Un pomeriggio di confronto in ambito sanitario, a Isernia, con l’evento “Dalle acuzie alla cronicità. Le Reti Cliniche Socio Assistenziali per la presa in carico della Persona con cronicità di malattia”, progetto promosso dall’Ucid della città ospitante, dal Gruppo Regionale Molise e dalla Commissione Nazionale Sanità dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, e che si è tenuto giovedì 12 giugno 2025, a partire dalle ore 15 nella splendida Aula Magna dell’ex Seminario Vescovile della Diocesi di Isernia-Venafro dinanzi ad una platea di oltre 170 personalità tra medici, operatori sanitari, operatori socio-assistenziali, avvocati e studenti del corso di laurea in Infermieristica, magistralmente guidati dalla direttrice didattica, la dottoressa Giovanna Venditti.
Tre ore da non dimenticare, dedicate alle cure appropriate, efficaci, efficienti, di qualità e sicure per ipazienti che passano da una fase acuta di una patologia, caratterizzata da un’insorgenza rapida dei sintomi,a una fase cronica, in cui la malattia persiste nel tempo, mettendo in relazione professionisti, strutture e servizi che erogano interventi socio-assistenziali.
Un evento di valenza nazionale che ha visto ospiti, partecipare sia fisicamente che non, provenienti anche da altre Regioni d’Italia.A partire dal Sottosegretario di Stato al ministero della Salute, l’onorevole Marcello GEMMATO che in una missiva ha dichiarato: «L’evoluzione demografica, l’aumento dell’aspettativa di vita e il progresso delle cure mediche stanno modificando profondamente il profilo epidemiologico della popolazione: sempre più cittadini convivono con patologie croniche per periodi lunghi della loro vita. Questo cambiamento impone una profonda trasformazione culturale e organizzativa: dalla logica dell’intervento episodico e centrato sull’ospedale, dobbiamo passare a un modello di presa in carico continua, integrata, personalizzata, che metta realmente la persona al centro del percorso di cura. In questo scenario – ha continuato Gemmato – le reti cliniche e socioassistenziali rappresentano un nodo strategico. Perché affrontare la cronicità non significa solo erogare cure sanitarie, ma costruire intorno alla persona un sistema coordinato di servizi, competenze e relazioni: l’integrazione tra medicina specialistica, medicina generale, assistenza domiciliare, servizi sociali, supporto psicologico, e molto altro. Il Ministero è consapevole di questa trasformazione e sta lavorando per favorire modelli innovativi e sostenibili. Le risorse del Pnrr, in particolare la Missione 6 Salute, stanno rafforzando la rete territoriale, valorizzando il ruolo del medico di base e degli infermieri di comunità, e promuovendo il digitale e la telemedicina per una sanità più vicina alle persone. Ma le riforme strutturali non bastano. Occorre anche un cambiamento di paradigma, che coinvolga istituzioni, operatori, territori e cittadini. Serve un nuovo patto tra istituzioni e comunità, fondato sulla corresponsabilità e sulla visione condivisa di una sanità che non lascia indietro nessuno. Per questo ritengo che iniziative come quella di oggi sono fondamentali. È nel confronto tra esperienze, nella costruzione di reti di conoscenza e buone pratiche, che possiamo trovare soluzioni concrete, e soprattutto umane. Rinnovo il mio ringraziamento per l’impegno e per l’alto livello del dibattito. Da parte mia e del ministero della Salute – ha concluso il Sottosegretario – l’impegno a proseguire sulla strada dell’ascolto e determinazione.
Il convegno è iniziato con i saluti istituzionali. In sala il presidente del Consiglio regionale del Molise, Quintino Pallante: «Accolgo molto volentieri questo tema, che ci fa fare un passo in avanti rispetto alla realtà e alle prospettive che devono considerare l’etica, la morale e tutto quello che c’è dietro la considerazione degli ultimi.È necessario un cambiamento sociale prima che organizzativo. Oggi le reti devono essere umane perché la cronicità coinvolge la persona a tutto tondo. È quindi necessario – ha concluso il presidente – investire non solo nelle infrastrutture ma anche sulle persone».
