Una folla di lavoratori, delegati sindacali e rappresentanti politici si è ritrovata ieri pomeriggio davanti ai cancelli dello stabilimento Stellantis di Termoli. Era l’ora del cambio turno, quando decine di dipendenti hanno scelto di fermarsi per un incontro dal forte valore simbolico e politico. A raggiungerli è stata la vicepresidente del Movimento 5 Stelle, Chiara Appendino, accompagnata dal capogruppo regionale Roberto Gravina, da Antonio Federico e da Valerio Fontana. Con lei, i rappresentanti delle principali sigle sindacali – Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Usb, Ugl, della Cgil Molise e la consigliera comunale di Termoli, Marcella Stumpo. Presenti anche Patrizia Manzo e Antonio D’Aimmo. Una cornice partecipata, segnata dalla rabbia e dalla preoccupazione di chi da mesi vive sospeso tra cassa integrazione e contratti di solidarietà, con buste paga alleggerite e un futuro industriale sempre più incerto. L’iniziativa del Movimento 5 Stelle aveva un obiettivo chiaro: riportare al centro dell’agenda nazionale la vertenza Stellantis-Gigafactory, finora rimasta impantanata nei tavoli tecnici del Mimit. Per il M5S non ci sono alternative: «Il tavolo dev’essere avocato a Palazzo Chigi, deve essere Giorgia Meloni ad assumersi la responsabilità politica di una crisi che non è più solo locale, ma nazionale» ha scandito Appendino. La parlamentare ha ricordato come il progetto della Gigafactory di Termoli fosse stato presentato come strategico non solo per il Molise, ma per l’intero settore automotive italiano. Un’infrastruttura destinata alla produzione di batterie elettriche, tassello cruciale per la transizione ecologica e per la tenuta occupazionale di un territorio che vive da decenni attorno allo stabilimento ex Fiat. Eppure, i segnali raccolti negli ultimi mesi sono tutt’altro che incoraggianti. «Qui c’è un progetto che è stato venduto, su cui si sono stanziati fondi, su cui sono iniziati i lavori – ha detto la vicepresidente M5S – eppure, tutto fa pensare che Stellantis e il Governo si stiano disinteressando. Se davvero non intendono più investire, abbiano il coraggio di dirlo e spieghino quale sia l’alternativa. Non possono essere i lavoratori a pagare il prezzo di questa incertezza». «Un’azienda che produce più cassintegrati che auto». La critica di Appendino si è rivolta tanto al management di Stellantis quanto all’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. L’azienda, ha sottolineato, «continua a erogare miliardi di dividendi, ma in Italia chiude stabilimenti e taglia produzioni, mentre in altri Paesi europei procede a pieno regime». Una strategia che, nelle parole della parlamentare, rischia di trasformare lo stabilimento molisano in un simbolo di deindustrializzazione. «A me sembra evidente – ha dichiarato – che stiamo assistendo alla trasformazione di Stellantis in un’azienda che produce più cassintegrati che auto, che guarda agli asset finanziari più che alla produzione. Ma l’Italia merita di più, perché Stellantis ha avuto tanto dal nostro Paese e dai suoi lavoratori. È il momento di restituire, non di abbandonare». Le parole dell’onorevole hanno trovato eco tra gli operai presenti, molti dei quali hanno raccontato la difficoltà di vivere con stipendi ridotti, in alcuni casi attorno ai mille euro mensili, spesso unico reddito familiare. «La rabbia è legittima – ha commentato Appendino – è la rabbia di chi è stato preso in giro, di chi non arriva a fine mese mentre l’azienda distribuisce dividendi e il governo fa finta di niente. È la rabbia di chi vede incertezza e silenzi invece che risposte». La richiesta è chiara: un’integrazione al reddito per i lavoratori coinvolti nei contratti di solidarietà. Non un privilegio, ma una misura di giustizia sociale già sperimentata altrove. «Ho presentato personalmente un emendamento per garantire 350 milioni di euro a integrazione degli stipendi dei cassintegrati – ha ricordato Appendino –. Una cifra minima per il bilancio dello Stato, che avrebbe permesso a migliaia di famiglie di tirare un sospiro di sollievo. Sapete cosa è successo? Lo hanno bocciato e, nello stesso giorno, hanno votato l’aumento degli stipendi dei ministri. Questo è il governo di Giorgia Meloni». Un altro punto centrale affrontato dalla vicepresidente M5S riguarda la transizione ecologica e industriale. «La transizione è ineluttabile – ha ribadito –. La differenza la fa la politica: un governo serio deve governare il cambiamento, massimizzarne i benefici e ridurre i costi. Invece, oggi in Italia assistiamo a una gestione passiva, che scarica i costi sui lavoratori e lascia che altri Paesi raccolgano i vantaggi». Il riferimento è anche al tema dell’energia, più volte evocato da Stellantis e ACC come ostacolo alla realizzazione della Gigafactory in Italia. «Se il costo dell’energia è davvero il nodo – ha incalzato Appendino – allora il Governo intervenga con strumenti concreti. Perché non usare Cassa Depositi e Prestiti per entrare nel capitale e sostenere il progetto? Se l’automotive