Dalla medaglietta di una catenina, unico indizio rimasto quasi integro dopo il rogo avvenuto nella serata di mercoledì scorso, a Pozzo Dolce, si cercherà di risalire all’identità del clochard che ha perso la vita nel tragico incendio divampato nel chiosco-bar abbandonato. Anche attraverso la rete dei volontari e di coloro che bene conosco i senza fissa dimora, l’unico elemento che pare mettere d’accordo tutti è quello della nazionalità romena, che però deve essere confermata dagli accertamenti di natura medico-legale, accertamenti irripetibili che la Procuratrice della Repubblica di Larino, Elvira Antonelli, ha delegato al professor D’Ovidio, dell’istituto di anatomia-patologica di Chieti. Abbiamo chiesto al vertice dell’ufficio requirente frentano, ieri sera, di rappresentarci lo stato dell’arte dell’indagine condotta dagli agenti del commissariato di Polizia di via Cina, con l’anticrimine e anche il reparto scientifico. «Nessuna certezza allo stato sulla identità del cadavere. Venerdì (oggi, ndr) il sopralluogo dei Vigili del fuoco e della Scientifica per ulteriori rilievi e per cercare di stabilire causa e punto di origine dell’incendio. La salma sarà esaminata presso l’istituto di medicina legale di Chieti. Non ancora stabilita la data. Indagini in corso a 360 gradi», gli elementi che ha riferito la dottoressa Antonelli, che ringraziamo. Ma ieri mattina di sopralluogo ce n’è stato un altro, con la presenza del sostituto Marianna Meo, il Pm che affianca la Antonelli in questa inchiesta così delicata. Perché delicata? Perché oltre alla ricostruzione di cosa sia accaduto e da cosa abbia avuto origine l’incendio costato la vita al clochard, c’è da mettere in rilievo se quell’area pubblica, ormai dismessa e in attesa di riqualificazione, rispondesse ai criteri di incolumità e sicurezza. Per certo, sappiamo che nel corso dei mesi e fors’anche prima, sono stati presentati esposti a riguardo, poiché la zona era divenuta meta anche di tossicodipendenti. Non dimentichiamo nemmeno che nel luglio scorso, verso la fine del mese, un altro rogo, di portata minore e senza conseguenze, era scoppiato in quello stesso luogo. Ieri mattina gli agenti del commissariato e della Scientifica, proprio su disposizione della Procura frentana, hanno apposto i sigilli a Pozzo Dolce, in sopralluogo anche il dirigente ai Lavori pubblici, Gianfranco Bove, che ha illustrato alcune caratteristiche di quella sorta di anfiteatro all’aperto, dove tutt’intorno è evidente il mancato decoro. Pozzo Dolce, un tempo sfogatoio per la penuria di parcheggi cittadini, era struttura funzionale nel seminterrato e zona di ritrovo nell’arena sovrastante, poi è calato il buio, in tutti i sensi. Progetti di riqualificazione mai compiutamente decollati e quello riguardante il famigerato Tunnel, bloccato al Tar e ora al centro di una possibile transazione tra Comune e aggiudicatario del project financing. Tornando agli aspetti propri dell’inchiesta, non sono stati trovati cosiddetti acceleranti, ossia liquidi che potessero alimentare un rogo doloso e seppur non si esclude alcuna pista, l’orientamento è quello di un incidente scaturito dalla volontà di ripararsi dal freddo, accendendo un fuoco. In ogni caso si cercherà di documentare ogni possibile sviluppo e di scoprire la matrice di questo rogo che grida vendetta, perché a pagarne le spese è stato chi già era stato messo a dura prova dalla vita.