Al suo fianco il presidente del Consiglio regionale del Lazio, Antonello Aurigemma, già coordinatore della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee Legislative delle Regioni e delle Province Autonome: «Adesso, con le risorse del Pnrr abbiamo la possibilità di mettere a terra il DM77 (sulla presa in carico e sull’assistenza territoriale). È un aspetto importante poiché, anche grazie alle innovazioni tecnologiche (come la telemedicina), sarà possibile rafforzare ulteriormente le cure a domicilio e decongestionare anche i Pronto soccorso. Quando parliamo di sanità territoriale – ha continuato Aurigemma – dobbiamo implementare ulteriormente la rete tra tutti gli attori protagonisti, al fine di fornire risposte sempre più mirate e precise».
Dai saluti istituzionali si è passati ai saluti di settore. Presenti il commissario alla Sanità della Regione Molise, Marco Bonamico: «Un convegno molto importante perché si deve immaginare, dato l’aumento dell’età della popolazione del Molise, una Sanità del tutto diversa. Non ci può essere più la centralità della cura negli ospedali ma bisogna prendere in carico i pazienti sul territorio, attraverso il territorio». Al suo fianco il sub commissario alla Sanità, Ulisse Di Giacomo, il quale si è soffermato su dettagli tecnici: «[…] Abbiamo attraversato la crisi della pandemia dal Covid che ha dimostrato una cosa, che il modello impostato sugli ospedali e quindi sulle unità operative di emergenza e di urgenza non è sufficiente ad assicurare al cittadino la salute e a salvargli la vita in caso di calamità e di crisi pandemiche. Gli ospedali, che nelle regioni svolgono egregiamente il proprio lavoro, hanno una difficoltà, quella di essere assediati da una pletora di persone, di pazienti che a volte non sono neanche pazienti. I Pronto soccorso sono presi d’ assalto, i posti letto nelle unità operative non sono più sufficienti e la sanità va in crisi. La sfida che abbiamo di fronte, in tutte le regioni del nostro paese, è quella di capovolgere questo sistema assistenziale, di partire dalla sanità di prossimità, quanto più vicina al cittadino, quindi l’assistenza domiciliare e l’assistenza fuori dal proprio domicilio, ma vicina al paziente, con delle nuove istituzioni, delle nuove attività, dei nuovi servizi per i cittadini. Tutto questo servirà anche a migliorare il funzionamento dei nostri ospedali, il funzionamento di pronto soccorso e il funzionamento delle unità operative che si trovano dietro alle porte del pronto soccorso. Noi siamo impegnati in questo, in questa regione. Non è una situazione semplice. Non fosse altro perché abbiamo trovato una situazione a livello di organizzazione della sanità territoriale deficitaria, non dico vicina allo zero, ma deficitaria e la stiamo organizzando con un grande lavoro, con grandi sforzi e anche con le risorse che abbiamo a disposizione che non sono poi granché. Il quadro che vi posso raffigurare – ha continuato Di Giacomo – che è il frutto di due anni di lavoro, è questo: abbiamoistituito le centrali operative territoriali, che sono il vero punto di snodo tra il territorio e gli ospedali, e siamo tra le prime regioni in Italia ad avere sperimentato e sperimentando in questo momento le prime tre case di comunità, una per ogni distretto, una a Venafro, una a Boiano e una a Larino. Stiamo organizzando con i medici di medicina generale, con i pediatri di libera scelta, con gli specialisti del Sumai, i lavori all’interno di queste strutture. Io devo fare un ringraziamento pubblico, ci tengo a farlo ed è doveroso, ai medici di medicina generale della nostra regione, che da subito hanno dato la disponibilità, in parte ad entrare nella dipendenza dal servizio sanitario nazionale e in gran parte