Tenute prigioniere nelle case, costrette a prostituirsi senza mai poter uscire, private persino della propria identità attraverso documenti falsi. È il terribile quadro emerso dall’operazione che ha portato la Polizia di Stato a smantellare un’organizzazione criminale che da anni trasformava connazionali cinesi in vere e proprie schiave del sesso, gestendo un impero della prostituzione tra Lazio, Campania e Molise.
La Squadra Mobile di Isernia, coordinata dalla Procura della Repubblica locale e con il supporto delle Squadre Mobili di Latina e Napoli, ha eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari disposte dal giudice per le indagini preliminari. I destinatari del provvedimento sono tutti cittadini cinesi accusati di aver costituito una vera e propria associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione.
L’inchiesta ha rivelato un meccanismo criminale particolarmente insidioso. Le vittime, tutte connazionali degli arrestati, venivano mantenute in una condizione di totale isolamento sociale, costrette a vivere recluse nelle case dove erano costrette a prostituirsi. La loro condizione di clandestine facilitava il controllo da parte dell’organizzazione, i cui membri riuscivano ad eludere i controlli delle forze dell’ordine sostituendo sistematicamente l’identità delle donne sfruttate e utilizzando documenti appartenenti a persone diverse.
La rete criminale operava su un territorio molto vasto, spostandosi costantemente tra le città e le province di Napoli, Salerno, Latina, Roma e Isernia, gestendo numerose case d’appuntamenti e pubblicizzando i “servizi” attraverso annunci su diversi siti internet.
Le indagini, condotte attraverso complesse attività di intercettazione e videosorveglianza, hanno messo in luce una struttura associativa ben definita. Al vertice dell’organizzazione si trovava un uomo che, insieme alla moglie, alla sorella e a un’altra complice, dirigeva e promuoveva l’intero sistema di sfruttamento.
Le donne del gruppo si occupavano specificamente della gestione degli annunci online e dell’organizzazione degli appuntamenti, mentre il capo dell’organizzazione controllava direttamente gli spostamenti delle vittime, accompagnandole personalmente negli spostamenti tra le varie città utilizzando automobili e treni. Il controllo era così serrato che le donne non potevano mai uscire autonomamente dalle abitazioni.
L’uomo faceva costantemente la spola tra le diverse località per rifornire le prostitute di beni di prima necessità e, soprattutto, per raccogliere il denaro derivante dall’attività illecita.
I numeri emersi dall’inchiesta testimoniano la portata del fenomeno: l’organizzazione gestiva un giro d’affari stimato intorno ai 6.000 euro mensili, con una media di oltre 110 clienti al mese per ogni struttura. Al vaglio degli inquirenti c’è ora anche la lista dei clienti che frequentavano le case d’appuntamenti gestite dalla rete criminale.
L’operazione rappresenta un colpo significativo contro una forma particolarmente grave di criminalità che sfrutta la vulnerabilità di persone in condizioni di marginalità sociale ed economica, trasformandole in vittime di un sistema di controllo e sfruttamento totale.
Il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e gli indagati non possono essere considerati colpevoli sino alla sentenza definitiva di condanna.

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