Sulla candidatura non mi tirerò indietro”. Adesso è lo stesso don Vincenzo Chiodi a rompere il silenzio, sfidando la curia. Il parroco, che finora aveva lasciato parlare Giovanni Muccio, esce allo scoperto, rendendo noti i carteggi avuti con i vescovi e rivelando che, fosse stato per lui, si sarebbe canidato anche alle Regionali. “Alle Regionali – dice nella missiva inviata ai vescovi – del maggio scorso nella regione Molise avevo preparato tutto per presentare una lista di “Comunità di Rifondazione Cristiana”, con una spesa di diverse migliaia di euro. Alla fine, per accordi speciali, si sono ritirati proprio i cattolici negli ultimi giorni, impedendomi la presentazione della lista.

Il Santo Padre afferma: “La politica è il più alto servizio che il fratello rende al fratello”. Da qui l’appello indirizzato da don Vincenzo: “Lasciate che alcuni sacerdoti entrino a fare la politica come servizio e con in mano, in qualche modo, con le leve del potere. Le disposizioni dei patti lateranensi secondo le quali i sacerdoti non possono iscriversi ad un partito, né essere eletti, sono tramontate. Il sacerdote si deve dedicare alla evangelizzazione e alla santificazione dei fedeli. Nel 1929, le nostre chiese rigurgitavano di fedeli. Oggi, la partecipazione è bassissima nelle città e nei paesi e noi dobbiamo raggiungere le persone dove sono e nei luoghi dove vanno”.

Dalla Curia vescovile di Isernia, però, arriva la doccia fredda: sospensione a divinis nei confronti di don Vincenzo Chiodi che, per effetto di tale pena, sia nella Diocesi di Isernia-Venafro che altrove, “non potrà celebrare l’Eucaristia, né i Sacramenti e i Sacramentali, non potrà predicare e porre in essere atto legato al Sacro Ministero”.

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