per quelli che non hanno fatto questa scelta nel dare da subito la disponibilità ad essere inseriti all’interno delle nuove attività all’interno delle case di comunità. Ed è grazie a loro che noi siamo partiti e possiamo dire di avere tre case di comunità in funzione in questa regione.Siamo in interlocuzione con i ministeri per altri due progetti sperimentali. Vogliamo spostare dalla rete ospedaliera alla rete territoriale tutti i posti di riabilitazione, ex articolo 56, e tutti i posti di lungodegenza che attualmente sono sparsi nei 3-4 ospedali della nostra regione e che invece vedrannocon l’accordo del ministero che ha inteso partecipare a questa sperimentazionela centralizzazione di tutti i posti di lungodegenza presso l’ospedale di comunità di Venafro e tutti i posti della riabilitazione presso l’ospedale di comunità di Larino.Questo è il risultato, in sintesi, che noi abbiamo raggiunto in questimesi di lavoro in questa regione, nel nostro ruolo di Commissario. Io sono convinto che questa regione abbia tutte le capacità e tutte le qualità per poter reggere il confronto con le altre regioni sul tema della sanità. Il nostro compito è quello di fare in modo che la regione Molisepossa andare fiera di quello che riesce a costruire, fiera di quello che ha potuto fino adesso ottenere, sperando che possa raggiungere livelli ottimali che altre regioni già hanno».
Anche la Lolita Gallo, Direttore generale per la Salute della Regione Molise, ha espresso il medesimo pensiero: «Come ha spiegato il sub commissario Di Giacomo, lavoriamo a stretto contatto con l’Asrem su quello che sono le nostre idee. Noi siamo partiti a seguito della legge del 2007, la legge finanziaria, con le case della salute, 13 case della salute, attivate 8. Però ancora mancava qualcosa e in questo il legislatore ha tirato fuori, giustamente per dare impulso al territorio, il DM 77. Quindi noi adesso abbiamo istituito 13 case di comunità che diciamo non sono solo una conseguenza delle case della salute, ma avranno contenuti nuovi, quelli previsti dal DM 77. […] La casa di comunità sarà quindi il primo punto di riferimento per l’utenza e soprattutto per la cronicità».
Al suo fianco Grazia Matarante, Direttore Amministrativo Asrem: «Quello della cronicità è un tema, è una sfida cruciale della sanità moderna, cioè noi dobbiamo spostare l’attenzione sul territorio. A maggior ragione in questa regione che vive lo spopolamento e viveil fatto che comunque ci sia la popolazionesempre più anziana. Queste criticità le possiamo superare solo accettando una sfida importante che è quella che la sanità moderna ci propone e cioè la presa in carico socio-assistenziale del cronico sul territorio. È una sfida che abbiamo accettato e che vogliamo comunque portare avanti perché non può esistere un ospedale sicuro, un ospedale di qualità, se non abbiamo un territorio che comunque cura le cronicità. Non ce la possiamo fare. Vogliamo continuare a costruire una sanità dove nessuno resti fuori e dove tutti possiamo dare risposte ai bisogni della popolazione».
A concludere i saluti di settore Florindo Di Lucente, presidente dell’Ordine degli Avvocati della Provincia di Isernia: «Parlare di salute è importante, la salute è un argomento che riguarda tutti quanti noi. Questo è il motivo che, come Ordine degli avvocati, ci ha spinto ad accreditare l’evento a livello formativo e riconoscere il nostro patrocinio.Parlare di salute – ha continuato Di Lucente – è importante perché il diritto alla salute, come tutti sappiamo, è riconosciuto e tutelato dall’articolo 32 della nostra Carta Costituzionale. E io credo che oggi da questo convegno possano venire fuori degli spunti interessanti per far sì che questo diritto possa, come dire, attuarsi».