non è considerato strategico, cos’altro lo è?». L’attacco politico è stato diretto: «Il Governo non solo non si è accorto della crisi, ma ha fatto di peggio: ha tolto 300 milioni già stanziati per il settore, dando a Stellantis l’assist per tirarsi indietro». A ciò si aggiunge, secondo il M5S, il taglio di ulteriori 4 miliardi al fondo per l’automotive, una scelta giudicata incomprensibile e dannosa. Appendino ha respinto anche la narrazione, diffusa negli ambienti di centrodestra, secondo cui lo Stato avrebbe potuto intervenire già al tempo della fusione tra Fca e Psa: «È falso – ha spiegato –. All’epoca la normativa non prevedeva l’esercizio del Golden Power nel settore automotive né per operazioni intracomunitarie. Chi sostiene il contrario alimenta fake news per scaricare responsabilità, prendendo in giro le stesse famiglie che in campagna elettorale erano utili da strumentalizzare e oggi vengono dimenticate». Il Movimento 5 Stelle rivendica di essere l’unico a portare avanti questa battaglia su tutti i livelli istituzionali. «Dal Consiglio regionale al Parlamento, fino alle sedi europee – ha ricordato Appendino – abbiamo presentato mozioni e atti parlamentari per ottenere risposte concrete. Non ci arrendiamo di fronte all’inerzia del Governo e continueremo a chiedere chiarezza e tutele per i 2mila lavoratori e le loro famiglie». Un impegno che si traduce anche in richieste precise: dall’ingresso dello Stato nel capitale di ACC, a fondi per abbattere il costo dell’energia, fino a misure urgenti per integrare il reddito dei lavoratori penalizzati dai contratti di solidarietà. Il tono della parlamentare è stato netto anche nell’invito rivolto ai ministri competenti: «Io i cancelli delle fabbriche li giro in tutta Italia. Non ho mai visto Urso né Giorgia Meloni. Venissero qui, davanti a chi vive questa crisi, e ci dicano cosa intendono fare. Perché la politica con la P maiuscola non si fa nei palazzi, ma ascoltando le persone e assumendosi la responsabilità delle scelte». La vertenza Stellantis-Gigafactory è diventata ormai simbolo di un Molise che non vuole arrendersi alla marginalità industriale. La presenza di Appendino e della delegazione M5S a Termoli ha voluto rimarcare che il destino dello stabilimento non riguarda solo una piccola regione, ma l’intero Paese. «Qui sono in gioco non solo 2mila posti di lavoro, ma la tenuta di un intero territorio e di una filiera strategica per l’Italia – ha concluso Appendino –. Noi non ci rassegniamo all’idea che il progetto venga abbandonato. Continueremo questa battaglia, perché i lavoratori e le loro famiglie meritano rispetto e certezze». Dal consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Roberto Gravina, «Un grazie sincero ai lavoratori e ai sindacati dello stabilimento Stellantis di Termoli per il coraggio e la forza con cui hanno portato la loro testimonianza nell’incontro avuto davanti ai cancelli dello stabilimento Stellantis. Non è mai facile esporsi in prima persona, ma è da lì che passa la verità e la forza necessaria per affrontare una crisi complicata dal silenzio di chi dovrebbe dare risposte e non le dà. Un grazie speciale anche a Chiara Appendino che ha voluto essere presente qui a Termoli insieme a noi, confermando quanto questa battaglia non riguardi solo il Molise ma l’intero Paese. Insieme a Chiara abbiamo ascoltato la voce di chi ogni giorno vive in fabbrica la realtà di promesse continuamente disattese sulla Gigafactory e sul futuro dello stabilimento. Parole chiare e dirette: i lavoratori vivono ogni giorno in una condizione di incertezza che non è più sostenibile.
Per noi la Gigafactory resta l’opzione su cui concentrare tutti gli sforzi, perché significa tutelare oltre 1.800 posti di lavoro e difendere il futuro industriale del nostro territorio. In questa direzione si collocano anche le mozioni che abbiamo presentato in Consiglio regionale, in Parlamento e al Parlamento europeo: atti concreti e propositivi, sempre aperti al confronto per essere migliorati, purché finalizzati a un unico obiettivo, quello di garantire un futuro al Molise e al settore dell’automotive.
Abbiamo rilanciato due impegni fondamentali: chiedere che i vertici di Acc vengano finalmente ascoltati in Parlamento, visto che ad oggi nessuno sembra in grado di aprire un canale di dialogo con loro; e sostenere la proposta dei sindacati di spostare il tavolo delle trattative direttamente a Palazzo Chigi, perché è lì che si devono assumere responsabilità vere, non in un ministero che ha già dimostrato tutta la sua inadeguatezza.
L’incontro non è servito a mettere bandierine politiche, e chi c’era lo ha capito bene. È stato un momento per riportare al centro del dibattito nazionale un territorio che chiede risposte e che non può più assistere in silenzio allo sfumare di un progetto vitale.
Qui non contano i simboli di partito: conta che il Molise faccia sentire la propria voce ogni giorno. Conta salvaguardare lavoro, dignità e futuro».

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