo è che il sottosuolo di Isernia continua a rivelare la grandezza della sua storia, spesso celata sotto strati di cemento e abbandono. Una scoperta che, al di là del valore archeologico, riaccende anche una riflessione sul rapporto tra città e memoria, tra sviluppo urbano e tutela del patrimonio.

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