Con Luigi Gentile, presidente Commissione Sanità nazionale Ucid si è entrati nel vivo del convegno: «Un evento che vuole focalizzare l’attenzione sulla centralità della persona – ha dichiarato Gentile – Perché la persona con cronicità di malattia ha spesse volte, quasi sempre, molte patologie tra di loro concomitanti. Per tale motivo è importante sottolineare non soltanto la presa in carico delpaziente dal punto di vista clinico-organizzativo ma anche dal punto di vista socio-assistenziale». Con lui, al tavolo, relatori di alto spicco sanitario e cristiano.
A partire dal Direttore Generale dell’Area Sanità e Sociale della Regione Veneto, Massimo Annicchiarico con la sua Lectio Magistralis: “[…] Abbiamo imparato che le malattie possono anche non guarire, ma abbiamo imparato che insieme alle malattie non guaribili o le malattie acute che non guariscono e quindi diventano per questo non guaribili, non esiste ovviamente l’incurabilità, esiste la mancata guarigione, ma non esiste la possibilità di curare. Ed è proprio in questo elemento, cioè dell’inguaribilità che è tipica del soggetto cronico, che si esercita, uno degli elementi più importanti di equilibrio fra la scienza e i valori umani e il significato umanonon soltanto del prendersi cura ma del concetto stesso di malato cronico. […] Siamo una popolazione che ha allungato in maniera molto significativa la propria vita, anche se l’Italia ha uno degli indici più bassi di natalità d’Europa. Al concetto di vita si è aggiunto un concetto che ovviamente nel mondo medico non era presente, che era il concetto di longevità, cioè quello non soltanto di poter vivere, ma anche di vivere a lungo, a volte anche molto a lungo. […] I soggetti cronici sono al momento un quinto della popolazione, con la previsione di diventare a breve, entro 10 anni, un quarto con l’aumentare del numero degli ultracentenari.C’èun elemento negativo in questo: gli anni vissuti in buona salute si sono accorciati soprattutto per il genere femminile. L’ultima rilevazione Istat accerta che gli anni trascorsi in buona salute per le donne si sono ridotti e si attestano a 55 anni; gli anni trascorsi in buona salute per gli uomini sono un po’ di più. Quindi le donne vivono più a lungo ma sembrano vivere un po’ meno in buona salute di quanto non vivono gli uomini che in buona salute vivono 58 anni della loro vita. Questo dato, per il genere femminile, per la prima volta dopo 10 anni, è peggiorato, ed è un elemento molto rilevante perché vuol dire che il peso di patologie si spalma su una durata della vita particolarmente lunga, in quanto l’età media è di circa 85 anni per le donne. Questo vuol dire che per le femmine ci sono trent’anni di vita che vengono considerati non vissuti in condizioni di buona salute. […]
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Le principali malattie croniche sonole malattie cardiovascolari, i tumori, le malattie respiratorie, il diabete; altre patologie croniche sono anche nuove, perché l’evoluzione tecnologica ha determinato un cambiamento non irrilevante nella comparsa di condizioni di assenza di salute diverse dal passato. Esempio, le patologie oncologiche, come il tumore metastatico della mannella e/o melanoma, 10 anni fa avevano una prognosi estremamente infausta e certa. L’ innovazione farmacologica per queste due patologie ha cambiato radicalmente la durata, la storia, la prognosi e quindi anche gli anni di convivenza con questa patologia che è quello che noi solitamente associamo al termine cronico. Ma ne abbiamo create altre di cronicità. Tutti i bambini che oggi vengono alla luce alla ventottesima, ventinovesima, trentesima settimana 15 anni fa morivano; oggi noi riusciamo a mantenerli in vita spesso, ma non sempre a riportarli a condizioni di fisiologia paragonabili a quelli di una gravidanza a termine. Addirittura, alcune di queste condizioni riusciamo a portarle a termine in gravidanza, pur sapendo che esiste una patologia di carattere cronico, non come scelta ma come intervento di carattere terapeutico; quindi, sono malati cronici fin dalla nascita. Una cosa che, se guardiamo il nostro orizzonte di conoscenza, sembrava un paradosso se soltanto l’avessimo pensato trent’anni fa che un bambino potesse essere un paziente cronico. …».
Monsignor Massimo Angelelli, Direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI, si è soffermato sulla solitudine del paziente: «Io credo che in questo passaggio dalla fase acuta alla cronicità dobbiamo fondamentalmente provare a mettere insieme un paio di idee. Recentemente, intendo tre mesi fa, gli ordini professionali hanno approvato i nuovi codici deontologici per ben 16 professioni sanitarie e un mese dopo quello degli infermieri. Ci sono delle importanti novità in quei codici. Vi consiglio, vi suggerisco di andarli a leggere, soprattutto quelli delle 16 professioni sanitarie – ha dichiarato Angelelli – L’hanno approvato insieme su una struttura comune e l’articolo uno è il concetto di persona. Mi permetto di citarlo brevemente. L’articolo 1 recita: la persona è una totalità unificata, il centro in cui si armonizzano le dimensioni biologiche e spirituali, etiche e bioetiche, culturali e relazionali, progettuali e ambientali dell’essere umano nel percorso di vita. È una bella definizione, forte, è dinamica, mi sembra un grande focus su cui prestare l’attenzione. la persona in realtà è molto di più della sua dimensione biologica e anche della sua dimensione patologica. Purtroppo, la maggior parte dei medici che si sono formati negli ultimi trent’anni, e buona parte anche dei professionisti sanitari, si sono concentrati sull’organo, sulla patologia dell’organo, sulla sezione di patologia dell’organo, dimenticando, o lasciando in secondo piano, che quell’organo è attaccato a una persona che ha bisogno anche di altro. Questo credo che sia uno dei temi più grandi che riguarda la cronicità e riguarda le reti territoriali e ho l’impressione che siamo molto, molto lontani dall’affrontarle con chiarezza. Perché quelli che abbiamo chiamato caregiver sono gli affetti, sono le persone. non dobbiamo professionalizzarli, dobbiamo ricordarci che queste persone sono intorno al sofferente per una ragione affettiva, non professionale. […] In un recente rapporto dell’organizzazione mondiale della sanità si vedono dei numeri paurosi. Un anziano su quattro soffre di isolamento sociale e una fascia variabile tra il 5 e il 15% degli adolescenti soffrono di solitudine. Ciò sta scatenando una serie di patologie che fondamentalmente non hanno un’origine biologica, come per esempio tutti i disturbi del comportamento alimentare che stanno esplodendo in maniera totalmente ingestibile e sono figli di un sistema sociale. L’Italia, nonostante le lamentele continue, – ha continuato mons. Angelelli – ha un grande servizio sanitario nazionale che funziona alla grandissima e di questo dobbiamo esserne assolutamente orgogliosi. Però va anche detto che è ancora centrato su un sistema fortemente prestazionale e ancora non è in grado di accompagnare nella sua complessità il paziente che eleva una domanda di salute. Troppo spesso il malato fa una specie di pellegrinaggio delle 7 Chiese alla ricerca dello specialista, torna dal medico di base, torna dall’altra parte e ancora, non c’è nessuno che realmente lo accompagni».
Un richiamo alle coscienze individuali e collettive è stato accennato da Don Antonio Mastantuono, Consulente ecclesiastico dell’Ucid nazionale: «[…]Il prendersi cura è accogliere l’altro, accogliere in quel momento, come un fratello, un simile che ha delle fragilità nella sua umanità. L’anziano che vive solo in casa, 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno perché non ha nessuno, perché i figli lavorano fuori o nel centro più grande, consuma la sua giornata e consuma la sua vita in una solitudine che è il male più grande di oggi. Più si vive da soli, più si diventa incapaci a stringere relazioni. Più si vive da soli, più si dimentica il linguaggio della relazione. La rete sociale vuol dire ascolto reciproco, capacità di interazione reciproca e anche capacità di farsi carico di accompagnarlo».
Paola Pisanti, Consulente esperto in malattie croniche del ministero della Salute si è soffermata dapprima su due concetti, persona e salute: «La persona non è individuo. La persona, nel significato etimologico greco latino significa maschera, sovrapposizione di maschere. Ciò vuol dire che ognuno di noi, nella sua identità, finisce per diventare un’identità con tutta una serie di appendici fino al momento prima della nascita, quindi le malattie genetiche, tutto il percorso durante la nascita, il momento perinatale fondamentale per alcune patologie[…] L’altro concetto è la salute dell’individuo, alla quale non può rispondere soltanto il servizio sanitario perché la persona è fatta del 30% di malattie e del 70% di relazioni interpersonali, di rapporti di coppia, del tipo di lavoro che deve affrontare, l’ambiente in cui vive. […] Il passaggio dalle acuzie alla cronicità – ha continuato – è fondamentale data l’aspettativa di vita, l’aumento delle malattie croniche. E anche la formazione professionale dei medici, che hanno lavorato soprattutto sulle acuzie, deve rivedere il modello culturale per affrontare le malattie croniche. È un lavoro che da anni il Ministero sta facendo attraverso il piano nazionale della cronicità – di cui ho avuto il piacere di coordinare la Commissione – dove abbiamo spinto le regioni ad andare sempre più possibile vicino al domicilio delpaziente. Perché il malato cronico deve essere seguito con continuità e deve essere sempre seguito dalla famiglia e dai caregiver. L’impostazione culturale di tutti quelli che lavorano nella salutedeve fare in modo che la patologia cronica venga vissuta nella maniera più serena possibile con un sistema sanitario pronto sia dal punto di vista professionale che strutturale».
La dott.ssa Raffaella Dispenza, Vice Presidente Nazionale Acli ha fatto il punto sulla dimensione formativa degli attori che sono coinvolti nella presa in carico del paziente: «Siamo una realtà sociale, una sorta di network sociale formato da realtà piuttosto diverse, quelle più associative dove viene tutelata e curata la socialità e le relazioni tra le persone, ma siamo anche una rete di servizi al cittadino.I nostri servizi di Patronato e Caf sono di fatto dei luoghi dove le persone si affidano non solo per accedere ad una prestazione, ma anche per trovare un luogo di fiducia in cui essere accompagnati, in cui essere orientati. Siamo anche una rete di centri educativi dove vengono formate le professionalità di oss, di assistenti, familiari, educatori. Le persone che lavorano nel terzo settore sono persone che cercano la relazione educativa e quindi guardano i fenomeni con una forte centratura sulla persona, hanno una forte capacità di vicinanza, di prossimità».
Il convegno è terminato con l’intervento di Giuseppe Socci, direttore operativo e tecnologico di Dimensione, azienda innovativa totalmente italiana che opera nel settore delle telecomunicazioni, con sede operativa in Molise ma che ha una prospettiva nazionale e che svolge anche una funzione di incubatore di idee e di talenti: «A volte si danno per scontate tante cose tecnologiche, che tanto scontate non sono. Noi diamo la possibilità a persone anziane d beneficiare della connessione a Internet aiutandoli, magari, a sentirsi meno soli. Abbiamo scelto di dare al Molise un’infrastruttura tecnologica, un’autostrada digitale unica in Italia. Ci auguriamo che la nostra azienda contribuisca in qualche modo a ridurre il fenomeno delle malattie croniche dello spopolamento».
L’evento ha visto il patrocinio della Diocesi di Isernia-Venafro, del Consiglio regionale del Molise, del Comune di Isernia e degli Ordini degli Avvocati e dei Medici, con l’aiuto di RES s.p.a., DIMENSIONE srl, DOLCE AMARO, “GEA MEDICA – Istituto Europeo di Riabilitazione -”, PENTRIA EMERGENZA, CENTRO SOCIALE SABINO d’ACUNTO e ACLI MOLISE.